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Il 2025 nel mercato dell’arte: un anno di ripresa, tra ricalibrazione, polarizzazione e nuove geografie

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Dopo un avvio lento, costellato soprattutto nella stagione estiva da una serie di chiusure di alto profilo tra gallerie mid-tier e realtà storiche, nella sua seconda metà il 2025 ha raggiunto un punto di flessione significativo, che ha messo in evidenza alcuni cambiamenti sistemici in atto.

La narrazione si è spostata gradualmente dalla crisi alla ricalibrazione, per poi trovare in autunno una rinnovata spinta, seguendo una traiettoria che riflette tanto i mercati globali quanto il ciclo ricorrente del mercato dell’arte, da sempre oscillante tra euforia e correzione.

Il mondo dell’arte si appresta a chiudere quest’anno con un diffuso atteggiamento da “non ci possiamo lamentare”. Guardando al 2026, le ragioni per l’ottimismo sono aumentate, ma restano aperte domande strutturali su scala, sostenibilità e direzione futura.

Il rimbalzo del mercato secondario

Dopo un 2024 difficile, segnato da una contrazione del 25 per cento del mercato delle aste, il 2025 ha visto un rimbalzo netto, soprattutto a partire dal secondo semestre. Sotheby’s ha in proiezione circa 7 miliardi di dollari in vendite consolidate per il 2025 (+17 per cento rispetto all’anno precedente), Christie’s circa 6,2 miliardi (+7 per cento) e Phillips 927 milioni di dollari (+10 per cento).

La svolta è arrivata dopo l’estate. Le aste Karpidas di ottobre a Londra, per un totale di 136 milioni di dollari, hanno segnalato un ritorno della fiducia, aprendo la strada a una solida stagione autunnale. Sotheby’s ha chiuso l’anno con 5,7 miliardi di dollari di ricavi da aste (+26 per cento), trainata dalla collezione Lauder da 527,5 milioni, guidata dal Gustav Klimt da 236,4 milioni, diventato l’opera più costosa mai venduta dalla casa d’aste.

Nel complesso, Old Masters, Impressionisti, Moderni, Post-War e Contemporaneo hanno totalizzato, fra le tre principali case d’asta, 4,56 miliardi di dollari nel 2025 (+11 per cento), pur restando il 42 per cento sotto il picco del 2022.

Il mercato si conferma però sempre più fortemente polarizzato: la fascia alta ha recuperato slancio, con le opere sopra i 10 milioni di dollari in crescita del 19,4 per cento, a 1,48 miliardi, mentre il contemporaneo giovane ha continuato la sua correzione. Secondo ArtTactic, il segmento Young Contemporary è sceso del 39,1%, mentre il Contemporaneo nel complesso ha registrato un calo del 14,4 per cento. In controtendenza, Old Masters, Impressionismo e Moderno sono cresciuti del 42,3%, con top lot come il Canaletto da 39 milioni, il Rembrandt da 16,5 milioni e il Pieter Brueghel II da 12,8 milioni.

È fondamentale chiarire che la ripresa del mercato secondario nel 2025 è dipesa in larga misura dalla forte concentrazione sui trophy works e sulle grandi collezioni single-owner che le case d’asta sono riuscite ad assicurarsi nella seconda metà dell’anno. Secondo ArtTactic, le principali collezioni immesse sul mercato nel secondo semestre — tra cui Lauder, Pritzker e Karpidas — hanno generato complessivamente 884,9 milioni di dollari, pari a circa il 33% di tutte le vendite all’asta del periodo. La collezione Lauder, da sola, ha totalizzato 527,5 milioni di dollari, guidata dal Klimt da 236,4 milioni, uno dei prezzi più alti mai raggiunti per un’opera d’arte. A questa si aggiungono i 136 milioni delle vendite Karpidas a Londra e altre grandi raccolte museali e private che hanno dominato le evening sales autunnali, come la collezione di Patricia G. Ross Weis da Christie’s, culminata con il Mark Rothko No. 31 (Yellow Stripe) da 62,1 milioni di dollari. In assenza di questo afflusso di opere eccezionali — per qualità, provenienza e rarità — la ripresa del 2025 sarebbe apparsa molto più fragile.

