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Sud Est asiatico, Asia orientale, Medio oriente e Stati Uniti: il futuro del mercato è qui

del

Cari lettori, siamo oggi in compagnia del Dr. Iain Robertson, il quale ci ha concesso un’intervista al fine di presentare il suo ultimo libro – New Art New Markets – ed analizzare gli sviluppi più recenti di un mercato ormai senza confini fisici o politici quanto piuttosto antropologici.

Iain Robertson è docente al Sotheby’s Institute of Art di Londra, fornisce servizi di consulenza privata per diverse banche ed istituzioni culturali tra Europa e continente asiatico, ed è autore di numerose pubblicazioni e libri inerenti al mercato dell’arte e alla relazione che intercorre tra quest’ultimo e le dinamiche macroeconomiche e geopolitiche che governano il pianeta.

Il libro New Art New Market, pubblicato nel 2018 dalla casa editrice londinese Lund Humphries, suddivide gli ecosistemi culturali che compongono il panorama artistico internazionale in macro-aree di carattere antropologico – East Asian Orthodoxy, China, Hindustan, Aryana, Hispania, South East Asian Authoritarianism – al fine di esaminare i mercati da esse generati, evidenziando la presenza di profonde analogie estetiche tra civiltà provenienti dalla stessa matrice storica.

New Art, New Markets, ultimo libro di Iain Robertson uscito nel 2018.

Il libro si apre con un’introduzione che rivela al lettore la correlazione esistente tra economia, politica ed arte, per poi evidenziare l’influenza esercitata dal continente asiatico – il cui astro più luminoso è rappresentato dalla Cina – all’interno del mercato globale dell’arte (conseguenza diretta dell’ascesa geopolitica dell’Oriente).

Successivamente, sette differenti mercati vengono esaminati attraverso il seguente ordine: panoramica storica ed antropologica volta a spiegare i canoni estetici – ed il simbolismo che da essi viene esplicitato – che caratterizzano la produzione artistica di una determinata civiltà/nazione; successivamente, l’autore fornisce al lettore un’attenta analisi della situazione politica ed economica che contraddistingue tale civiltà/nazione nell’epoca contemporanea e come essa incida sul mercato dell’arte – sia intra-nazionale che inter-nazionale; infine, il mercato dell’arte della civiltà/nazione presa in esame viene analizzato attraverso differenti prospettive al fine di comprendere le dinamiche che lo sostengono e il futuro prossimo a cui è destinato.

Andrea Sandri: Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a scrivere il libro ‘New Art New Markets’?

Iain Robertson: «La crisi finanziaria globale del 2008 ha sancito il progressivo ed inesorabile declino dell’influenza occidentale sui mercati internazionali, rivelando però la presenza di opportunità interessanti – sia dal punto di vista finanziario che artistico – al di fuori dall’influenza diretta di Europa ed America. Lo stesso anno cominciai a scrivere un libro – ‘A New Art from Emerging Markets’ – volto a ad investigare le dinamiche culturali ed economiche che caratterizzano i mercati extra-europei. Tuttavia, nell’arco di dieci anni il mondo è cambiato profondamente, i mercati che un tempo erano considerati emergenti sono diventati maturi ed ho sentito pertanto l’esigenza di scrivere un seguito al mio precedente libro».

A.S.: Quali sono gli elementi cardine attorno ai quali verte il libro?

I.R.: «L’elemento più importante è l’analisi delle civiltà e degli elementi antropologici che la caratterizzano. Ho cercato di suddividere il libro in macro-aree geografiche in cui il denominatore comune fosse di carattere culturale anziché politico: se si osserva l’India, ad esempio, è necessario prendere in considerazione anche l’Hindustan, il quale comprende Pakistan e Kazakistan. Lo stesso ragionamento vale per l’area geografica occupata un tempo dalla Persia, poiché tutte le regioni verso Levante – fino all’India stessa – hanno risentito dell’influenza culturale persiana. La storia antica è fondamentale per analizzare l’antropologia di un popolo e conseguentemente la produzione artistica che esso genera».

Iain Robertson | Faculty London | Sotheby’s Institute of Art

A.S.: Ogni capitolo analizza lecosistema culturale di un determinato paese o area geografica, ed è strutturato come segue: panoramica storica ed antropologica – analisi politica ed economica – dinamiche culturali e mercato dellarte. Quanto pensi sia importante la correlazione tra storia, politica e finanza al fine di comprendere il mercato dellarte?

