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Boltanski e Holzer: della mortalità e dell’impegno

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Due belle mostre si sono appena aperte a New York: Christian Boltanski: Départ – Arrivée da Marian Goodman (24 W 57th St., fino al 15 ottobre), e una esposizione di nuove opere di Jenny Holzer da Hauser & Wirth (542 W 22nd St., finissage il 29 ottobre).

La retrospettiva di Boltanski presenta lavori dell’ultima fase della produzione dell’artista scomparso l’anno scorso, mai esposti finora negli Stati Uniti, più una selezione di opere degli anni Ottanta.

Chi conosce e ama Boltanski ritroverà quindi esempi significativi delle sue installazioni legate ai temi della mortalità e della memoria, come Réserve La Fête de Pourim (1987) e Lycée Chases (1987), come pure un’opera dalla serie Animitas, iniziata nel 2014 con un video girato nel deserto di Atacama (che fu esposto anche alla Biennale di Venezia del 2015) e qui rappresentata dalla versione realizzata sul Mar Morto in Israele.

Christian Boltanski, Subliminal, 2020. 4 channel video installation, sound, continuous loop. Dimensions variable. Edition of 3 plus 3 artist’s proofs

Ma il lavoro per forza di cose più inedito — anche perché risalente al 2020: una delle ultime opere dell’artista — è la bellissima videoinstallazione Subliminal, costituita da quattro canali video con bellissime immagini della natura disturbate, a mo’ di interferenza, da foto scattate nei campi di concentramento nazisti che si manifestano con brevità subliminale.

In una sala, infine, è allestito Crépuscule (2015): composto da 99 lampadine disposte sul pavimento, vedrà lo spegnimento progressivo di tre di esse per ogni giorno della mostra, fino ad arrivare al buio totale dell’ambiente.

Molto bella anche la mostra di Jenny Holzer, uno dei più efficaci esempi di arte politica che io abbia visto in questi anni.

Al posto dei classici truism per cui l’artista è soprattutto nota, vengono presentate qui delle curse tablets, ispirate alle tavolette di piombo usate dagli antichi Romani per invocare vendette. Ma qui i testi incisi sulle tavolette sono costituiti da tweet di Donald Trump (oltre che da post di Q, leader del gruppo QAnon) che coprono tutto l’arco della sua presidenza.

Una vista di Demented Words, personale di Jenny Holzer in corso da Hauser & Wirth New York

Dal mucchio di frammenti metallici — invecchiati con procedimenti chimici così da sembrare reperti archeologici — sparsi e abbandonati per terra, si distaccano e si snodano lungo due pareti i tweet messi online da Trump a partire dal 2 novembre 2020, ovvero da subito prima della vittoria di Biden da lui poi mai riconosciuta, con le conseguenti illazioni su presunti brogli, complotti, e quindi i ricorsi, fuoco e fiamme per le puntuali ricusazioni di questi ultimi, eccetera eccetera.

Rileggere questi messaggi nella loro sequenza esatta — cosa che raramente viene fatta da un utente dei social media, proprio per la loro natura di programmatica estemporaneità — fornisce un’idea chiara, qualora ce ne fosse bisogno, del progressivo deteriorarsi dello stato mentale di Trump nei suoi ultimi mesi di presidenza. La mostra, infatti, si intitola Demented Words.

Una vista di Demented Words, personale di Jenny Holzer in corso da Hauser & Wirth New York

Su tutto, scorre un grande display sospeso al soffitto che rilancia alcuni dei tweet dell’ex Presidente. Il suo titolo, WTF (abbreviazione di What The Fuck) rimanda all’espressione slang spesso usata — anche dallo stesso Trump — nei messaggi di testo o nei post sui social per mostrare, come dire, sorpresa o disappunto (o, al contrario, totale dispregio per critiche o contestazioni ricevute; in slang italico si potrebbe forse tradurre con: sticazzi).

La mostra presenta infine alcuni dipinti su lino: blocchi colorati di pittura si sovrappongono agli omissis di vari documenti governativi, tra cui il rapporto di Robert Mueller sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016, e documenti dell’FBI connessi al Patriot Act, la legge federale promulgata nel 2001 da George W. Bush, che allargava il potere di controllo delle agenzie di spionaggio statunitensi con lo scopo di ridurre il rischio di attacchi terroristici negli Stati Uniti, diminuendo però notevolmente la privacy dei cittadini.

Sandro Naglia
Sandro Naglia
Nato nel 1965, Sandro Naglia è musicista di professione e collezionista d’arte con un interesse spiccato per gli astrattisti italiani nati nei primi decenni del Novecento e per quelle correnti in qualche modo legate al Pop in senso lato (Scuola di Piazza del Popolo, Nouveau Réalisme ecc.).
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