Una storia dell’arte in 121 tappe e 121 storie d’arte che si intrecciano in un catalogo. Per la prima tornata del 25 maggio della sua asta di arte moderna e contemporanea (25-26/05) , la casa d’aste Il Ponte è riuscita a mettere insieme una delle selezioni più squisite di questa primavera, dove, tra tante opere eccellenti, si riscopre anche il lavoro di Carla Prina di cui quest’anno ricorre, peraltro, il 110° anniversario della nascita.
La trovate al lotto 106 con un suo dipinto del 1972. Era nata nel 1911 e, come artista, si era formata all’accademia di Brera per poi unirsi, nella sua Como, al gruppo degli astrattisti guidato da Mario Radice e Manlio Rho. Con loro, suoi grandi amici e sostenitori, esporrà alla IV Quadriennale di Roma nella Sala Futurista.
Come spesso è successo alle artiste del passato, il suo nome è stato lentamente spinto in un ingiusto cono d’ombra. Eppure, al di là dell’apprezzamento ricevuto da tanti colleghi e collezionisti, in vita ha contribuito, tra le altre cose, alla realizzazione di imprese ambiziose come la fondazione della Escuela de Altamira in Spagna, realizzata assieme al marito, l’architetto Alberto Sartoris, e dove ha lavora al fianco di Juan Mirò.
Il Ponte, va detto, non è nuovo a queste riscoperte – ricordo quella di Carla Badiali, sempre legata allo stesso ambiente – e per questo mi piace aprire la lettura catalogo di oggi mettendola subito in evidenza.
Ma i cataloghi, come i libri, si leggono dalla prima pagina e, così, ecco che questa prima tornata, in programma dalle ore 15.30, viene aperta da un superbo esempio di quel simbolismo “ieratico e austero”, come lo definì Vittorio Pica, che caratterizza l’opera grafica di Adolfo Wildt, qui rappresentata dalla china (e oro) La fede dell’infanzia (lotto 1, stima: 12-15.000 euro), proveniente dalla collezione De Carli e variazione su pergamena di un disegno del 1916 appartenuto in passato a Margherita Sarfatti.
Dal simbolismo al movimento futurista, a cui appartiene Senza titolo (Eccentrico – Idolo Meccanico) (lotto 3, stima: 12-15.000 euro), tempera su cartone del 1925 ad opere di Fillia, esponente di quel Futurismo torinese nato nel 1923 e in quell’anno da poco allineatosi alle posizioni marinettiane.
Il tema del dipinto è centrale della produzione dell’artista che proprio in quello stesso 1925 pubblica, sulle colonne de L’Impero, un articolo dal titolo, appunto, “L’Idolo Meccanico”, dove dichiara la necessità di un’«Arte Sacra Meccanica» in cui l’Idolo Meccanico rappresenta “l’emotività di questa religione”.
Peraltro, come composizione e palette, questo piccolo cartone richiama alla mente Il Paesaggio Meccanico che lo stesso Fillia realizza nel 1926-27 ed oggi parte della collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Appartiene agli stessi anni, anche se espressione di una temperie artistica differente, anche il bellissimo Ritratto che Massimo Campigli realizza nel 1928 e qui proposto al lotto 5 con una valutazione di 15-20.000 euro.
Un anno fondamentale il 1928 nella produzione di Campigli che viene profondamente segnata dalla sua visita al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma che avrà un ruolo chiave nello sviluppo della sua produzione più matura.
«Nei miei quadri – ricorderà lo stesso Campigli – entrò una pagana felicità tanto nello spirito dei soggetti che nello spirito del lavoro che si fece più libero e lirico». E proprio a questo “connubio” è dedicata, peraltro, una bellissima mostra in corso nelle sale di Palazzo Franchetti a Venezia.
Tra le opere più significative selezionate dal Ponte per il suo catalogo primaverile, troviamo poi lo stupendo Concerto (Pianoforte, voce e violino) opera del 1948 di Felice Casorati (lotto 6, stima: 25-35.000).
Si tratta di una delle opere provenienti dalla collezione di Cesare e Gina Romiti e di cui fanno parte anche: Osteria romana – una grande tela di Mario Mafai del 1949 (lotto 8, stima: 25 – 35.000 euro) dalla ricca storia espositiva e presentata alla 25esima Biennale di Venezia del 1950; una gouache su carta di Alexander Calder del 1971 (lotto 98, stima: € 50 – 60.000 euro), ma soprattutto La città che avanza di Giacomo Balla (lotto 14, stima: 22-28.000 euro).