I.R.: «Molti studiosi di settore hanno compreso che il potere economico è spesso più importante dell’azione politica al fine di creare un efficiente apparato culturale: se non hai risorse finanziarie adeguate rischi di compromettere la produzione artistica di un’intera nazione. L’influenza culturale di un determinato Paese è in larga parte dettata dalla sua potenza bellica: potere, denaro e benessere costituiscono elementi cardine nella creazione di valore culturale. Pensiamo di vivere in una società che fonda il proprio sviluppo sulla negoziazione, ma non è così. Se non hai risorse primarie – petrolio, giacimenti minerari, infrastrutture efficienti, etc. – non hai mercati, non hai culture, non hai civiltà. Questa è la mia tesi di fondo, ovvero che esiste una solida ed inesorabile correlazione tra progresso economico e crescita culturale».

A.S.: Quali consigli daresti ad un neofita del collezionismo e a chi invece è già affermato in questo specifico settore?

I.R.: «Le lacune che caratterizzano il mercato globale dell’arte contemporanea rappresentano le più remunerative, e al tempo stesso rischiose, opportunità di guadagno. Un mercato da osservare con grande attenzione è indubbiamente quello africano; nello specifico, il segmento che comprende la produzione di artisti afro-americani è in forte crescita, ma altrettanto rischioso. L’ascesa di artiste femminili costituisce un altro trend significativo del momento: l’attenzione mediatica che deriva da dinamiche sociali e di genere influisce positivamente sul prezzo delle opere, ma non sono sicuro rispetto alla durata di tale fenomeno.

Le dinamiche che caratterizzano il mercato contemporaneo rivelano sempre possibili opportunità economiche ma nascondono anche ‘bolle’ dettate da speculazione e superficiale creazione di valore: bisogna scegliere gli artisti giusti ma non vi sono garanzie di successo. La Cina, ad esempio, non credo rappresenti un terreno fertile per i collezionisti occidentali in questo momento: il forte protezionismo della Repubblica Popolare rende complicate le transazioni economiche ed i principali protagonisti del mercato cinese lavorano all’interno di un ecosistema autosufficiente e difficilmente penetrabile.

Una “panoramica” del mercato globale dell’arte. Fonte: Global Art Market Outlook 2018 (ArtTactic)

Bisogna osservare con attenzione i mercati in cui i prezzi sono bassi, come il Giappone ad esempio, il quale credo sostituirà la Cina durante i prossimi dieci anni: la produzione artistica di matrice giapponese è di alta qualità e supplisce al desiderio di oriente che anima molti collezionisti occidentali. Anche Thailandia e Vietnam stanno attraversando uno sviluppo economico che avrà ripercussioni significative sul mercato dell’arte asiatico. Se dovessi scegliere tre mercati del continente asiatico direi: Giappone, Thailandia e Vietnam.  Il mercato del Sud America è particolarmente criptico ed aleatorio: i grandi collezionisti, spesso legati al denaro generato dal narcotraffico, hanno investito ingenti risorse per assicurarsi opere di valore indiscutibile, siano esse di artisti sudamericani o occidentali.

Tuttavia, il prezzo di tali acquisti è quasi sempre maggiore rispetto all’effettivo valore dell’opera, elemento che produce una mistificazione del mercato. Tale fenomeno è dovuto ad una mancanza di fiducia, da parte dei collezionisti sudamericani, nella propria valuta ed ha come conseguenza finale la creazione di un microcosmo basato sulla speculazione. Questo fenomeno ha caratterizzato anche il mercato cinese negli anni ’90 e costituisce un vortice estremamente rischioso per qualsiasi collezionista».

A.S.: Quali sono le aree geografiche ed i mercati emergenti con il più alto potenziale di crescita?

I.R.: «Ci sono diversi elementi da considerare al fine di individuare i mercati con potenziale di crescita. L’estetica di una cultura è un fattore essenziale: basti pensare alle forme e ai canoni estetici che contraddistinguono paesi come Perù e Giappone, in cui vi è una storia ancestrale di artigianato che si lega al concetto di arte, l’idea di creare oggetti attraverso l’uso delle mani. Un altro fattore è sicuramente dettato dalla stabilità geopolitica di una determinata area geografica, specialmente se un collezionista decide di investire con prospettive di medio-lungo termine.

L’Armenia ad esempio è un mercato emergente con alto potenziale: sono pressoché sconosciuti al sistema dell’arte, ma possiedono tradizioni ancestrali, le opere hanno un prezzo estremamente accessibile e durante gli ultimi anni istituzioni pubbliche e private hanno deciso di investire nell’apparato culturale nazionale. Mosca è una città destinata a diventare un importante centro culturale del futuro: credo che nei prossimi anni ricoprirà il ruolo di motore primario del mercato caucasico. Vladivostok rappresenta un’altra città chiamata ad emergere sulla scena internazionale: enormi investimenti cinesi all’interno della città hanno indirettamente incrementato il mercato finanziario e culturale dell’area geografica circostante».

