15.1 C
Pesaro

dal 2012 il primo blog dedicato al collezionismo d'arte.

La fragilità delle opere d’arte

del

Chi si affaccia per la prima volta al mondo della conservazione e del restauro, e in generale tutti noi, è spesso incline a pensare, quasi con timore, che le opere d’arte siano oggetti fragili: che sia rischioso movimentarle, problematico decidere dove esporle, complesso trasportarle e quasi impossibile pensare di salvaguardarle per sempre.

Ebbene, pensare alle opere d’arte come “esseri fragili” ci può aiutare a considerarle preziose e degne di maggiori attenzioni: la fragilità non deve essere percepita, infatti, come qualcosa di negativo, ma piuttosto come il presupposto per la reazione. Percepire la fragilità in un’opera d’arte ci può dare il vantaggio di renderci più recettivi e di comprendere tempestivamente i suoi bisogni, permettendoci di trovare gli strumenti adeguati per correre ai ripari in tempo.

Ma quali potrebbero essere le fragilità di un’opera? Da dove derivano i suoi “malanni”?

Esiste una classificazione delle cause alla base dei degradi delle opere d’arte che è comune per tutti i tipi di manufatti: dalle sculture ai dipinti, dai libri agli arredi, dagli arazzi ai vasi. Si possono infatti distinguere tipologie di degrado consapevole, cioè causate dall’uomo e di degrado naturale ossia provocate da fattori chimici, fisici o biologici.

I degradi di tipo antropico ovvero causati dall’uomo, possono essere per esempio una rottura di un oggetto o un deturpamento estetico di una superficie come atto di vandalismo. O ancora tutti quei fenomeni portati dal turismo sovraffollato e non controllato che determinano il degrado (si pensi all’asportazione di piccoli pezzi come souvenir da siti archeologici come Pompei o allo sfregamento costante delle sculture come gesto scaramantico) o le variazioni microclimatiche dell’ambiente di conservazione (determinate per esempio dalla presenza di grandi numeri di persone in una sala museale o all’interno di ambienti confinati come grotte rupestri che, aumentando l’umidità e la temperatura dei luoghi, possono causare la crescita di microorganismi dannosi come le alghe) o, ancora, i danni accidentali dovuti all’incuria (lacerazioni di dipinti per lo sfregamento con zainetti durante le visite nei musei o macchie su facciate storiche dovute ai cani portati a passeggio per le strade dei borghi).

I degradi naturali, invece, sono ad opera dell’ambiente che circonda le opere stesse e all’interazione con la materia che le compone. Le cause di deterioramento naturali possono essere fisiche, chimiche o biologiche.

Per cause fisiche si intendono quelle, per esempio, di natura termica oppure dovute alle radiazioni luminose (esposizione delle opere sensibili alla luce per tempi prolungati che ne comportano alterazioni cromatiche o effetti di gelo e disgelo con il passare delle stagioni che provocano rotture nei materiali) o ancora agli agenti atmosferici (come il vento che corrode le superfici). Le cause chimiche sono provocate, invece, da reazioni tra vari elementi e composti chimici con la materia dell’opera d’arte come per esempio il cloro presente in ambienti marini che favorisce la corrosione dei metalli. Le cause biologiche, infine, comprendono, per citarne alcune, lo svilupparsi di microrganismi sulle superfici e l’attacco di insetti (come il formarsi di muschi e licheni in ambienti esterni che intaccano le superfici o l’attacco di tarli o tarme su tessuti, arredi, sculture e tavole lignee che ne compromettono funzioni strutturali e integrità estetica).

Riconoscere la causa del degrado presente in un’opera ci può permettere di reagire alla sua fragilità delineando per esempio la gravità del danno, la sua durata nel tempo e pianificando rimedi e metodi di prevenzione per il futuro di quell’opera, oltre che per opere simili.

Pertanto, riconoscere la fragilità, oltre che bellezza, della propria collezione permette – senza averne timore – di poter avvicinare e comprendere la possibile causa di eventuali degradi delle opere che la compongono. Sebbene la sola conoscenza non sia in sé sufficiente a risolvere il problema stesso, è sicuramente il primo passo per affrontarlo: “conosci il tuo nemico e saprai come sconfiggerlo!”.

Sara Stoisa
Sara Stoisa
Sara Stoisa è un'Art Collection Manager specializzata nella gestione, archiviazione e conservazione delle collezioni d'arte. Laureata in Restauro dei Beni Culturali presso la Venaria Reale, si è specializzata nella creazione e curatela di archivi d'arte privati e archivi d'artista, oltre all'attività di restauro e consulenza in ambito conservativo delle opere.

Collezione da Tiffany è gratuito, senza contenuti a pagamento, senza nessuna pubblicità e sarà sempre così.

Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi approfondire ancora di più il mercato dell'arte puoi sostenerci abbonandoti al nostro servizio di rassegna stampa internazionale the artUpdate.

Abbonati ora!

Condividi
Tags

recenti

Una biennale antropologica per comprendere gli “Stranieri Ovunque”

Con questo editoriale ci limiteremo dunque ad alcune constatazioni e impressioni generali, e indicazioni chiave per orientarsi fra Esposizione principale, Padiglioni Nazionali e Collaterali da non Perdere.

Le opere d’arte tra diritti dell’autore e facoltà del proprietario

La Legge sulla protezione del diritto d’autore (legge 22 aprile 1941 n. 633 e succ. mod.; di seguito la “Legge Autore” o “LDA”) riserva...

Collezionismo responsabile: una condivisione di metodi

Cosa accade tra i faldoni e le scaffalature di un archivio d’artista? E quali processi possono concretamente diventare una risorsa e un modello per...

Articoli correlati

Iscriviti alla nostra newsletter e scarica gratuitamente la guida Arte, Fiscalità e Finanza!

Iscriviti subito alle news di Collezione da Tiffany e riceverai contenuti esclusivi dedicati al mercato dell'arte e al collezionismo.  

Completa il form e potrei scaricare subito gratuitamente la nuova guida Arte, Fiscalità e Finanza!

Sono un collezionista

Qual è il tuo ruolo nel mondo dell'arte?

Grazie la tua iscrizione è andata a buon fine!