Il mercato dell’arte così come lo conosciamo ha da poco compiuto (più o meno) 140 anni. Una storia tutto sommato breve ma che ha segnato in modo indelebile l’evoluzione dei linguaggi artistici. Ma quando è cominciata questa avventura fatta di artisti d’avanguardia, mercanti e collezionisti visionari?
Come spesso accade quando si parla di mutazioni storiche, anche in questo caso è difficile stabilire una data di nascita precisa. Il cambiamento è come un fenomeno carsico che scava nella roccia del passato per emergere in superficie, tornare sotto e, infine, manifestarsi a pieno venendo definitivamente alla luce. Per quanto riguarda la storia del mercato dell’arte come lo conosciamo oggi, la data di nascita potrebbe essere individuata, idealmente, nel 15 aprile 1874, ossia il giorno di apertura della prima mostra degli Impressionisti.
Il gruppo nato attorno alla figura di Edouard Manet, infatti, è stato importante non solo per le innovazioni linguistiche e tematiche introdotte in arte, ma anche per aver gettato i primi germi dello sviluppo di un mercato basato, principalmente, sul sistema delle gallerie private. E questo grazie allo sforzo non solo degli artisti – che dal 1874 al 1880 organizzeranno ben 8 mostre – ma anche di critici, di collezionisti e del mercante di riferimento del gruppo: Paul Durand Ruel. Una serie di sinergie che fa sì che attorno al 1890 si sia già creata quella rete internazionale che determinerà il successo sia culturale che economico dell’Impressionismo, lanciando un modello che sarà poi ripreso e sviluppato dai principali mercanti d’arte legati ai vari movimenti d’avanguardia.
Tappe d’avvicinamento fondamentali alla fatidica data del 15 aprile 1874 furono certamente, attorno al 1830, la nascita del Romanticismo che, come ricorda Francesco Poli in Il Sistema dell’arte contemporanea, «per primo contribuisce ad indebolire il monopolio detenuto dal sistema accademico sulla legittimazione dei valori artistici»; nel 1855 l’apertura, davanti all’Esposizione Universale di Parigi, del Pavillon du Realisme di Gustave Courbet che così rispondeva alla giuria ufficiale (si legga accademica) che lo aveva escluso dalla grande mostra internazionale organizzata proprio in occasione dell’Expo parigina; e, infine, il 1863: cioè l’anno in cui Edouard Manet espone, alla prima ed unica edizione del Salon des Réfuses voluto da Napoleone III, Le déjeuner sur l’herbe, accolto dalla critica ufficiale con parole decisamente poco lusinghiere ma acclamato dalle correnti più innovative del mondo dell’arte.
Tre tappe che contribuiscono al lento smantellamento di un sistema accademico che, ancora alla metà dell’Ottocento, era responsabile in toto della carriera degli artisti: dall’ammissione alla Scuola di Belle Arti al successo artistico ed economico rappresentato, in primo luogo, dalla presenza nei Salon – punto d’accesso obbligato al mondo dell’arte ufficiale e dell’alta borghesia che comprava le opere – e nelle collezioni dei musei e delle istituzioni pubbliche, indispensabile per vincere le committenze più importanti. Un controllo dispotico su tutto il mondo dell’arte che arrivava fino al vietare, agli artisti ufficiali, di vedere le proprie opere negli atelier. Dagli anni Settanta dell’Ottocento tutto questo cambia e ci sia avvia verso la costituzione di un mercato dell’arte come quello odierno.
1890 – 1929
Già in contatto con gli Impressionisti fin dal 1870, Paul Durand Ruel metterà a punto una strategia commerciale articolata in cinque punti fondamentali che faranno di lui un vero e proprio modello per i mercanti d’arte contemporanea e per lo stesso funzionamento di base del mercato:
- Valorizzazione di una nuova forma d’arte che, per la prima volta, viene offerta sul mercato;
- Gestione monopolistica della produzione artistica relativa alla suddetta nuova forma d’arte;
- Organizzazione di mostre personali in un’epoca in cui erano quasi sconosciute e regnavano sovrane le esposizioni collettive;
- Creazione di un network di filiali su altri mercati;
- Sostegno critico alla nuova arte tramite la fondazione di riviste.
Seguendo la ricostruzione storica che fa Poli nel suo libro, forse l’unico che ricostruisce in modo chiaro e completo la storia del Sistema del’arte contemporanea, arriviamo così a quelli che sono i diretti eredi di Durand Ruel. Tre figure chiave che, assieme al lui, rappresentano i padri fondatori del mercato globale dell’arte così come lo conosciamo oggi: Ambroise Vollard – figura di collegamento tra gli Impressionisti e i movimenti successivi (Nabis, Fauves ecc.) – e in particolare Daniel Henry Kahnweiler, il mercante del Cubismo, che perfeziona la strategia di Durand Ruel rafforzando, ad esempio, i rapporti con i collezionisti, i critici e gli altri mercanti. Divenendo, così, fin dagli esordi nel 1907, il mercante di riferimento per il gruppo dei primi collezionisti di arte d’avanguardia come, ad esempio, l’americana Gertrude Stein che sicuramente avete visto splendidamente interpretata da Kathy Bates in uno degli ultimi film di Woody Allen.
A differnza di oggi, nel primo decennio del Novecento il mercato dell’arte d’avanguardia ha un peso ancora minimo rispetto a quello dell’arte tradizionale, ma grazie all’impegno di mercanti come Berthe Weill, Paul Guillelme e i fratelli Paul e Leonce Rosemberg, inizia a strutturarsi nei suoi elementi fondamentali e, dopo una fase di start-up, negli anni Venti, come ricorda Poli, si assiste ad un primo «successo sia sul piano commerciale che mondano»: si amplia la cerchia di pubblico interessato alla nuova arte – in particolare nell’alta borghesia internazionale che vede nell’arte anche uno status symbol elitario – e cresce la rete delle gallerie d’arte parigine che, alla metà degli anni Venti, possono contare su solide ramificazioni e collegamenti in Europa e negli Stati Uniti.
Nel frattempo, il mercato dell’arte comincia a svilupparsi anche negli Stati Uniti dove, nel 1913, si tiene la prima edizione dell’Armory Show di New York, ossia dell’evento che segna la nascita della cultura d’avanguardia in un’America dove, fin a quel tempo, erano state pochissime le persone interessate alle nuove ricerche in campo artistico e tutte ben collegate con l’ambiente parigino. Basti pensare, d’altronde, che l’unica galleria veramente importante dell’epoca a New York era la Photo-Secession Gallery aperta da Alfred Stieglitz sulla Quinta Strada.
Ideato dall’artista Arthur Davies con l’appoggio dell’avvocato John Quinn, di collezionisti come Gertrude Vanderbilt Whitney (la fondatrice del Whitney Museum per intenderci) e di mercanti europei, l’Armory Show, dopo New York fa tappa a Chicago portando con sé un’ampia selezione di opere impressioniste, cubiste ed espressioniste e suscitando grandi polemiche. Alla fine, però, con 10mila visitatori al giorno, l’evento è un successo, anche commerciale, e dimostra le grandi potenzialità del mercato americano. Da questo momento il numero delle gallerie che si occupano di arte d’avanguardia inizia ad aumentare anche se, come vedremo, si dovranno attendere gli anni Quaranta perché il mercato newyorkese si strutturi come lo conosciamo oggi.
Questa prima stagione di euforia per l’arte d’avanguardia, caratterizzata anche dai primi fenomeni speculativi, subisce una forte botta d’arresto con la crisi economica derivata dal crollo della borsa di New York nell’ottobre del 1929.
Continua…