Donna “delle ‘imprese impossibili”, come si è definita qualche tempo fa in una bella intervista rilasciata a Matteo Bergamini, Adriana Polveroni è pronta ad una nuova sfida professionale.
Dopo aver contribuito a fare di ArtVerona uno degli appuntamenti fieristici più importanti del nostro Paese e, ormai qualche annetto fa, aver salvato dal baratro Exibart, la giornalista e curatrice romana (ma anche saggista e docente) si appresta, infatti, ad inaugurare alla prima fiera d’arte “tutta sua”. Si chiamerà Roma Arte In Nuvola e sarà allestita dal 14 al 17 maggio nella “Nuvola” del Centro Cogressi dell’EUR, progettato da Massimiliano Fuksas.
L’obiettivo? (im)possibile ovviamente: riportare Roma al centro del panorama artistico nazionale – come meriterebbe il suo ruolo di Capitale -, ma soprattutto creare un evento che sia un polo di riferimento per il collezionismo italiano del Centro e del Sud. Ma ecco cosa ci ha raccontato di questa sua nuova impresa.
Nicola Maggi: All’interno di un calendario fieristico ormai piuttosto congestionato, Milano, Verona e Torino si sono guadagnate un posto di primo piano. Come intendete porvi nei confronti di questi competitor importanti?
Adriana Polveroni: «E’ vero che in Italia ci sono tante fiere, ma è anche vero che spesso tendono a somigliarsi e questo è un serio limite delle stesse. Una fiera deve avere un suo carattere, che possibilmente sia in sintonia con il contesto dove si situa, che dialoghi con la storia del luogo e la qualità del suo ambiente. Roma è la capitale, una città bellissima, fuori dal comune, che non somiglia a nessun’altra, ma che ultimamente non onora questo suo straordinario carattere. Dunque, una fiera che si fa qui deve essere qualcosa di radicalmente diverso, mi piacerebbe dire di eccezionale, ma è ancora presto per dirlo. Abbiamo pensato di realizzare una sorta di grande esposizione, che sia mercato – altrimenti non faremmo neanche una fiera – ma anche offerta d’arte, moderna e contemporanea, di alto livello. Che veda insieme padri nobili, alcuni recentemente scomparsi accanto a giovani e giovanissimi artisti. Italiani e internazionali, che vengono dagli Stati Uniti e dall’Africa, passando per il medio Oriente e l’Europa. Una grande scossa, quindi, per spingere e augurare a Roma un futuro luminoso nelle arti contemporanee».
N.M.: Tranne qualche timido tentativo, sotto Bologna di fiere d’arte di un certo rilievo non ne abbiamo mai viste. Cosa ha impedito, secondo voi, la nascita di un evento di pregio non solo nella capitale ma anche, più in generale, nell’Italia del Centro-Sud?
A.P.: «Penso che la ragione risieda in un collezionismo meno attivo, ma non per questo poco interessato all’acquisizione, rispetto a quanto avviene nel nord Italia. Non tanto più schivo, ma poco avvezzo ad assumere una dimensione pubblica, in qualche modo scoperta, palese – cosa che fa pensare a un’assenza del mercato nella città – e anche propenso a comprare più altrove che in Italia. Questo, in realtà, è un vizio di tutto il collezionismo italiano, non aiutato dalla fiscalità e sollecitato da diverse buone fiere che si fanno all’estero. Poi c’è la specificità di Roma, città non facile, di non immediata comprensione, considerata, appunto, poco interessante dal punto di vista del mercato, ma dove in realtà agisce un collezionismo forte, sebbene più nascosto e dove i salotti e il denaro si intrecciano con la politica, e di cui è essenziale avere le giuste entrature».
N.M.: Com’è stata accolta dagli operatori e quali sono le vostre aspettative?
A.P.: «Non nascondo che all’inizio vi sia stato un certo scetticismo, specie nell’ambiente romano che è più pigro di altri, più incline a credere di meno anzitutto a se stesso e disabituato a investire nelle straordinarie capacità che una città come Roma può giocarsi a livello internazionale, già semplicemente lavorando in sinergia con le Accademie straniere che hanno sede in questa città, e non altrove, fenomeno unico nel mondo. La strada è stata lunga, sia pure percorsa in brevissimo tempo – impresa quasi impossibile montare una fiera del genere in meno di un anno e io personalmente sono entrata nella squadra all’inizio di dicembre – ma ora si vedono i risultati e spero che altri ne vengano ancora. Non voglio peccare di ottimismo, ma forse vi stupiremo con qualche effetto davvero speciale».