Mi è capitato di esaminare attraverso analisi ottiche non distruttive dipinti ridotti malissimo, ma di grande valore monetario che presentavano vecchi e invadenti interventi di restauro, vernici ingiallite, cadute di colore e tutti quei vizi che li rendevano poco leggibili. In questi casi, molto meno rari di quanto uno si aspetterebbe, nella mia relazione tecnica sotto la voce “Stato di conservazione e raccomandazioni”, ho sempre riportato la frase “il dipinto necessita di restauro conservativo”.
Questa locuzione non è un orpello alla relazione tecnica, è una raccomandazione e significa che l’opera va restaurata, forse perché analizzandola ho incontrato problemi di tipo strutturale che tenderanno nel tempo a peggiorare e a compromettere la tenuta della pellicola pittorica originale, o forse perché l’opera, nata per essere letta nella sua piena luminosità, con i colori e le pennellate originali, al momento delle analisi si presentava sporca e ingiallita, e quindi con le cromie totalmente falsate. Lo affermo forte dei miei quasi 30 anni di esperienza di restauro sulle opere pittoriche e lo affermo perché i mezzi tecnici che utilizzo convalidano quanto la mia esperienza mi suggerisce.
In che momento restaurare un quadro
Nella maggior parte dei casi le opere che analizzo vengono proposte per essere periziate ed immesse sul mercato. La fase delle analisi ottiche non distruttive è quella (almeno nel nostro gruppo di lavoro) che precede la fase della perizia storico artistica vera e propria e quella della perizia di valore. Nel caso in cui io incontri uno stato di conservazione pessimo e una bassa leggibilità dell’opera, comunico il fatto anche verbalmente ai colleghi storici e alla proprietà, questo perché è auspicabile che il team che si occupa della ricerca storico-artistica abbia sotto gli occhi un’opera al massimo della sua leggibilità per poter disporre appieno delle cromie (libere da ingiallimenti e vecchi restauri invadenti) e per poter analizzare i modi in cui l’artista ha dipinto la sua opera.
Quindi in questi casi, il gruppo di lavoro raccomanda che il restauro avvenga tra la fase delle analisi ottiche non distruttive e la fase di perizia storico artistica. È inoltre auspicabile che il tecnico che si occupa come me delle analisi, ripeta alcune di esse nella fase del restauro in cui il dipinto si trova pulito, ma prima della verniciatura protettiva finale e dell’eventuale opera di reintegrazione pittorica; questo per permettere una lettura (specialmente in microscopia e in ultravioletto, oltre che in fotografia a luce solare) di particolari che poi saranno molto difficilmente analizzabili, e per rendersi conto se il dipinto è stato pulito in modo corretto o se presenta ancora strati pittorici e non, alieni a quelli originali.
La vendita sporca e la vendita pulita
Questo è quello che andrebbe fatto; non è raro però trovare proprietari che, il più delle volte per motivi finanziari o forse per reconditi attaccamenti all’aspetto del dipinto così come lo hanno sempre visto, si rifiutano categoricamente di far restaurare il loro dipinto generalmente con la frase “chi se lo compra poi farà ciò che vuole“.
Questa è una posizione non solo illogica ma autolesionistica: primo, non concede al gruppo di lavoro di redigere una perizia nel pieno della leggibilità dell’opera, dando spazio a molti dubbi che alla fine renderanno le risultanze della perizia stessa poco solide; secondo, chi perizia l’opera dovrà inserire nel testo che essa non è completamente leggibile; terzo, la casa d’aste o l’intermediario avranno la tendenza ad abbassare il valore effettivo dell’opera non sapendo per certo cosa di originale è sopravvissuto, sotto i restauri succedutisi nel tempo; quarto, il compratore, se persona intelligente, farà sì ciò che vuole e farà restaurare l’opera facendole acquisire massima leggibilità e quindi un valore di mercato più elevato; quinto, il restauro avrà sempre un costo minore dell’acquisizione di valore di mercato da esso originato.
Cosa deve generare un restauro conservativo?
Cercherò di illustrare, attenendomi ai casi più comuni e senza redigere un manuale di restauro, ciò che un restauro conservativo dovrebbe portare come risultato e le operazioni da effettuare, se possibili, che fanno aumentare il valore dell’opera prima della sua immissione sul mercato. Innanzitutto guardiamo alla struttura, cioè se il dipinto è foderato (vale a dire incollato su una tela secondaria che un restauratore ha usato quale nuovo supporto alla tela originale). Dalle analisi ottiche non distruttive dovrebbe essere emerso se la foderatura era veramente necessaria (tagli importanti nella tela o grandi porzioni di tela originale andati perduti) o se questa è stata applicata in modo routinario, senza una vera necessità.