Dipinto che, come scrivono Valerio Rivosecchi e Antonello Trombadori, ci consegna una «veduta del lungotevere Flaminio, con il cantiere del lungotevere della Vittoria in primo piano e sullo sfondo Villa Balestra, fa ripensare ai suoi esordi, ai cantieri della giornata dell’operaio e ai quadri del suo allievo Boccioni. La cornice fatta apposta per sottolineare con il rilievo di finti ferri e bulloni la tematica del quadro, ci riporta al suo straordinario artigianato futurista».
Delicatissimo, poi, Il balcone, tavola del 1934 di Mario Tozzi (lotto 9). Valutata 15-25.000 euro quest’opera appartiene all’apice della carriera del pittore marchigiano la cui produzione entra, proprio a metà degli anni Trenta, nella sua fase matura, caratterizzata da una tecnica sempre più raffinata, così come dall’uso, particolarissimo, della prospettiva e della composizione.
Tra carte e tele i nomi di Alberto Savinio, Egon Schiele, Alberto Burri, Mario Sironi, Carlo Carrà, Filippo De Pisis o Giorgio De Chirico, impreziosiscono un catalogo in cui ogni lotto meriterebbe un’attenzione specifica, tanto è ricco di storia e storie.
È il caso della bellissima Donna allo Specchio (1948) di Lucio Fontana (lotto 17, stima: 15-25.000 euro) che, una volta di più, riporta la nostra attenzione sul forte legame dell’artista italo-argentino con la scultura, alla quale si dedicherà per tutta la carriera, dalle prime sperimentazioni del 1936 all’ultima ricerca spazialista, fino agli interventi ambientali. Tanto da renderlo scultore anche quando si trova di fronte alla tela.
Da Fontana a Giorgio Morandi, del quale vengono proposte tre Nature Morte (lotti 21-23) – una ad acquerello (1947) e due a matita (1945 e 1946) – provenienti dalla Collezione torinese di Guido Sinigaglia.
Mentre proviene da una collezione newyorkese la grande tela di Renato Guttuso, Coltivazione del limone nel napoletano del 1956. Lotto che rafforza la presenza sul mercato dell’artista siciliano che, dopo anni di difficoltà, nel 2020 ha dato interessanti segni di ripresa, con un’evoluzione dei suoi prezzi che ha registrato un +10.4%.
Seguono un paio di opere storiche di Ennio Morlotti, tra le quali la masonite Paesaggio di Brianza (1958) che vanta un bel curriculum espositivo internazionale (lotto 34, stima: 15-25.000 euro). E poi lavori di Asger Jorn, Hans Hartung, Antoni Tapies, fino ad arrivare alla preziosa Combustione su carta del 1964 di Alberto Burri (lotto 46, stima: 35-50.000 euro) e alla tela Munkar e Nakir (1963) di Gastone Novelli al lotto 47.
Valutata 35-50.000 euro, quest’opera ci trasporta negli anni in cui, nella produzione di Novelli, pittura e scrittura si stringono in un legame indissolubile e l’impianto compositivo delle sue opere si fa racconto, come ha scritto Marco Rinaldi , «attraverso una concatenazione di forme e segni colorati che nel loro continuo mutare danno luogo a un flusso narrativo», che raccoglie frammenti di universi eterogenei come i riferimenti alla storia e alla religione islamica presenti nel titolo dell’opera in asta dal Ponte.
Poco dopo abbiamo Deep Blue (1961), olio su carta applicata su tela di Jean Fautier (lotto 49, stima: 35-50.000 euro), mentre al lotto 51 troviamo, dello stesso anno, Triumph of Galatea di Cy Twombly (lotto 51, stima: 60-80.000 euro). Un omaggio diretto all’affresco della ninfa Galatea di Raffaello nella Villa Farnesina a Roma a cui l’artista, peraltro, dedica vari lavori e studi proprio nel 1961.
