Novembre 1993. L’Unione Europea era nata da pochi giorni e Rudolph Giuliani aveva appena vinto la sua corsa alla guida della Grande Mela. Mentre i mortai croati abbattevano l’antico ponte in pietra di Mostar, a Torino, un gruppo di privati teneva a battesimo la prima edizione di quella che sarebbe diventata, due decenni dopo, una delle cinque fiere internazionali più influenti del mondo dell’arte contemporanea. Artissima compie vent’anni e nel giorno della preview per la stampa e i collezionisti, Collezione da Tiffany le rende omaggio intervistando una delle figure storiche della kermesse torinese: Harula Peirolo, responsabile del coordinamento generale e della comunicazione della fiera.
Nicola Maggi: Vent’anni fa iniziava l’avventura di Artissima. Che ricordo ha dei primi anni?
Harula Peirolo: «Ho raggiunto il team di Artissima nel 1996 alla terza edizione. L’avventura era già partita grazie al coraggio e all’intuizione di due imprenditori privati. Ricordo un grande entusiasmo, la voglia di crescere e di porsi sempre nuovi obiettivi. Certo, ricordo anche le difficoltà nel relazionarsi col panorama contemporaneo internazionale, quando qualche volta non occorreva solo spiegare cos’era Artissima ma anche dov’era Torino».
N.M.: Dopo le prime edizioni come cambia Artissima. Ci racconta qualche aneddoto legato al dietro le quinte della fiera nei suoi primi anni di vita?
H.P.: «Fin dagli inizi Artissima ha sempre cercato di affiancare alla mostra mercato, progetti e iniziative di carattere culturale per arricchire l’offerta della fiera e convogliare a Torino personaggi importanti. E nel corso degli anni sono venuti ad Artissima personaggi davvero straordinari del mondo dell’arte e non solo: da Mario Merz a Enzo Mari, da Lawrence Wiener a Bernardo Bertolucci o Giulio Paolini. L’organizzazione, certo, non era così strutturata e i mezzi a disposizione ancora modesti e nessuno si stupiva se gli ospiti venivano caricati sulla mia vecchia 500».
N.M.: Tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, però, la struttura sembra in affanno. L’edizione 2003 è zoppicante tanto da essere fortemente criticata dalla stampa. Cosa era successo?
H.P.: «Sinceramente non ricordo questa crisi del 2003. Anzi è stato l’anno del decennale di Artissima e ha coinciso con la collaborazione con un nuovo giovane studio grafico che ha contribuito a dare alla fiera un’immagine più nuova e in linea con il suo taglio molto contemporaneo. Forse era stata più complessa l’edizione del 2002 che aveva risentito dell’onda lunga della crisi americana dopo il 2001».
N.M.: Nel 2004 la svolta. Artissima, da fiera “privata” diventa “pubblica” e viene rilevata dalla Regione Piemonte, assieme alla Provincia e al Comune di Torino. Come nasceva questa decisione e come l’avete vissuta dall’interno?
H.P.: «Gli Enti Locali che avevano sostenuto nel corso degli anni i progetti culturali della fiera hanno individuato in Artissima un elemento importante di quel sistema del contemporaneo, grazie al quale Torino aveva acquisito un ruolo preminente in Italia e sempre più di rilievo a livello internazionale. Il passaggio, come tutti i passaggi, non è stato semplice, ma in questa prima fase la struttura operativa è rimasta la stessa, anche se gli Enti avevano affidato il coordinamento e la gestione di Artissima alla Fondazione Torino Musei».
N.M.: Arriva poi la direzione di Andrea Bellini e un primo tentativo di rilancio. Che aria tirava tra lo staff e gli organizzatori dell’edizione 2007?
H.P.: «L’arrivo di Andrea Bellini alla direzione della fiera – vale a dire una figura di curatore e non di manager in senso stretto – è stata certo una svolta significativa per Artissima, ma non solo. Ha innescato un cambiamento negli anni successivi anche nella gestione di altre fiere in Italia e all’estero. Artissima, che era nata come fiera d’arte moderna e contemporanea, già da alcuni anni aveva puntato solo sul contemporaneo: una scelta coraggiosa in Italia, ma vincente. Con Andrea Bellini il taglio contemporaneo è stato affinato attraverso un lavoro severo nella selezione delle gallerie e con uno sguardo decisamente internazionale. E il programma culturale si è arricchito di eventi e progetti in fiera e in città, durante Artissima e nel corso dell’anno, sconfinando dall’arte alla musica, al design, al teatro».
N.M.: Con il secondo decennio del nuovo secolo il testimone passa a Francesco Manacorda. Artissima cresce ed è consacrata da tutti. Cos’era diventata la fiera torinese sotto la guida dell’attuale direttore della Tate Liverpool?
H.P.: «Manacorda, raccogliendo il testimone da Bellini, ha dato al progetto di Artissima rigore e sperimentazione, ne ha consolidato l’identità e, quindi, la sua forza di attrazione nel panorama internazionale. E’ la capacità di visione, l’attitudine a sperimentare che ha portato Manacorda a creare, tra tanti altri progetti, la sezione Back to the Future che oggi è una delle più affermate e interessanti di Artissima: portare in mezzo ai lavori più attuali e nuovi del contemporaneo opere di grandi innovatori del linguaggio dell’arte degli anni ‘60 e ‘70».
N.M.: Il dopo Manacorda porta il nome di Sarah Cosulich Canarutto e inizia, nel 2012, un’avventura tutta in “rosa” che porta Artissima tra le 5 fiere internazionali d’arte contemporanea più influenti al mondo. Qual è stata, secondo lei, l’intuizione vincente che ha portato a questo risultato?
H.P.: «Vorrei dire che è stata, anzi è un’intuizione femminile: l’inclusione. Inclusione che non significa apertura indiscriminata, ma, al contrario, voglia di costruire insieme e condividere. Inclusione, ovvero l’idea di coinvolgere gallerie e collezionisti provenienti da aree geografiche nuove e da Paesi emergenti e la capacità di allargare la collaborazione sui diversi progetti della fiera a un gruppo sempre più numeroso di direttori e curatori museali affermati e giovanissimi. Inclusione, ovvero l’idea di condividere i fondi pubblici di cui gode la fiera, destinati alla programmazione culturale, con i musei e le fondazioni del contemporaneo, per arricchire l’offerta di mostre in città. Un progetto che è partito in via sperimentale nel 2012 e che quest’anno segna la nascita della prima edizione di One Torino, una grande rassegna annuale che propone cinque mostre collettive al Castello di Rivoli, alla GAM, alla Fondazione Merz, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e a Palazzo Cavour, con sette curatori internazionali e oltre cinquanta artisti».
N.M.: Artissima 20 in 140 caratteri…
H.P.: «Artissima 20. Una full immersion nel contemporaneo per scoprire nuove voci e visioni e condividere un’esperienza unica in una città unica».