Prosegue la “rivoluzione” degli NFT che dopo aver conquistato il mercato dell’arte si vedono ora aprire le porte della prima collezione museale. E’ quanto successo in Ungheria, dove il Ludwig Museum – Museum of Contemporary Art di Budapest, da sempre molto attento all’archiviazione, alla raccolta, alla presentazione e alla conservazione delle nuove forme d’arte, ha acquisito un lavoro del network BarabásiLab: un gruppo di ricercatori e artisti guidati da Albert-László Barabási.
The Hungarian Institutional Network, questo il titolo dell’opera entrata nella collezione del Ludwig Museum, offre una prospettiva basata sui dati della scena artistica ungherese ed è stasta al centro della recente mostra BarabásiLab: Hidden Patterns. The Language of Network Thinking, che è stata anche oggetto di un manuale di recente pubblicazione, intitolato Élek mentén .
Il lavoro, che collega gli elementi istituzionali della rete artistica ungherese, mostra le connessioni sistemiche di tutti i musei, le sedi espositive e le gallerie del Paese che appaiono a livello di dati. Oltre alla rete di artisti e curatori, catturando così la rete, in gran parte invisibile, di fiducia e di influenza tra le istituzioni e mostra come il prestigio istituzionale di prestigio e le connessioni nascosce, determinino le opportunità di carriera degli artisti.
L’opera acquisita dal Ludwig Museum di Budapest è visibile sulla piattaforma superrare.com dove il museo ha anche la pagina dedicata alla sua neonata collezione di NFT. L’autore di questo lavoro, il network BarabasiLab, è uno dei i maggior influenti laboratori di network science e mette insieme scienziati, designer e artisti, uniti dal comune desiderio di capire le reti e la loro complessità. In 25 anni, BLab ha aperto la strada al linguaggio visivo delle reti e della DataArt come Art Network, NFT Universe o il premiato Nature150.