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Brexit e mercato dell’arte: tra aspetti finanziari e conseguenze legali ed economiche

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Il 31 ottobre 2019 potrebbe rappresentare la data definitiva per Brexit. Boris Johnson e Jeremy Hunt, i due grandi favoriti per la successione a Theresa May, sono pronti a traghettare il Regno Unito fuori dall’Unione Europea. Macron ha sottolineato che l’insediamento di una nuova commissione europea a fine ottobre sancirà l’inizio di un piano politico di durata quinquennale per Bruxelles e nonostante due precedenti dilazioni temporali dovute ad un mancato accordo tra le parti, sembra che questa data rappresenti il termine ultimo per concretizzare la decisione dell’elettorato inglese. Come si rifletterà tutto ciò sul sistema dell’arte?

Esistono due prospettive attraverso le quali indagare il fenomeno Brexit in relazione al mercato dell’arte: la prima, di carattere globale, ha come soggetto i principali poli finanziari che alimentano il mercato dell’arte nel suo intero; la seconda, invece, analizza le conseguenze legali ed economiche che influenzeranno il mercato dell’arte britannico ed europeo.

 

Londra, le major del mercato dell’arte e i grandi capitali stranieri

 

Londra è una città che basa la propria ricchezza sulla gestione di capitali esteri e nello specifico i flussi di denaro che alimentano la capitale inglese derivano da: USA, Russia, Cina, India ed Emirati Arabi. La rapida ed esponenziale crescita economica del continente asiatico ha, inoltre, parzialmente traslato il centro culturale del mondo verso Oriente e tale fenomeno potrebbe costituire un’opportunità interessante per il Regno Unito, libero dai vincoli imposti dall’Unione Europea.

Questa situazione potrebbe incrementare il valore complessivo degli investimenti da parte dei paesi sopra citati all’interno del Regno Unito e favorire la presenza di collezionisti extra-europei a Londra. Tuttavia, se da un lato è legittimo credere ad una maggiore libertà decisionale da parte del Regno Unito nella stipulazione di contratti bilaterali, dall’altro è evidente che il potere contrattuale di un singolo paese non può competere con quello dell’Unione Europea, il secondo conglomerato di stati più potente al mondo.

Le principali case d’asta britannicheSotheby’s, Christie’s, Phillips e Bonhamsrappresentano istituzioni internazionali e non sembrano particolarmente preoccupate dallo scenario post-Brexit. Sotheby’s e Christie’s hanno investito ingenti risorse durante le ultime due decadi al fine di penetrare il mercato asiatico e nonostante alcune difficoltà legate al forte protezionismo della Repubblica Popolare della Cina, sono riuscite ad affermare la loro presenza nell’area pacifica.

Inoltre, è necessario considerare la struttura legale ed aziendale delle due case d’asta più influenti al mondo: ogni singola sede costituisce una Limited Liability Company (società a responsabilità limitata) che concorre alla creazione di un insieme di aziende facenti riferimento ad un’altra LLC – con sede a New York per Sotheby’s e a Londra per Christie’s. Se Londra dovesse crollare e perdere la sua leadership all’interno del mercato dell’arte, le perdite relative a tale collasso avrebbero un impatto diretto esclusivamente sulle rispettive sedi inglesi, senza inficiare la struttura nel suo intero.

Per gli agenti, le gallerie d’arte commerciali ed i collezionisti europei, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea rappresenta uno scenario potenzialmente aleatorio. Molto verterà intorno al ruolo di Londra come cardine del mondo dell’arte, e nello specifico del mercato ad esso associato. Se la capitale inglese riuscirà a mantenere invariata la sua influenza culturale e finanziaria all’interno del panorama globale, allora il mercato non subirà significativi cambiamenti, poiché troppo cospicue sarebbero le perdite dei principali protagonisti di questo settore.

 

Dalle assicurazioni allo storage: se l’arte “scappa” da Londra

 

Sicuramente, le agevolazioni legali ed economiche legate alla presenza del Regno all’interno dell’Unione Europea verranno meno. Le assicurazioni con valenza europea costituiranno un importante punto di domanda ed influenzeranno il mercato dell’arte poiché costituiscono una quota significativa del valore complessivo delle transazioni in questo settore. Lo stesso discorso vale per lo storage di opere d’arte, siano esse appartenenti a collezionisti, gallerie d’arte o case d’asta.

I principali protagonisti del mercato dell’arte con sede in Europa sono costretti a valutare un eventuale ritiro dei propri beni depositati a Londra: Larry Gagosian ha iniziato a spedire le opere presenti nelle tre sedi londinesi verso Atene, Parigi, Basilea e Ginevra. Londra non rappresenterà più lo scalo mondiale per l’importazione di opere d’arte all’interno dell’Unione Europea.

Il sistema legale britannico, che prevede una tassazione per l’importazione di beni artistici da paesi extra-europei pari al 5% del valore complessivo dell’opera – la più bassa insieme a Cipro e Malta – ha consentito alla capitale inglese di rappresentare un canale preferenziale per l’acquisizione di opere d’arte da parte dei collezionisti europei essendo gli scambi di opere d’arte tra stati membri dell’Unione Europea esenti da tasse di import ed export.

Questa situazione potrebbe favorire la Francia che presenta la seconda tassazione più bassa con il 5.5% e nello specifico Parigi, sede di importanti case d’asta e gallerie d’arte. Un altro elemento da valutare è la normativa con valenza europea che regola i tassi inerenti al droit de suite e al droit d’auteur: il Regno Unito avrà l’opportunità di sfruttare questa occasione per incrementare il flusso di denaro all’interno della capitale inglese attraverso normative che agevolino il compratore.

Se l’arte intesa come disciplina ed esercizio creativo reclama con diritto una sincera libertà di espressione, il mercato che la promuove è soggetto alle dinamiche macroeconomiche e geopolitiche che caratterizzano il panorama mondiale. Questo meccanismo implica che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea possa avere importanti ripercussioni all’interno del mondo dell’arte.

È necessario pertanto indagare con maggiore profondità la correlazione esistente tra arte, politica ed economia al fine di prevedere il futuro prossimo di questo settore poiché esso vive una dicotomia che tende all’ossimoro: lo slancio emotivo che sottende la creazione dell’opera d’arte scaturisce da moti che sfuggono alla ragione, ma il complesso apparato che sostiene la produzione ed il consumo di beni artistici pone le sue basi sul potere politico e finanziario di chi lo governa.

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