Affascinante e a tratti ambiguo, quello d’arte è la forma più alta e sofisticata di collezionismo in cui ai valori intrinseci delle opere si mescolano quelli, meno nobili, del denaro.
Le fredde cronache del mercato dell’arte ci danno l’idea, molto spesso, di un mondo dell’arte contemporanea frequentato solo da avidi speculatori che usano l’arte alla stregua di azioni, con il solo scopo di incrementare il proprio patrimonio. Certamente, in questa visione non proprio idilliaca del collezionismo d’arte contemporanea, una parte di verità c’è. Ma se è vero che il collezionismo d’arte è praticamente sempre esistito, è anche vero che nei secoli l’arte è stata raccolta per tantissimi motivi: per propaganda, per prestigio, per investimento o per semplice piacere.
Una messe di ragioni che rendono quello d’arte una forma di collezionismo estremamente complessa anche dal punto di vista sociologico. Al di là di tutto, però, il principale motivo che guida i buoni collezionisti è la passione per l’arte, che li spinge a raccogliere opere anche oltre le loro disponibilità di spazio e di denaro, inseguendo il sogno di mettere insieme una raccolta degna di un museo.
A seconda della loro condotta, Francesco Poli suddivide in due categorie i collezionisti d’arte:
- Irrazionali: si tratta di collezionisti in cui l’attrazione per l’arte può raggiungere livelli patologici o di individui che, privi di preparazione e di conoscenza del mercato, pensano di poter fare buoni acquisti basandosi solo sul proprio “intuito”. Il loro sistema di riferimento è quello affettivo/passionale.
- Razionali: sono quei collezionisti che guardano alla propria attività come ad uno strumento per ottenere prestigio sociale, come ad una fonte di guadagno ma anche come un modo per far progredire la cultura e le arti. Tre caratteristiche distinte che possono trovarsi in varia percentuale nelle persone che rientrano in questa categoria. Pur non mancando, anche in questo caso, una componente emotiva, il loro sistema di riferimento è quello economico/razionale.
Questa suddivisione, che in parte abbiamo già ritrovano negli altri post dedicati al fenomeno del collezionismo, non ci deve meravigliare. Collezionare arte, infatti, è una delle poche attività che riesce a coinvolgere la gamma completa delle nostre emozioni e dei nostri impulsi – da quelli più elevati a quelli più materiali – e nell’approccio al collezionismo si riflette a pieno il nostro modo di essere. Non è un caso, d’altronde, se agli inizi degli anni Settanta Bruno Toscano descriveva così il fenomeno del collezionismo d’arte:
«Remote tendenze ritualistiche, curiosità, erudizione, devozione, prestigio e desiderio di innalzarsi, gusto della scoperta e della previsione dei valori, calcolo speculativo: tutti insieme o soltanto alcuni di questi moventi si associano tra loro e con l’interesse artistico, dando luogo ad una quantità di combinazioni e varianti cui corrisponde puntualmente l’eterogeneità del materiale umano, la ricca gamma delle psicologie e degli umori».
Come dire che essendo soprattutto cosa umana, nel collezionismo d’arte si possono ritrovare tutti gli aspetti più nobili e quelli più aberranti del nostro genere. Ma è anche per queste sue caratteristiche se, oggi, il collezionismo rappresenta il perno principale su cui ruota tutto il Sistema dell’Arte Contemporanea. Se da un lato, infatti, il collezionista è colui che per motivi più o meno alti acquista opere d’arte, facendone spesso lievitare il prezzo; dall’altra è ai collezionisti, nella loro veste più nobile di mecenati, che si devono molti dei più importanti sviluppi dell’arte di oggi.
Si pensi al ruolo che hanno avuto persone come Paul Durand Ruel o Peggy Guggenheim nell’evoluzione dei linguaggi artistici degli ultimi cento anni. Un’influenza che, peraltro, non è mai stata tanto forte come oggi e questo grazie al grande interesse che il pubblico sta rivolgendo, in maniera crescente, all’arte contemporanea. Diretta conseguenza di questo successo “popolare”: la continua espansione del mercato dell’arte e il proliferare, in tutto il mondo, di gallerie, fiere, biennali ed eventi legati a questo ambiente che una volta era considerato per pochi addetti.
L’ampliamento del mercato e dei suoi punti d’accesso, in primis le gallerie commerciali, offre non poche opportunità a chi si accinge a collezionare arte contemporanea. L’offerta è tale, infatti, da soddisfare praticamente qualunque tipo di domanda, anche quella che proviene da aspiranti collezionisti che non hanno grandi budget a disposizione. Questo, però, non vuol dire che collezionare arte sia oggi più facile che in passato. Il mercato dell’arte, infatti, rimane un ambiente sostanzialmente privo di regole e dove, come abbiamo visto parlando con Angela Vettese, il valore economico delle opere non sempre corrisponde ad un ugual valore storico-artistico ma si crea lungo un percorso di riconoscimento talvolta poco limpido.
Per riuscire ad aggirarsi nei meandri di questo mondo limitando i danni, sono quindi due i requisiti fondamentali: preparazione culturale e sensibilità estetica. Due “armi” che permettono di riconoscere i valori veri e di sfuggire, così, dalle tentazioni della moda. E in questo, per dirla con il collezionista, ed ex rappresentante di macchine tessili , Anton Herbert, avere un budget ridotto può essere un vantaggio: «Non è un bene per un collezionista essere ricco: poiché può comprare quello che vuole, rischia di fare un acquisto sbagliato. La sfida è ottenere grandi risultati spendendo poco».
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