Reduce da una bellissima personale presso la Red Stamp Art Gallery di Amsterdam e già in partenza per l’Uruguay, Francesco Candeloro (n. 1974) concentra la sua ricerca e pratica artistica su luce e colore, spazio e tempo, forma e segno, proporzione, ritmo e movimento, occhio e sguardo sulle persone e sui luoghi, trasparenza, riflesso, stratificazione, molteplicità e compresenza di livelli. Lo abbiamo incontrato in una pausa tra i suoi tanti viaggi per farci raccontare il suo lavoro, alla continua ricerca visioni plurime e moltiplicate, per riuscire a restituire e manifestare l’essenza interiore e autentica del flusso continuo del reale.
Nicola Maggi: Guardando i tuoi lavori mi è venuta in mente una frase di Lacan: “L’inconscio è la luce che non lascia spazio all’ombra, né permette che si insinui il contorno”. Sembra fatta apposta per le tue opere…
Francesco Candeloro: «L’inconscio è un elemento fondante: c’è sempre una parte libera da riflessioni che si espande come una luce che definisce una via».
N.M.: Luce e visione, d’altronde, sono strettamente connesse con l’attività conoscitiva dell’uomo che ha ruolo centrale nel tuo lavoro. Ci dici qualcosa di più sulla tua ricerca artistica?
F.C.: «La luce naturale o artificiale è un’entità che interagisce col mio lavoro cambiandone l’intensità e la forza; a questo proposito mi viene in mente l’inaugurazione, circa tre lustri fa, di Riflessioni, personale alla Galleria Galica di Milano: stavo parlando alle persone arrivate all’inizio di come il mio lavoro si modifichi con il cambiare della fonte luminosa… neppure il tempo di dirlo che un grosso temporale causava un black out in tutta la zona. Un attimo dopo ero lì che illustravo la mostra rischiarando i lavori con una torcia: passare da un’illuminazione delle opere studiata ad hoc per creare le giuste proiezioni di ombre colorate a una frammentata è stata un’esperienza interessante. All’epoca i pezzi esposti erano ritratti monocromi stampati su grosse scatole in plexiglas trasparente contenenti al loro interno composizioni di “occhi” disposti su superfici monocolore: gli “occhi” a cui mi riferisco sono forme curvilinee nate già anni prima da disegni, ritratti istintivi fatti in autobus, che sono diventati in seguito anima del mio lavoro. In un primo momento si sono trasformati in grandi installazioni su pareti colorate, per ridursi poi sempre più di dimensione per entrare dentro cubi in plexiglas o essere ritagliati a decoupage nelle installazioni Libro (costituite da fogli di cartoncino colorato, acetati e interventi a pennarello) fino a mutare , nei lavori sulle città a partire dalla grande installazione Città delle Città al Museo Fortuny di Venezia, in figure altre, tagliate al laser e derivate da elementi dei luoghi stessi. Rispondendo in sintesi alla tua domanda: il colore e il segno attraverso la luce si ripropongono come filo conduttore della mia visione e del mio fare».
N.M.: Ad Amsterdam, nella tua personale alla Red Stamp Art Gallery, hai presentato un lavoro molto particolare, Sospensioni di Luce che, tra le altre cose, gioca sull’effetto ottico della “terza sfumatura”. Ce ne parli?
F.C.: «Sospensioni di Luce, pensata appositamente per la mostra Other Lights alla Red Stamp Art Gallery, è un opera della serie “dei doppi specchianti” dedicata alle città, in questo caso un ritratto di Amsterdam attraverso un frammento di un suo scorcio scelto tra più immagini fotografiche che avevo realizzato in un viaggio precedente. Il lavoro si articola nella moltiplicazione dello skyline , del suo positivo e negativo e nella loro sovrapposizione, sdoppiamento e rispecchiamento; su due degli strati opero poi con la sottrazione di una forma ricavata dall’ architettura del luogo. Visivamente parliamo di quattro elementi, lastre in plexiglas con sovrapposizioni di due colori diversi che creano una terza tinta: due superiori e altre due speculari sottostanti invertite nella cromia. A questi strati va ad aggiungersi il livello creato dal passaggio della radiazione luminosa attraverso la materia del plexiglas colorato che ne espande, proiettandola, l’immagine sulla parete, creando una sfumatura che muta a ogni cambio di luce: diretta o indiretta, artificiale o naturale, sempre diversa nel trascorrere temporale dalla mattina alla sera».
