«Lavoriamo per sviluppare e promuovere un giornalismo visivo di qualità, perché la gente merita di vedere il mondo in cui vive e di esprimersi liberamente». Sono queste le fondamenta su cui si basa, dal 1955, il World Press Photo. Riconosciuto come il più importante e prestigioso concorso di fotogiornalismo a livello mondiale, è giunto alla sessantesima edizione. Quest’anno alla World Press Photo Foundation di Amsterdam sono giunti 80 mila scatti inviati da ben 5.034 fotografi provenienti da 126 paesi in tutto al mondo. Forte, anche quest’anno, la partecipazione italiana: ben 416 i nostri concorrenti di cui 4 vincitori, secondi nel palmares solo agli Stati Uniti presenti con 5 fotografi sul podio. Complessivamente sono stati 45 i premi assegnati il 13 febbraio scorso ad altrettanti fotografi proveniente da 23 paesi del mondo valutati da una giuria composta da 23 uomini e 16 donne e guidata da Stuart Franklin, uno dei grandi professionisti e pensatori del fotogiornalismo, come lo ha definito Lars Boering, direttore generale della fondazione, al momento della nomina dei giurati.
Gli italiani sul podio
Il mondo indubbiamente è una fucina sempre accesa e quello che fa il WPP non è altro che darcene un assaggio, attraverso i volti, le storie di attualità, la natura e lo sport. Tutto è in continuo movimento e le tematiche sociali, culturali e ambientali diventano il punto di partenza su cui i tanti autori lavorano. I concorrenti si sono sfidati nelle otto categorie presenti sia sotto la dicitura Stories che Singles Photo. I nostri connazionali si sono tutti distinti nella categoria Stories.
Francesco Comello si è aggiudicato il 3° premio Daily Life con il suo racconto su Isola salvezza, comunità spirituale ed educativa sulla strada che collega Mosca a Yaroslavl in Russia. Alessio Romenzi (3° premio General New) con il suo reportage We Are Not Taking Any Prisoners; Antonio Gibotta, 2° premio People con il suo racconto su Enfarinat usanza spagnola del paese di Ibi dove si inscena un colpo di stato a suon di uova e farina e, infine, Giovanni Capriotti (1°premio Sports) che con Boys will be boys narra la storia del Muddy York Rugby Football Club, fondato nel 2003 a Toronto, Canada: la prima squadra di rugby gay friendly al mondo.
Le vincenti del 2017
Tutti i premi assegnati durante il Contest di quest’anno vogliono mostrare degli spaccati del nostro mondo, come nel caso della categoria Nature dove lo spagnolo Francis Pérez (1° premio) ha fotografato una tartaruga caretta careta con il guscio letteralmente impigliati in una rete da pesca abbandonata nella zona di Tenerife. Left Alone è senza dubbio un’altra immagine che ha accompagnato il 2016. Scattata da Santi Palacio si è guadagnata il secondo posto nella categoria General News Singles: è un triste monito sulle continue traversate dalle coste nord africane all’Italia, che purtroppo il più delle volte finiscono in tragedia. Due fratelli ,due bambini, profughi, abbracciati nel dolore e nella consapevolezza di essere rimasti soli lungo questo viaggio della speranza.
La giurata Tanya Habjouqa ha così commentato i vincitori di quest’anno : «E ‘stato un lavoro molto intenso, a volte brutale e emotivo, ma mi sento orgogliosa. Credo che siamo stati coraggiosi nelle nostre decisione. Spero che la nostra selezione di immagini ci spinga verso un dibattito che al giorno d’oggi è essenziale avere». Ed è proprio questo in senso e uno dei dogmi imprescindibili del World Press Photo: spingerci a farci domande sul mondo che ci circonda e non fermarsi alla superficie.
World Press Photo of the year
Mai come in questo caso il dogma di Henry Cartier-Bresson dell’istante decisivo è mai stato più vero. Sto parlando dello scatto con cui il reporter turco Burhan Ozbilici ha immortalato il tragico momento seguente all’uccisione dell’ambasciatore russo Andrey Karlov, assassinato da un agente fuori servizio della polizia turca, Mevlüt Mert Altıntaş, mentre stava parlando ad una galleria d’arte ad Ankara. I rapporti tra i due paesi in questione, Russia e Turchia, sono tutt’oggi tesi per le prese di posizione completamente opposte nella guerra siriana. Non appena successi i fatti a dicembre dello scorso anno questa immagine ha inevitabilmente fatto il giro del mondo.
Mary F. Calvert, membro della giuria, ha così commentato la fotografia vincitrice: «È stata una decisione molto difficile, ma alla fine abbiamo ritenuto che la foto dell’anno era un’immagine esplosiva che in realtà parla dell’odio della nostra epoca. È una foto che incarna la definizione di ciò che è e rappresenta il World Press Photo». Il volto dell’odio, ha aggiunto il giurato João Silva: «Una fotografia che esemplifica al meglio quanto sta accadendo oggi in Europa, America, Medio e Estremo Oriente, un punto di rottura». Un premio, quello consegnato a Ozblici, che conferma l’impegno della World Press Photo Foundation da sempre in prima linea per promuovere e sviluppare il giornalismo visivo sia attraverso il prestigioso concorso fotografico che con estesi programmi di formazione e ricerca. Ispirare, coinvolgere, educare e supportare sia i fotoreporter che il grande pubblico sono le finalità di questa fondazione che ogni anno cerca di offrire nuove prospettive e spunti di riflessione.