Tra le opere da segnalare non mancano poi una tempera di Mark Tobey del 1966 (lotto 52, stima: 30-40.000) e una gouache su carta intelata del 1956 di Sam Francis, capolavoro dell’artista tale da meritare il manifesto della storica mostra del 1971 “Il cavaliere azzurro: Der Blaue Reiter” alla GAM di Torino (lotto 53, stima: 150 – 200.000 euro).
Si prosegue, così, con Roberto Crippa, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass, Tancredi; carte di Joan Mirò – suo il Personnages (1979) al lotto 62 (stima: 50-60.000 euro) – Pablo Picasso e George Braque che arricchiscono la proposta del Ponte legata a questo particolare medium che sta riscuotendo un sempre maggior successo tra i collezionisti.
Arriviamo, così, al lotto 71 dove abbiamo una delle celebri linee di Piero Manzoni: Linea lunga metri 5.70” del 1959. Si tratta di uno dei top lot dell’asta del Ponte, in catalogo con una stima di 60-80.000 euro. Ed è proprio con Manzoni che l’asta della casa di Via del Pontaccio si scalda.
Dopo la Linea arrivano due Achrome: uno del 1960 (lotto 72, stima: 80-100.000 euro) e l’altro del 1961 (lotto 73, stima: 50-70.000 euro). Seguiti, al lotto 78, dal lavoro Zeusi e Parrasio (2007) di Giulio Paolini (stima: 120-150.000 euro), nel quale va in scena quel dialogo tra verità e finzione tanto caro alla poetica dell’artista genovese.
Da Paolini a Irma Blank, in catalogo con alcuni rari lavori storici come Trascrizione, Poesie fur Jedermann del 1975 (lotto 79, stima: 15-25.000 euro). E ancora, dei riporti fotografici di Michelangelo Pistoletto, un dipinto di Pino Pascali, fino al prezioso Orologio del 1964 di Mario Ceroli, proveniente dalla collezione Romiti (lotto 83, stima: 8-12.000 euro) e che tanta influenza ebbe sulla scena pop italiana.
Pop italiana a cui dà voce anche Mario Schifano, presente con varie opere tra le quali il grande olio Al mare approssimativamente del 1979 (lotto 93, stima: 20- 30.000 euro) esposto alla mostra “Mario Schifano, 1970-1980. Laboratorio umano e pittura” curata da Achille Bonito Oliva.
Dall’Italia agli Stati Uniti con Andy Warhol, presente con un particolarissimo acrilico su tela proveniente dalla serie dei dipinti di Rorschach degli anni anni Ottanta (lotto 97, stima: 80-100.000 euro). Una curiosità su questa serie: mentre il test vero e proprio fornisce dieci macchie standardizzate per un paziente da decifrare, Warhol ne ha inventate di proprie, ottenute dipingendo un lato di una tela e poi piegandolo verticalmente per imprimere l’altra metà.
Ironia della sorte, Warhol originariamente interpretò male il processo clinico, credendo che i pazienti avessero creato le macchie d’inchiostro e che i medici le interpretassero. «Pensavo – racconterà in seguito l’artista di Pittsburgh – che quando andavi in posti come gli ospedali, ti dicessero di disegnare e fare i test di Rorschach. Vorrei aver saputo che c’era un set». A causa di questo malinteso, la serie Rorschach di Warhol è una delle poche in cui l’artista non fa affidamento su immagini preesistenti.
Nel rush finale, questo catalogo eccezionale ci fa incontrare, ancora, Alighiero Boetti con il particolarissimo libro Classifying the thousand longest rivers in the world del 1977: 1016 pagine stampate e con copertina ricamata con ancora la custodia originale (lotto 100, stima: 20-30.000 euro). E sempre di Boetti è anche il prezioso portfolio del 1975-76, Insicuro Noncurante, contenente 81 tavole dell’artista e proposto al lotto 101 con una stima di 40-60.000 euro.
Infine, ecco uno stupendo e luminoso reticolato di Piero Dorazio del 1963, Equidistanza (lotto 102, stima: 70-90.000 euro), seguito dall’elegante lavoro di François Morellet Trame de grillage -22°5 + 22°5 del 1975 (30-50.000 euro) e Dallo spazio totale di Mario Nigro del 1954 (25-35.000 euro).
NOTA PER IL LETTORE: La seconda tornata dell’asta, dal lotto 122 al lotto 327, sarà battuta il 26 maggio a partire dalle 15.30.