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La scomparsa di Herb Vogel: addio al postino collezionista

del

Ad un mese dalla sua scomparsa, avvenuta il 22 luglio scorso, Collezione da Tiffany rende omaggio a Herbert Vogel, punto di riferimento per il collezionismo americano e per tutti coloro che credono nell’arte di oggi.

In un’epoca in cui l’arte contemporanea è spesso ridotta ad un record d’asta o ad un semplice lotto; in cui il mercato dell’arte apre alla finanza e sembra essere luogo di banchetto solo per avidi speculatori, la storia di Herbert Vogel è la poetica testimonianza che l’arte sa ripagare chi la ama veramente. Sì, perché Herb, come lo chiamano gli amici, non era il classico magnate della finanza americana, ma un semplice postino figlio di un immigrato russo di origine ebraica e nato ad Harlem il 16 agosto del 1922.

La camera dei coniugi Vogel con opere di Leo Valledor, Gary Stephan, Richard Tuttle, Robert Mangold, Alan Saret, Ron Gorchov, Joseph Kosuth, Vito Acconci, Joseph Beuys, e Peter Hutchinson, e altri, c. 1975. Fotografo sconosciuto

In “società” con la moglie Dorothy – bibliotecaria a Brooklyn – ha costituito una delle coppie più importanti del collezionismo internazionale raccogliendo, dagli anni Sessanta ad oggi, oltre 4000 opere d’arte e dando vita a quella che è tra le più importanti raccolte americane di arte contemporanea. Talmente importante da essere stata “corteggiata” a lungo dalla National Gallery of Art (NGA) di New York a cui, nel 1992, la coppia ha ceduto circa mille dei loro pezzi a cui, poco dopo, sono seguiti altri 275 lavori. Una generosità che gli è valsa un posto nel marmo dell’ingresso della NGA dove compaiono come benefattori del museo.

Una decisione che non deve essere stata semplice se pensate che in trenta anni di carriera collezionistica i coniugi Vogel non avevano mai venduto nessuna delle opere in loro possesso. Ma, alla fine, la politica ferrea del Museo che, per statuto, non cede le proprie opere e garantisce l’ingresso gratuito, deve aver avuto la meglio, assieme al fatto che New York era la loro città: la metropoli in cui avevano passato la loro luna di miele nel 1962 e il luogo dove avevano visitato le prime gallerie d’arte e si erano nutriti di minimalismo e arte concettuale trasformandosi, quasi per caso, da semplici acquirenti in collezionisti d’arte contemporanea.

Ma come hanno potuto un postino e una bibliotecaria mettere insieme una collezione così ampia e importante? Cresciuto ad Harlem, Herbert aveva iniziato a fare il postino alla metà degli anni Cinquanta per poi iscriversi, attorno al 1955, ad un corso di Storia dell’Arte presso l’Istituto di Belle Arti dell’Università di New York dove ebbe la fortuna di avere come insegnanti niente meno che Max Friedländer, Robert Goldwater e Erwin Panofsky. Come se non bastasse, prima del matrimonio Herb aveva iniziato a frequentare gli ambienti dell’espressionismo astratto e varie comunità di artisti, dedicandosi egli stesso alla pittura. Una passione, quella per l’arte – osservata e prodotta –, che condividerà, a partire dal 1960, con la futura moglie assieme alla quale, dopo il matrimonio, affitterà un piccolo studio al numero 41 di Union Square.

Qui, per tre anni, i coniugi Vogel passeranno il loro tempo libero a dipingere, alternando il cavalletto con le visite alle principali gallerie d’arte contemporanea, alla ricerca di nuove creazioni, fino a quando non si resero conto che il guardare le opere altrui gli procurava molto più piacere che crearle. Così, nel 1965, abbandonato lo studio, i Vogel iniziarono a comprare arte, prima solo per circondarsi di opere che gli piacevano, poi come veri e propri collezionisti con lei che pagava i conti e Herb che sceglieva.

Presto le opere iniziarono ad  entrare in loro possesso anche come regali degli stessi artisti con cui i due avevano stretto ottimi rapporti e che, talvolta, sostenevano economicamente comprando i loro lavori quando erano ancora sconosciuti. Ed è proprio questo uno dei segreti del loro successo come collezionisti: la frequentazione diretta del mondo dell’arte. I Vogel, infatti, non si sono mai stancati di ripetere quanto il parlare con gli artisti e il visitare i loro studi sia stato utile per la loro attività, non solo per conoscere meglio le opere ma anche per ampliare le proprie concezioni estetiche.

Herbert e Dorothy Vogel nel loro appartamento di New York
Herbert e Dorothy Vogel nel loro appartamento di New York

Una strategia che Dorothy ha raccontato a Ruth Fine della NGA in un’intervista rilasciata nel 1994 e che rappresenta la sintesi di come dovrebbe comportarsi un buon collezionista: «Normalmente noi andiamo negli studi solo se conosciamo già il lavoro degli artisti. Se lo abbiamo visto in un altro studio o in una galleria. Non andiamo mai perché qualcuno ci ha semplicemente detto: “Vai in quello studio e guarda…”. Così non funziona. Abbiamo già visto i lavori, ci piacciono e così andiamo a parlare con gli artisti che ce ne mostrano altri. Talvolta richiede molto tempo restringere il campo, fare una scelta e lavorare con loro: “Perché ti piace più questo?”, “Perché ti piace quest’altro?”, “Questo è molto più caratteristico”, “Oh, adoro questi colori”, “Oh, le proporzioni sono così fantastiche”. Sai, è un lavoro duro. Non basta andare in uno studio e dire: “Questo è quello che voglio, lo prendo!”. Richiede molto tempo e tutto comincia con la conoscenza del lavoro degli artisti per poi proseguire con il lavorare con loro e ascoltare quello che hanno da dirti. Certe volte ti dicono: “Beh, questo è il mio preferito”, ma talvolta non ti piace necessariamente quello che piace a loro. Le loro ragioni per preferire un’opera possono non aver nessuna relazione con il lavoro stesso. Possono avere a che fare con ciò che stavano pensando o con il luogo in cui l’hanno creato o cose del genere. Ma quanto si frequentano gli artisti succedono tante cose. Per esempio noi abbiamo avuto il nostro primo Joseph Kosuth, Art as Idea: Normal, da Dan Graham. Quando incontrammo Joseph lui ci disse che non avevamo il pezzo completo perché ci mancava lo strato di strappo da cui l’opera era nata. Così ce lo ha dato. Più tardi abbiamo comprato Art as Idea: Nothing direttamete da lui. Aveva un’intera gamma di “nothing” che corrispondeva alle differenti definizioni tratte da diversi dizionari.»

Iniziata nell’agosto del 1965 con l’acquisto della loro prima opera, una scultura dell’amico Sol LeWitt (alla sua prima vendita), già dopo cinque anni la collezione dei Vogel era  conosciuta in mezzo mondo con artisti e musei internazionali che chiedevano di visitarla. Dal 1975 le opere dei Vogel verranno così esposte in varie mostre pubbliche e nel 1980 voleranno per la prima volta in Europa. Dal 1990 Herb e Dorothy entrano nella TOP 200 del collezionismo internazionale.

Collezione da Tiffany non poteva non rendere omaggio a questo grande collezionista. Un esempio per tutti coloro che desiderano avventurarsi in questo mondo e che amano l’arte.

[youtube width=”717″ height=”477″]http://www.youtube.com/watch?v=NZsqd-OgKhE[/youtube]

Video: Collected Thoughts: Works from the Dorothy and Herbert Vogel Collection (Autore: Indianapolis Museum of Art)

 

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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