Il mercato primario: fragilità strutturale e polarizzazione

Se il mercato secondario ha mostrato una chiara capacità di recupero, il 2025 ha invece messo a nudo la fragilità strutturale del mercato primario. L’anno è stato segnato da una serie di chiusure emblematiche, che hanno riacceso il dibattito sulla sostenibilità del modello galleria in un contesto di costi operativi crescenti, calendario fieristico incessante e collezionismo sempre più selettivo. La chiusura di spazi storici e di realtà che avevano definito il successo del modello post-2000 ha evidenziato quanto il margine di errore si sia drasticamente ridotto dopo la fine dell’euforia post-pandemica.

Nel mercato primario, la polarizzazione osservata nelle aste si è riflessa con altrettanta chiarezza. Da un lato, gli artisti storicizzati e quelli con forte sostegno istituzionale hanno continuato a collocare opere in fiera e in galleria, spesso a prezzi elevati ma sostenuti da una domanda consapevole. Dall’altro, il cosiddetto mid-tier — la fascia tra le alte cinque cifre e le basse sei — si è rivelato il segmento più fragile: domanda discontinua, maggiore avversione al rischio e collezionisti sempre meno disposti a impegnarsi senza una chiara traiettoria museale o curatoriale.

Al contrario, la fascia bassa del mercato primario ha mantenuto una sorprendente vitalità. Le opere sotto i 20.000 dollari — e in particolare nel range 5.000–10.000 — continuano a rappresentare il vero punto di ingresso per i nuovi collezionisti, soprattutto più giovani, permettendo la partecipazione senza esposizioni finanziarie eccessive. I dati Art Basel & UBS, insieme alle analisi di Artnet e Artprice, convergono nel mostrare una crescita del numero di transazioni sotto i 10.000 dollari, anche in un contesto di contrazione del valore complessivo.

Le fiere restano uno strumento essenziale, ma sempre più rischioso, per le gallerie. Secondo il report Art Basel & UBS, il 31 per cento dei dealer indica le fiere come principale fonte di nuovi contatti, seguite dalle visite in galleria (23 per cento) e dalle referenze dirette (16 per cento). Allo stesso tempo, una singola settimana negativa può compromettere l’intero anno finanziario di una galleria, soprattutto per quelle più giovani o sperimentali. Se i report fieristici restano l’unico indicatore pubblico — seppur discutibile — dell’andamento del primario, nel 2025 hanno mostrato un miglioramento a partire dall’autunno, culminato ad Art Basel Miami Beach, dove la fiducia è tornata visibile, con vendite distribuite su più fasce di prezzo.

In risposta, molte gallerie hanno adottato strategie più difensive e relazionali: riduzione delle sedi secondarie, maggiore attenzione alla coltivazione delle comunità locali, collaborazioni tra gallerie, booth condivisi e formati alternativi alle fiere tradizionali.

Vendite online e nuovi collezionisti, mentre l’arte digitale passa da nicchia a normalizzazione

Parallelamente, il 2025 ha confermato come il digitale e la presenza sempre più pervasiva della tecnologia siano ormai componenti strutturali sia del mercato sia della produzione artistica contemporanea. Christie’s ha venduto online l’81 per cento dei lotti, mentre Phillips ha raggiunto circa il 70 per cento.

L’online non è più solo un canale per opere a basso valore, ma uno strumento centrale per intercettare nuovi collezionisti, in particolare Millennials e Gen Z, che rappresentano una quota crescente dei first-time buyers. Secondo l’Art Basel & UBS Survey 2025, le donne collezioniste hanno aumentato la loro incidenza, spendendo in media più degli uomini e mostrando una forte propensione per opere digitali ed emergenti.

