Da studioso e appassionato d’arte sono sempre rimasto affascinato dalla capacità del mercato, più ancora che dell’editoria, di riportare in luce nomi dell’arte italiana altrimenti destinati ad un triste oblio.
E’ il caso di Ugo Celada, nato a Cerese, vicino Mantova, nel 1895 e scomparso, esattamente a 100 anni, a Varese nel 1995, e la cui opere riemerge oggi, con tutta la sua forza, dal bellissimo catalogo che la casa d’asta Boetto a messo a punta per la sua vendita di arte moderna e contemporanea del prossimo 18 aprile.
Sei lotti in tutto (13-19), con stime che vanno dai 1700-3.000 euro la Natura morta con calle, che apre la sezione a lui dedicata, ai 5.000-8.000 euro, per le Ballerie sdraiate al lotto 17. Sei opere che ben testimoniano la sua propensione ad un realismo attento e preciso, ereditato dalle lezioni di Cesare Tallone, suo docente all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Esordì alla Biennale veneziana del 1920, con una serie di tele il cui linguaggio è vicino a quello di Cagnaccio di San Pietro e Antonio Donghi e che ottengono un buon successo di critica e di pubblico, tanto che Celada viene invitato alle edizioni del 1924 e del 1926.
Proprio nel 1926 ottiene un notevole successo di pubblico e di critica con il dipinto Distrazione che catturò l’attenzione del pittore e critico francese Emile Bernard, allora presidente della giuria, che definì Celada il maggiore autore italiano. L’anno successivo, al rientro da Parigi, partecipò alla Quadriennale di Torino, mentre nel 1928 si presentò alla Galleria Scopinich e alla Permanente di Milano e nel 1929 tenne una personale alla Galleria Bardi.
E’ proprio l’entusiastica accoglienza di Emile Bernard e di Ugo Nebbia a lanciare Celada nel mondo milanese dell’arte, dominato dalle tensioni moderniste di Valori Plastici, destinate a stemperarsi in Novecento. Le opere di questo periodo attestano un interesse per il dato costruttivo, plastico e portante delle figure, inserite in un’ambientazione estraniante, dopo anche l’interno è messa in scena teatrale della finzione denunciata dalla pittura.
Il realismo delle opere di Celada porta nella direzione del Realismo Magico che, tra il 1923 e il 1927, informa il primo Novecento milanese, prima dello scarto nella direzione monumentale di Sironi e dello stesso Carrà. Da questa corrente prende le distanze quando nel 1931 firma con Bresciani, Nodari Pesenti, Moretti Foggia, Lomini e Arrigo Andreani un manifesto “antinovecentista.
Questo episodio determinò una graduale discesa della sua posizione pubblica, nonostante le numerose esposizioni dei suoi dipinti durante gli anni trenta a Milano, Bergamo, Gallarate e Genova. Gran parte della sua produzione è andata persa nel 1943, durante il secondo conflitto mondiale, quando il suo studio milanese andò distrutto. Per chi volesse saperne di più, qualche anno fa, Gianfranco Ferlisi ha dedicato a Celada una belle monografia: Celada. Ugo Celada da Virgilio 1895-1995. L’incanto del disegno. La magia della pittura.
Se il nucleo dedicato a Ugo Celada è quello che, certamente, caratterizza maggiormente il catalogo primaverile di Boetto, tra i 308 lotti selezionati dal dipartimento di arte moderna e contemporanea della casa genovese, sono tanti i lavori che meritano attenzione. A partire dai primissimi lotti dove troviamo una intensa Natura Morta (1928) di Filippo De Pisis (lotto 1, stima: 12-15.000 euro) e due carte degli anni Cinquanta di Afro Basaldella (lotti 22 e 23).
Al lotto 46 è poi la volta di una Composizione del 1963 di Giuseppe Capogrossi (stima: 25-35.000 euro). Mentre ai lotti 49 e 50 troviamo due pregevoli, per quanto piccoli nelle dimensioni, Negativo-Positivo di Bruno Munari degli anni Cinquanta, entrambi proposti con un stima di 4-6.000 euro). Ma sfogliando le pagine si trovano lavori interessanti di Mario Radice, Jannis Kounellis – suo il Senza titolo (1983) al lotto 63, stimato 18-20.000 euro – e Carla Accardi, presente con varie opere tra le quali la caseina Verderosso (1963) al lotto 85, stimata e 65-90.000 euro.
Ma tra i protagonisti di questo catalogo abbiamo anche Salvo, ricchissima la selezione dei suoi lavori che attraversano quasi l’intera carriera dell’artista siciliano. Tra tutti di spicca l’opera San Nicola Arcella (2006) al lotto 86 (stima: 22-33.000 euro). E ancora, Dorazio, Gastone Novelli, Giuseppe Penone, Alighiero Boetti, Giuseppe Chiari – al lotto 127 i suoi celebri Gesti sul pianoforte.
Un catalogo che cresce di intensità fino oltre la metà, per poi perdere un po’ di ritmo, sfilacciarsi forse eccessivamente col rischio di farci perdere alcuni lavori ancora degni di attenzione, come alcune chine di Raymond Pettibon o alcune sculture di Alik Cavaliere e Daniel Spoerri – la più pregevole al lotto 216, Napoleon horn (1993). Ma questo è il rischio che si corre sempre quanto le selezioni sono un po’ troppo ampie. Detto questo, catalogo merita uno studio meditato e attento perché ricco di spunti e suggestioni di un certo pregio.