Nella prima puntata di questo nostro “Viaggio nella mente del collezionista” mi sono permesso una conclusione che a qualcuno potrà esser sembrata un po’ azzardata: creare una proporzione matematica che mette sullo stesso piano lo sviluppo storico del collezionismo, dalle Wunderkammer ai Musei di Scienze Naturali, con quello umano, dall’età infantile a quella adulta. In realtà il paragone è meno stridente di quanto si possa pensare.
Da un certo punto di vista le Wunderkammer possono essere considerate, infatti, un primo prototipo di quello che sarà il museo ma senza quelle caratteristiche di metodo e sistemazione che caratterizzano questa istituzione. Le Camere delle Meraviglie erano, difatti, delle raccolte di oggetti, naturali ed artificiali, che destavano meraviglia in quanto eccezionali per forma, colore, dimensione o altro. Oggetti che venivano messi insieme, senza un ordine preciso, in una stanza arredata con scansie di legno dove potevano trovare posto dai barattoli di vetro contenenti parti del corpo umano, a zanne d’elefante, conchiglie ecc. Nei cassetti venivano messi gli oggetti più piccoli, sugli scaffali quelli più grandi e nelle vetrine quelli più preziosi. Una raccolta che nasceva molto spesso da una mera volontà di possesso: una Wunderkammer degna di essere mostrata ad altri era motivo di grande prestigio sociale.
Il Collezionismo Infantile è caratterizzato da elementi decisamente simili:
– Assenza di qualsiasi tendenza preferenziale: la scelta degli oggetti da raccogliere dipende dal contesto circostante, sia familiare che sociale;
– Tendenza al possesso: la raccolta si sviluppa in primo luogo secondo criteri quantitativi, solo in un secondo momento iniziano le collezioni tematiche in cui gli oggetti devono essere tutti diversi ma circoscrivibili ad una categoria precisa (tappi, bottoni ecc.)
Col crescere dell’individuo, che da bambino si fa ragazzo, le tecniche di raccolta si raffinano, il senso del possesso si definisce sempre meglio e si fa largo l’idea dello scambio, che lo collegano con l’esterno e con il concetto di valore – anche economico – dell’oggetto; cominciano a comparire i primi sistemi di conservazione e metodi di esposizione sempre più razionali. Un processo evolutivo del tutto simile a quello che possiamo riscontrare analizzando il fenomeno delle Wunderkammer lungo i secoli: dal Cinquecento, quando sono ancora riconducibili alle raccolte medievali di mirabilia, passando per la grandiosità barocca del Seicento fino a quelle del Settecento, legate all’amore per le curiosità scientifiche tipico dell’Illuminismo e che sfoceranno nella creazione di veri e propri musei nel momento in cui i proprietari inizieranno a catalogare e ad ordinare con metodo le grandi quantità di oggetti in esse contenute e si comincerà, lentamente, ad aprirle anche al pubblico.
Nel passaggio dal collezionismo adolescenziale a quello dell’età adulta succede qualcosa di simile: le collezioni, nate come private, si strutturano nel tempo fino a prendere le sembianze, molto spesso, di veri e propri musei – quando non lo diventano veramente – e, non di rado, vengono aperte al pubblico.
Ma se questo è lo sviluppo “metodologico” del collezionismo durante la vita, come si collegano tra di loro le varie fasi?
In primo luogo dobbiamo dire che il collezionismo infantile normalmente viene abbandonato. E’ invece quello adolescenziale, più consapevole, che spesso prosegue anche in età adulta ed è anche capace di influenzare alcune scelte. Paradigmatico è, ad esempio, il caso di Vittorio Emanuele III che, ricevuta in dono una moneta da ragazzo, darà vita, da adulto, ad una delle più importanti raccolte numismatiche del mondo. Spesso, inoltre, alcune passioni collezionistiche riaffiorano con la vecchiaia quando si deve trovare un modo per occupare il tempo ormai libero.
Il collezionismo dell’età adulta è un fenomeno estremamente articolato. Basta scorrere i calendari delle case d’asta per capire come l’elenco degli oggetti collezionabili sia praticamente infinito: dalle monete ai santini, dalle automobili agli accendini, passando per i francobolli o le bottiglie di vino. Si tratta, inoltre, di un fenomeno spesso ricondotto al singolo ma che, invece, ha una forte capacità aggregativa che può nascere in modo spontaneo ma anche essere indotta dalla case produttrici di determinati oggetti. Si pensi alle tante Associazioni di Collezionisti che esistono anche in Italia.
Il collezionismo, nella sua accezione più ampia, porta spesso, infatti, alla creazione di gruppi socio-culturali omogenei all’interno dei quali sono attive forme di scambio ma anche di socializzazione. Molti di questi gruppi sono caratterizzati anche da aspetti rituali: la presenza di una divisa, o di forme cerimoniali di presentazione all’esterno, come le sfilate di auto d’epoca o i raduni di Vespe. Quello della ritualità, peraltro, è un fenomeno che si può ritrovare anche nel collezionismo individuale e che, talvolta, può sfociare in vere e proprie manie.
Alcune forme di collezionismo, infine, non sono altro che la concretizzazione di un’intima necessità di dar vita ad una raccolta che sia specchio di se stessi, della nostra famiglia e del nostro gruppo sociale di appartenenza. Un collezionare se stessi che talvolta si realizza in un vero e proprio Tranfer.
Siamo così giunti alla fine del nostro “viaggio” che, lungi dall’aver esaurito un tema tanto vasto quanto ancora poco indagato, voleva solo dare un rapido inquadramento del fenomeno “Collezionismo” nella sua accezione più ampia. E’ questa, d’altronde, la cornice in cui si inserisce anche il Collezionismo d’Arte, una delle forme più alte e raffinate di questo fenomeno, che avremo modo di analizzare approfonditamente in tutti suoi aspetti già dal prossimo articolo.
© Riproduzione riservata