N.M.: Sospensioni di Luce, come altri tuoi lavori, hanno origine dalla tua “presenza nel mondo”. Penso alla serie Occhi o alle opere Libro. Ci racconti come nascono i tuoi progetti?
F.C.: «Ogni mio lavoro è una relazione con il vissuto delle persone e dei loro luoghi. Nella serie degli Occhi l’incontro con le persone è iniziato dai disegni dei volti veloci e spontanei, per poi passare alle fotografie scattate in treno, in locali pubblici e in giro per le città; nelle opere Libro si creano “linee della vita”, percorsi diversi che a volte si incrociano per un attimo e altre ti accompagnano per sempre, allo stesso tempo si sviluppa attraverso i segni un movimento continuo del corpo, a creare una sorta di alfabeto. Successivamente mi sono concentrato sulle città e i luoghi che l’umanità vive: questi lavori hanno avuto vari cambiamenti di forme fino alle installazioni che dialogano con lo spazio stesso delle architetture o con un paesaggio».
N.M.: Nei tuoi ultimi lavori mi sembra di cogliere una progressiva sintesi dei volumi, in favore di una maggior interazione tra luce, colore e spazio. Che direzione sta prendendo il tuo processo di creazione artistica?
F.C.: «La maggiore sintesi è sicuramente più forte nelle grandi installazioni ambientali, ad esempio quando interagisco con un’ architettura utilizzando come chiave semplici forme tratte dai luoghi stessi , come alla Neuer Kunstverein di Aschaffenburg o in Villa Pisani Bonetti o ancora a Milano nella mostra Segni di Luce alla Galleria A Arte Invernizzi. In questi casi vado a chiudere con due lastre di plexiglas sovrapposte e sfalsate una o più finestre: in esse rimuovo a taglio laser forme di edifici prese dalla città per farle diventare un segno di colore e luce che si espande durante il giorno all’interno dell’ambiente, come una sorta di meridiana che ne scandisce le ore modificando lo spazio attraverso la luce. Ma la notte l’intervento diventa visibile solo esternamente grazie all’illuminazione artificiale interna. Questo è uno degli aspetti che intendo portar avanti e altri ancora che il tempo definirà».
N.M.: Dopo Amsterdam dove potremo vedere il tuo lavoro?
F.C.: «Fino a qualche giorno fa un mio lavoro era esposto a Bologna al MAMbo, mentre altri sono visibili alla galleria Studio G7 fino all’ 8 aprile; a fine 2016 parteciperò ad una importante mostra in una prestigiosa fondazione in Uruguay».
[infobox maintitle=”PER I COLLEZIONISTI” subtitle=”Francesco Candeloro lavora con la Galleria A Arte Invernizzi di Milano, Galleria Studio G7 di Bologna e Red Stamp Art Gallery di Amsterdam. I prezzi delle sue opere vanno, a seconda delle dimensioni, dai 5.000 euro (per esempio alcune opere Libro e Occhi di
dimensioni più piccole) ai 25.000 euro per pezzi della serie dei doppi specchianti di grandi dimensioni; si raggiungono i 30.000 euro con una installazione al neon come Linee Sospese esposta a Museo Fortuny di Venezia per la mostra Proportio. I suoi lavori sono presenti in importanti collezioni private e pubbliche.” bg=”gray” color=”black” opacity=”off” space=”30″ link=”no link”]