Di recente ho incontrato alcuni studenti universitari in Slovenia e Croazia, nell’ambito di alcuni appuntamenti organizzati dall’International Filmmaking Academy di Bologna, in collaborazione con alcuni festival cinematografici, il Kino Otok, nella splendida cornice di Isola, e il Motovun Film Festival nella antica città di Montona.
Il tema di questi incontri e riflessioni riguardava la relazione fra il cinema e la realtà virtuale, quali connessioni, divergenze, etc. Le prime immagini che mostravo, erano quelle della famosa clip del treno dei fratelli Lumière, che ha in qualche modo inaugurato la realtà virtuale.
Come tutti ben sanno, durante le prime proiezioni gli spettatori scappavano impauriti dalla sala, temendo di essere investiti, qualche cosa che a noi oggi fa sorridere, ma non allarghiamoci troppo perché probabilmente sorrideranno anche di noi fra un secolo e mezzo e forse ancor più fragorosamente.
Alla domanda che mi hanno rivolto alcuni giornalisti televisivi, chiedendo se la VR (virtual reality) fosse il futuro, ho risposto che molto probabilmente la VR sarà – oppure, è già – uno dei modi in cui l’umanità si relazionerà con la tecnologia nei prossimi decenni.
Non è certo un azzardo affermarlo, dal momento che anche una delle più importanti multinazionali di consulenza sulla innovazione come la Gartner, stima che, nei prossimi anni, il 70% delle aziende si doterà in qualche modo di tecnologie di realtà immersiva.
Il mio è un punto di vista che nasce dalla scultura, dalle installazioni multimediali e dall’architettura, dalla relazione fra immagine e spazio, forme e spazio, spazio e tempo, Florenskji e Duchamp.
La Realtà Virtuale, lo sappiamo, non è più una novità, ma il livello di qualità dell’immagine e delle possibilità che aveva raggiunto solo fino a pochi anni fa, non era soddisfacente.
Durante questi incontri, dove abbiamo testato dei visori consumer di ultima generazione e devo dire che sono rimasto immediatamente colpito dalla qualità delle immagini e da alcune implementazioni molto interessanti, che alzano di parecchio l’asticella.
Si tratta degli Oculus Quest 2, un prodotto sviluppato da Facebook, che ovviamente non ha intenzione di perdere il terreno conquistato negli ultimi 15 anni, e lo offre ad un costo veramente contenuto, cosa che ne faciliterà di molto la diffusione nel breve periodo.
Oltre all’audio integrato, i visori sono dotati di una telecamera che, anche se in bianco e nero, permette all’utente di vedere la RL (Real Life) con l’aggiunta di informazioni, trasformando l’esperienza VR in una sorta di AR (Augmented Reality).
L’altro upgrade rispetto al passato che ho trovato molto interessante, è la possibilità di muoversi liberamente nello spazio, senza dover precedentemente operare mappature con sensori ulteriori, infine, cosa non da poco, il traking delle mani, con cui puoi interagire in VR o AR senza l’ausilio dei controller. Insomma possiamo affermare di essere di fronte ad un prodotto ormai maturo per il grande pubblico.
La VR ad oggi è principalmente utilizzata ancora con quella inclinazione all’infoteinment che gli deriva dal cinema, ma quello che ho notato è che si tratta, prima di ogni altra cosa, di un tipo di interfaccia umanità/macchina.
Nella VR abbiamo la possibilità di apprendere in 3D facendo esperienza, muovendoci nello spazio ed ovviamente nel tempo, nello stesso modo quindi, in cui facciamo esperienza nella RL. Forse non tutti ne hanno ancora preso coscienza, ma questo cambia il paradigma di relazione con l’habitat tecnologico.
a sostegno della nostra analisi, possiamo citare due film fantascienza, genere che come noto prende spesso spunto dalle innovazioni tecnologiche: “Ready Player One” di S. Spielberg e “Surrogates” di J. Mostow. Si tratta in questo caso di esagerazioni fantastiche, però indicano che la VR e la AR verranno sempre più utilizzate anche per scopi diversi dalla fruizione di film o dal videogioco.
Infine la narrazione nell’ambiente virtuale di videogiochi come Cyberpunk 2077, si compone di una esperienza immersiva ed allo stesso tempo comprende i livelli di coinvolgimento dei social network, fino ad impattare direttamente la RL.
Facciamo un esempio: chi utilizza software per il suono, come sappiamo, deve regolare dei parametri di una chitarra, un basso, una voce e così via, con la Vr potrebbe disporre di un banco audio e controllare i canali come se fossi in uno studio di registrazione, in modalità MR invece, potremmo far apparire sui musicisti dei valori facilmente ed in modo molto intuitivo modificare, con il semplice gesto di una mano.
Con un solo visore quindi, abbiamo la possibilità gestire un intero studio di registrazione o un concerto dal vivo. Ovviamente abbiamo la necessità di software che utilizzino questo tipo di interfaccia per sostituire monitor, tastiera e mouse; le grandi multinazionali come la Adobe, sono già al lavoro da tempo e stanno sviluppando idee e tecnologie per il VR, questa è ad esempio una presentazione che troviamo sul loro sito ufficiale.
Si intuisce allora che, con ogni probabilità, la VR e la AR marcheranno il momento di passaggio dall’epoca della scrittura a quella dell’immagine.
Cercare informazioni su internet, modellare in 3D, fare montaggi video, frequentare social network come “Sansar” e quasi tutto quello che ora facciamo con mouse e tastiera, avverrà in modo diverso, con visori e occhiali.
Esistono già musei e gallerie d’arte virtuali, come il Museum of London Docklands, che nel prossimo futuro si trasformeranno e potremo fruire di installazioni interattive, fotografie di artisti, performance in streaming, in modo completamente diverso da come lo abbiamo fatto fino ad ora sullo schermo in 2D, li vedremo in scala reale e ci girareremo attorno. Infine acquisteremo facilmente opere d’arte reali o digitali, con il sistema degli NFT (Non Fungible Token).
La VR e la AR non sono quindi semplici modi di giocare ai videogames, ma una rivoluzione digitale 2.0, con un grande carico di potenzialità e rischi sociali, quelli che ogni grande rivoluzione comporta, lati negativi che stiamo imparando a conoscere a nostre spese e che dovremo imparare velocemente ad evitare, per utilizzare le tecnologie nel modo migliore e più sano possibile.
Sarà molto utile quindi concentrarci sulle caratteristiche positive, mettendo progressivamente all’angolo quelle negative, che in questo momento invece sono l’elemento centrale.