Nel primo caso è bene mantenere la foderatura come si trova, nel secondo invece la foderatura andrebbe rimossa per mostrare la tela originale su cui è stato eseguito il dipinto ed eventuali tracce di firme o scritte presenti sul verso del dipinto e celate dalla tela di foderatura. È un’operazione questa non strettamente necessaria, ma dal mio punto di vista, auspicabile. Secondo, va controllato il telaio: se dovesse sembrare quello originale bisognerà fare di tutto per mantenerlo anche se non estensibile, cioè fisso (questa è una operazione poco sensata nella logica della conservazione del dipinto ma molto utile all’ottimizzazione della sua vendita). Nel caso in cui il telaio ligneo dovesse essere non originale e non estensibile, questo andrà sostituito con un telaio ligneo estensibile da restauro, realizzato da un falegname specializzato nella costruzione di questo tipo di oggetti.
Dopo queste operazioni strutturali passeremo ad analizzare la pellicola pittorica dell’opera. Se questa risulterà poco leggibile a causa dell’ingiallimento della vernice originale o per la presenza di grandi ritocchi sbordanti al di sopra della pellicola originale o a causa di entrambe le cose, il restauratore, specializzato e con molti anni di esperienza, dovrà operare una pulitura del dipinto fino al livello dei suoi strati originali, rimuovendo nel caso fosse presente ed ingiallita, oltre ai vecchi ritocchi, anche la verniciatura finale originale (non permettendo questa la lettura corretta dell’opera e non essendo un elemento artistico ma tecnico, che funge da protettivo finale). Terminata l’operazione di pulitura, si procederà con una nuova verniciatura finale (con protettivo per i raggi UV ormai comune componente delle vernici finali più diffuse), la reintegrazione delle cadute di imprimitura e la reintegrazione pittorica, facendo caso che i ritocchi non vadano mai e poi mai a coprire parti originali del dipinto. Il dipinto avrà in questo modo acquisito luce, luminosità e piena leggibilità.
Quanto costa un restauro?
La nota dolente. Il costo del restauro dipende da molti fattori (dimensioni dell’opera, tecnica pittorica, operazioni da svolgere…), ma primo fra questi, il valore dell’opera da restaurare; questo non per far guadagnare il restauratore più di quel che si merita, ma per essere pragmaticamente sicuri che egli dedichi tutto il tempo necessario alle operazioni di cui sopra, spesso assai difficili e dai tempi molto lunghi. Dobbiamo essere sicuri che egli non vada di fretta, rassicurato da un compenso che gli faccia intendere che l’opera necessita oltre che di perizia, di dedizione e particolare meticolosità. Che non molli l’opera a qualche apprendista di bottega, ma che del restauro si faccia carico lui stesso. Inoltre, il restauro deve essere eseguito in un laboratorio certificato dal punto di vista della sicurezza e coperto da una polizza assicurativa (possibilmente accesa sull’opera da restaurare).
Si deve pretendere un serio e completo corredo fotografico del prima, del durante e del dopo il restauro. Inoltre il restauratore dovrà intendere, parlando con la commissione che ha operato o che sta operando la perizia, ed in particolare con il tecnico che si è occupato delle analisi ottiche non distruttive, quali sono i punti chiave su cui prestare particolare attenzione e possibilmente incontrando ancora la commissione durante il restauro, specialmente alla fine delle fasi “del togliere”, cioè prima della verniciatura finale, delle stuccature e dei ritocchi (come dicevo sopra, anche per permettere al tecnico di operare alcune analisi a dipinto pulito). Il restauratore non deve mai essere autoreferenziale, ma confrontarsi con i periti e la proprietà, per essere sicuro di stare facendo ciò che è necessario al fine dell’ottimizzazione della vendita dell’opera. La proprietà, dal canto suo, dovrà farsi carico di un minimo di controllo sull’operato del restauratore da cui dipende la buona riuscita dell’operazione.
Conclusioni
Il restauro prevendita nella maggior parte dei casi genera un aumento del prezzo di vendita maggiore del costo del restauro stesso e permette una redazione di perizia più chiara ed approfondita. È meglio, come nel caso del mio gruppo di lavoro, che il restauratore sia parte del team o sia ben conosciuto, ma nel caso non lo fosse, che sia di chiara fama ma anche disposto a collaborare con la proprietà ed i tecnici per ottenere il risultato sperato. Mai e poi mai mettere in mano opere importanti ad operatori non altamente specializzati, a gente improvvisata: pretendete sempre un restauratore diplomato e con almeno 20 anni di esperienza. Restaurare un dipinto è un operazione difficile, lunga e complicata: ci vuole mano, cervello e tantissima esperienza.