Una vista della seconda edizione della Armenia Art Fair.

A.S.: Come avviene la creazione di valore, sia finanziario che culturale, allinterno del mercato Orientale? Quali sono le differenze tra questo processo e quello che caratterizza lemisfero occidentale?

I.R.: «La creazione di valore culturale e successivamente finanziario all’interno dell’emisfero occidentale costituisce un tema trattato più volte: gallerie, musei e biennali rappresentano gradini fondamentali nella consacrazione, sia artistica che economica, di un’opera d’arte. Questo processo vale in parte anche per gli artisti asiatici, ed in particolare cinesi, la cui presenza all’interno delle grandi manifestazioni europee ed americane è sensibilmente aumentata nel corso delle ultime due decadi. Tuttavia, esiste in Cina – e più in generale in tutto il continente asiatico – un meccanismo interno per la creazione di valore: questo fenomeno si basa sull’influenza che i grandi collezionisti esercitano sulle case d’aste e sugli artisti.

La figura del dealer è pressoché inesistente, rimpiazzata dalle case d’aste che assurgono ad intermediari tra artista e compratore. Questo meccanismo genera dei microcosmi culturali all’interno delle principali città, inficiando gli sforzi delle istituzioni occidentali di penetrare il mercato cinese: molti distretti culturali a Beijing favoriscono l’apertura di attività locali a discapito di quelle straniere, le quali traslocano progressivamente verso Shanghai. Shanghai prenderà il posto di Beijing ed Hong Kong durante i prossimi anni come baluardo occidentale all’interno della Repubblica Popolare».

A.S.: Quali sono le tue previsioni sul mercato globale dell’arte nell’arco dei prossimi 5/10 anni?

I.R.: «Se si osserva il mercato globale dell’arte attraverso un’ottica di investimento o dalla prospettiva di un collezionista, esso è destinato a crescere poiché esiste un ristretto gruppo di individui estremamente ricchi che continuerà ad alimentarlo. Queste persone non hanno bisogno di vendere, non esiste speculazione a questi livelli ma la necessità di trovare asset alternativi, possibilmente tangibili e sicuri nel medio-lungo termine.

Nel futuro, il peso specifico esercitato dalla cultura come asset sarà sempre maggiore e se si osserva il numero di musei che stanno aprendo in Medio Oriente, Asia, Europa ed America allora si evince con facilità che vi sarà una sempre maggiore domanda di opere d’arte, la quale sarà però controllata da una sempre minore cerchia di persone. Credo che il prezzo medio delle opere d’arte di significativo valore culturale sarà destinato a crescere a discapito di un mercato intermedio che spesso ha il merito di avvicinare i neofiti al concetto di collezionismo».

L’andamento delle varie fasce di mercato nel 2018. Fonte: The Art Market Report 2019.

A.S.: Quali saranno le nazioni che domineranno tale mercato?

I.R.: «Sono molto pessimista rispetto all’Europa. Il mercato statunitense continuerà ad essere stabile e relativamente dominante, esercitando un’influenza significativa sul sistema globale dell’arte; la Cina è caratterizzata da una politica di protezionismo e nazionalizzazione che favorirà una crescita culturale ed economica dei mercati componenti il Sud Est asiatico; il Medio oriente rappresenta un altro mercato destinato a crescere se riuscirà ad ottenere stabilità geopolitica e molto verterà intorno al ruolo dell’Iran.

Se si elude il politically correct, direi che Siria, Iraq ed Iran rappresentano i terreni più fertili per grandi opportunità economiche: culture ancestrali e sofisticate il cui mercato è a livelli minimi e pertanto facile da penetrare. Se devo scegliere delle determinate aree geografiche o nazioni, direi: Sud Est asiatico, Asia orientale, Medio oriente e Stati Uniti d’America. Credo anche che Shanghai rimpiazzerà Hong Kong, formando un triumvirato insieme a New York e Londra – la quale è sostanzialmente fuori dall’Europa e può agire come città-stato indipendente. Al contrario di alcuni colleghi ed esperti di settore, non credo infatti che Parigi possa prendere il ruolo di Londra poiché vi è troppa burocrazia e regolamentazione».

A.S.: Quale sarà il rapporto tra mercato occidentale e mercato orientale nel futuro prossimo?

I.R.: «Bisogna sperare che sia amichevole e cordiale. Da un punto di vista storico, il Caucaso rappresenta l’area geografica dove Occidente ed Oriente entrano in contatto, e questo elemento potrebbe influire positivamente sui mercati che occupano quella zona geografica. Spero davvero che vi sia un rapporto basato sul mutuo rispetto, perché troppo ingenti sarebbe le perdite in caso contrario».

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