Contratti interrotti, vendite azzerate e quotazioni in picchiata. Con la crisi del 1929, scrive Francesco Poli in Il sistema dell’arte contemporanea, il sistema dell’arte entra in una fase di tremenda depressione. Ma quello che per alcuni è il segno della fine per altri è solo un nuovo inizio. Ma vediamo quali sono, nella bella narrazione storica di Poli, uno dei pochi ad aver sintetizzato in modo chiaro l’evoluzione del mercato dell’arte dall’Ottocento ad oggi, le tappe fondamentali che ci portano al mercato così come lo conosciamo.
Con il crollo della Borsa di New York, il 29 ottobre 1929, si apre un quinquennio di crisi anche per il mercato dell’arte. Molte gallerie, ricorda Poli, chiudono ma non per tutti è la fine. C’è chi, infatti, apre la propria attività in questo periodo buio per il mercato. E’ il caso del figlio di Henri Matisse, Pierre, che nel 1932 apre a New York la propria galleria diventando uno dei mercanti di riferimento per l’arte europea.
La storia, poi si sa, tende a ripetersi e, allora come oggi, l’arte inizia ad essere acquistata come bene rifugio e questo permette al mercato di riprendere quota e, superata la Seconda Guerra Mondiale, conosce, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, un secondo boom.
In Francia, a Parigi, riaprono le gallerie storiche come la Bernheim Jeune e, allo stesso tempo, se ne impongono di nuove come quella che nel 1939 inaugura René Drouin assieme ai soci Leo Castelli e Ileana Sonnabend. Specializzata in arte astratta, la galleria al n. 17 di Place Vendôme espone opere di Klee, Kandinskij, Mondrian e altri, diventando un’importante rampa di lancio per la nascente tendenza informale, ospitando per prima le personali di Jean Fautrier (1943) e Jean Dubuffet (1944).
Una vitalità, quella del mercato parigino, che ben presto prenderà i connotati di una vera e propria bolla speculativa: le opere dei giovani artisti raggiungono rapidamente quotazioni vertiginose ma solo pochi reggono al giudizio del tempo e, soprattutto, alla concorrenza internazionale. Il mercato dell’arte è avvertito: non basta avere a disposizione abili mercanti e ottime strategie di marketing, è fondamentale la capacità innovativa dell’ambiente artistico. Capacità che con la Guerra si è ormai trasferita quasi completamente sull’altra sponda dell’Atlantico, negli Stati Uniti, dove New York sta diventando la nuova capitale dell’arte contemporanea grazia al successo dell’Espressionismo Astratto e, negli anni Sessanta, della Pop Art.
Con gli anni Quaranta nella Grande Mela il mercato inizia a prendere una connotazione molto simile a quella attuale. Nascono gallerie importanti come quella di Peggy Guggenheim – Art of This Century (1941) – che, assieme a Betty Parson e Sidney Janis, è una delle principali promotrici dell’Espressionismo Astratto. In soli due decenni le gallerie di New York passano da 30 ad oltre 300 e dalla fine degli anni Venti aprono i battenti importantissimi Musei come il Museum of Modern Art (1929), il Whitney Museum of American Art (1930) e il Guggenheim Museum (1939): la città è ormai a pieno titolo il nuovo centro dell’arte contemporanea.
Dopo l’esperienza parigina al fianco di René Drouin, Leo Castelli apre a New York, nel 1957, la sua galleria dove, a partire dal 1958, esporranno Rauschenberg e Jasper Johns, lanciando la corsa al boom della Pop Art del 1962. Boom di cui Castelli sarà il principale artefice diventando il mercante di riferimento per il movimento, oltre che il più importante gallerista americano d’avanguardia, regista del successo di gran parte dell’arte contemporanea americana tra gli anni Sessanta e Settanta: dal Minimalismo all’Arte Concettuale.
La leadership newyorkese nell’arte d’avanguardia si consolida ulteriormente proprio negli anni Settanta con lo spostamento, e il conseguente concentramento, di tutte le principali gallerie nel quartiere di Soho che diventa il vero e proprio quartier generale dell’avanguardia americana, dall’Espressionismo Astratto alle tendenze processuali. Tre anni dopo vi si trasferiscono anche alcune importanti gallerie europee mentre, scrive Francesco Poli «a partire dagli anni Ottanta, nell’East Village nascono gallerie dedicate all’arte giovane»: Schnabel, Haring, Koons, Basquiat, Sherman. Il mercato dell’arte impazzisce e le quotazioni di questi giovani artisti schizzano alle stelle mentre i principali musei del mondo gli dedicano mostre grandiose. Ancora una volta, però, il boom è legato, in buona parte, ad una moda culturale pompata dai media e dalla speculazione: come avvenuto nel 1929, il mercato dell’arte entra in una nuova fase di depressione con la crisi che, alla fine degli anni Ottanta, investe l’economia statunitense proprio all’indomani della fine della Guerra Fredda.
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