Quando si parla di collezionismo, la prima domanda che ci si pone e quella di come conservare al meglio la propria collezione, mettendola al riparo dai segni che il tempo inevitabilmente lascerà su di essa, un processo spesso accelerato dalla specifica fragilità del supporto. Si pensi per esempio ad una prestigiosa collezione di banconote e ai numerosi spostamenti che deve affrontare. A volte si tende ad arrivare al limite della cautela, proteggendo così tanto la nostra cara collezione da blindarla in veri e propri bunker, con umidità e temperatura controllate in tempo reale. In questo modo ci si priva però della fruizione dell’Opera, che è in fin dei conti il principale valore aggiunto degli investimenti in arte e collezionismo.
Oggi, con la consapevolezza che ci proviene dai millenni che ci hanno preceduto, forse dovremmo pensare, più che a come collezionare, a come conservare, per permettere all’Opera, al pari di una specie animale o vegetale, di sopravvivere ai cambiamenti climatici e ambientali che inevitabilmente deve affrontare. Non serve correre ai ripari cercando rimedi miracolosi e comunque tardivi ma è sufficiente conservare al meglio l’ambiente e lo spazio in cui noi tutti viviamo.
Con la mostra Estinzioni. Storie di catastrofi e altre opportunità, inaugurata il 16 luglio al MUSE di Trento e aperta fino al 26 giugno 2017, si è finalmente portati a riflettere in modo costruttivo su questo aspetto della vita dell’arte. Il rischio è una vera e propria estinzione della nostra società, se non si mettono subito in atto delle contromisure non solo scientifiche ma innanzitutto civili. Ci racconta come con i nostri comportamenti, che mirano ad appagare momentaneamente i nostri bisogni meno primari, il desiderio di possesso, una eccessiva dieta alimentare, una ricerca di un arricchimento sempre più esclusivamente economico e non più culturale o interiore, una ricerca di ottenere potere, crediamo di poter imporre al pianeta la nostra volontà, anche in contrasto con il naturale corso delle cose.
A coronare il percorso museale di questa bella e significativa Mostra, una monumentale Opera del binomio Artistico “Quadrilumi”, Michele Giovanazzi e Cristina Scardovi, architetto lui, scenografa lei, che con la loro installazione dall’emblematico titolo “Generatore di estinzioni” ci offre una chiara interpretazione in chiave artistica delle dinamiche, dei vari fattori che concorrono al processo di estinzione. L’ opera è realizzata con l’uso di “reperti di cantina”, quindi si riconoscono elementi d’uso quotidiano quali imbuti, spazzole, guanti da lavoro, vecchie pulegge ecc. Un meccanismo, azionato dal visitatore, mette in moto tutto questo , titolato appunto “Generatore di estinzioni” che ci riporta al tema della Mostra.