In principio fu la Fart Gallery, galleria virtuale nata con l’obiettivo di proporre arte per tutte le tasche, rendendola accessibile a tutti, ma anche con l’intento di fare una sonora “pernacchia” (questo il significato della parola Fart in inglese) ad un sistema dell’arte che in Italia è sempre meno vicino ai giovani artisti. Poi venne la Van Der Gallery che ha riportato nel mondo “analogico” quello stesso intento, lottando per far emergere dalle nebbie italiche i nostri giovani artisti con tanto talento ma poco spazio per dimostrarlo. Per il terzo appuntamento con la rubrica Made in Italy, Collezione da Tiffany ha incontrato l’ideatore di questo interessante progetto espositivo indipendente: Stefano Riba, reduce dal Salone del Mobile milanese. Con lui abbiamo parlato di arte, di giovani artisti, di Italia e, naturalmente, dei programmi di Van Der…
Nicola Maggi: Come è andato il Salone del Mobile? Come eravate presenti?
Stefano Riba: «A Milano ero in doppia veste: presentavo una selezione di stampe di artisti con cui collaboro dai tempi di FART gallery e, allo stesso tempo, come parte del collettivo Print About Me, ho esposto tutti i lavori delle edizioni 2011 e 2012 del premio di grafica d’arte che organizziamo, le stampe realizzate durante i progetti di residenza Ménage à Trois e cinque i libri d’artista che abbiamo prodotto da giugno 2012 fino ad oggi. Il risultato è stato ottimo, i numeri dicono che nei sei giorni del Fuori Salone sono passate oltre 30mila persone. Oltre alla folla, la cosa bella è stata osservare la curiosità e l’attenzione di un pubblico sia specializzato che generico nel vedere una sezione di editoria autoprodotta in una rassegna completamente incentrata sul design».
N.M.: Van Der… da dove nasce l’idea di questo nome?
S.R.: «È nata facendo una piccola ricerca sui nomi delle gallerie in Italia. Moltissime portano il nome dei loro fondatori. A me piaceva l’idea che fosse un nome, ma non volevo fosse il mio. Così ho pensato al prefisso di molti cognomi olandesi o fiamminghi. Van Der è traducibile con la preposizione italiana “da”. Un’indicazione di provenienza non svelata per un’identità che si svelerà di volta in volta a seconda delle mostre, dei progetti, delle idee che lo spazio ospiterà».
N.M.: Un’identità liquida, dunque, un po’ come la scena contemporanea… com’è, vista da Torino, la situazione artistica del nostro Paese?
S.R.: «Mi sembra simile dappertutto. Quando sono fuori sento molto spesso parlare di Torino come della mecca della cultura contemporanea. Musica, arte, teatro, cinema: da fuori pare che tutto funzioni. Quando ci sei dentro la realtà è diversa. A livello generale credo che in Italia manchi una politica culturale che miri a stimolare la novità e i giovani. Dalle Accademie italiane gli studenti migliori scappano per andare a studiare all’estero; i giovani artisti italiani proposti dalle gallerie italiane vivono, fateci caso, quasi tutti fuori dall’Italia; le fondazioni bancarie hanno una politica di collezionismo che punta alla stabilità dello storicizzato piuttosto che investire nel nuovo o finanziano progetti che associano l’arte all’urbanistica e alla riqualifica sociale. La politica ha reso l’arte un bene di lusso e l’Iva dell’arte è uguale a quella della pasta. Questo per fare alcuni esempi, insomma, siamo messi male…»
N.M.: Nonostante un’identità in continuo divenire avete anche dei punti molto fermi. Penso alla vostra attenzione per la grafica che portate avanti dando casa al progetto Print About Me e con corsi di formazione che mettono in contatto diretto gli artisti con il pubblico…
S.R.: «Estetica e pratica vanno di pari passo. Si può “insegnare” l’attenzione al bello, ed è quello che proviamo a fare con le mostre, e anche insegnare tecnicamente come produrre qualcosa che appaghi il bisogno creativo di ognuno di noi. Questo è anche il motivo per cui i progetti di Ménage à Trois prevedono che un videomaker segua tutte le fasi creative della realizzazione di un lavoro. L’arte alla fine è un mestiere».
N.M.: Il tutto sempre con una grande attenzione per i giovani artisti…
S.R.: «Se non sono i giovani a darsi una mano tra loro…»
N.M.: La Van Der Gallery nasce dalle “ceneri” della Fart Gallery che era una galleria virtuale. Nell’era delle dematerializzazione del mercato una scelta controcorrente…
S.R.: «Più che le ceneri, Van Der è l’evoluzione di Fart. Per un anno e mezzo ho organizzato delle mostre itineranti di cui poi rimanevano le tracce virtuali. È impensabile, soprattutto all’inizio, vendere arte online come fosse un paio di Birkenstock che compri in rete per risparmiare qualche euro. L’arte è qualcosa di materiale, devi farla vedere, devi far conoscere con chi lavori. Solo allora puoi pensare che le persone si fidino di te e di ciò che proponi. Giusto in questi giorni abbiamo voluto “testare” questa fiducia. Con Print About Me abbiamo prodotto un libro con le illustrazioni di Piri Piri e le quartine di Lucho che presenteremo il 23 maggio in una mostra in galleria. Prima ancora di presentarlo, abbiamo aperto una prevendita per l’acquisto a scatola chiusa del libro. Beh, sta funzionando!»
N.M.: Come era nato il progetto Fart e quali suoi elementi continuano a crescere in Van Der?
S.R.: «Entrambe nascono dagli insegnamenti e dall’irrequietezza di anni di gavetta. Dalla volontà di fare qualcosa in autonomia. Dall’esigenza di creare uno spazio vivace, aperto alle collaborazioni, prima fra tutte quella con Print About Me. Dalla curiosità di cercare sempre cose nuove».
N.M. Il 16 aprile scorso si è chiusa la mostra di Sophie Lécuyer. Quali sono i vostri progetti futuri?
S.R.: «Il 10 maggio, all’interno del Cheap Festival di Bologna, presentiamo la collettiva “Sarafumi” una nostra selezione di artisti che “giocano” sul significato ambiguo del termine poster d’arte. Per il Salone del Libro Off di Torino il 16 maggio presentiamo i libri d’artista al Museo di Arti Applicate di Torino in una collettiva che si intitola Bookbuilders. Libri che saranno anche protagonisti, assieme ai lavori della mostra “La commedia di Arturo”, dell’allestimento che ci sarà in galleria fino al 21 maggio. Poi il 23 maggio inaugurerà “24 senza testa” di Piri Piri e Lucho. Giugno sarà mese di fiere, prima quella del libro d’arte di Basilea, poi il Crack a Roma. Poi ci sarà l’ultima mostra prima della chiusura di Agosto che sarà la prima personale di Ernesto di Franco. Comunque potete seguire tutto sul sito www.vandergallery.com e www.printaboutme.it»