Sul fronte dell’arte digitale, il 2025 ha segnato il passaggio definitivo dall’eccezione alla normalizzazione. Dopo l’euforia e il crollo della fase NFT, il digitale è rientrato nel mercato e nelle istituzioni in una forma più matura. Il segnale più chiaro è arrivato dalla nuova sezione Zero 10 ad Art Basel Miami Beach, collocata all’ingresso principale della fiera: 10.000 piedi quadrati dedicati, forte affluenza fin dalle prime ore VIP e vendite diffuse nella fascia a quattro e cinque cifre. L’installazione performativa Regular Animals di Beeple ha funzionato da catalizzatore, attirando sia insider del mondo dell’arte sia collezionisti tech di lungo corso. Secondo il report Art Basel & UBS, l’arte digitale è oggi la terza categoria per spesa nel fine art, con il 51 per cento degli HNWI attivi nel segmento e la Gen Z come gruppo più coinvolto.

Luxury come motore di crescita

Accanto al fine art, luxury e design si sono ormai affermati come motori essenziali di crescita e come leve strategiche per l’acquisizione di nuovi collezionisti, spingendo le principali case d’asta a ripensare profondamente il proprio posizionamento.

Nel 2025 il segmento luxury ha raggiunto, per Sotheby’s, un record di 2,7 miliardi di dollari (+22%), superando i 2 miliardi per il quarto anno consecutivo, mentre Christie’s ha totalizzato 795 milioni (+17%), con l’automotive — attraverso Gooding Christie’s — a 234 milioni (+14 per cento), il miglior risultato di sempre. Phillips, dal canto suo, ha segnato il miglior anno nella storia del dipartimento Watches, con oltre 290 milioni di dollari, e ha iniziato a sperimentare nuovi territori, introducendo per la prima volta oggetti di storia naturale nelle vendite di arte moderna e contemporanea: una strategia che ha portato al successo di Cera, un giovane Triceratops venduto per oltre 5 milioni di dollari. Anche Sotheby’s ha confermato l’attrattiva di questi collectibles “non convenzionali”, con il Ceratosaurus giovanile aggiudicato a 30,5 milioni — oltre sette volte la stima minima —, segnale di una domanda sempre più trasversale e orientata all’esperienza e alla nostalgia economy.

Crucialmente, il luxury si sta rivelando anche il canale più efficace per espandere il mercato e intercettare nuovi e giovani buyer: per Christie’s ha rappresentato il 38 per cento dei nuovi partecipanti nel 2025, superando persino il segmento 20th e 21st Century (33 per cento).

Sotheby’s è però quella che, più di tutte, sta capitalizzando su queste dinamiche, adottando una strategia di branding che la colloca sempre più a metà strada tra museo, luxury retailer e piattaforma culturale globale. Come reso evidente dall’acquisizione del Breuer Building — spazio storicamente associato alle grandi istituzioni museali — e dalla messa in scena della mostra Icons come sorta di greatest hits delle opere già passate in asta, Sotheby’s rafforza l’ambizione di imporsi come landmark culturale permanente. L’introduzione di un gift shop — che spazia dal catalogo monografico del Breuer, pubblicato con Phaidon, a migliaia di tote bag e T-shirt in edizione limitata legate a opere iconiche — estende ulteriormente questa logica, moltiplicando i punti di contatto del brand e accumulando capitale simbolico in un’economia sempre più guidata da esperienze e identità lifestyle.

Un’offerta più ampia nel luxury e negli altri collectibles funziona sempre più come porta d’ingresso al collezionismo, ampliando la base geografica e generazionale del mercato e contribuendo a ridefinire le dinamiche di accesso, fidelizzazione e partecipazione.

Il Golfo: nuova geografia del mercato

Il 2025 ha segnato anche la piena integrazione del Golfo nel sistema globale dell’arte. Sotheby’s ha inaugurato le sue prime vendite in Arabia Saudita e ad Abu Dhabi, culminate nella Collectors’ Week di Abu Dhabi con circa 133 milioni di dollari di fatturato, mentre Christie’s ha rafforzato la propria presenza nella regione in vista dell’apertura della sua prima sede d’asta saudita. Sul piano fieristico, l’annuncio di Art Basel Qatar, al debutto a Doha nel 2026, e l’ingresso di Frieze ad Abu Dhabi sanciscono un cambio di scala: il Golfo non è più un mercato satellite, ma un nodo centrale nel calendario globale.

Questa espansione, sostenuta da forti investimenti statali e da una crescente base di collezionisti locali, solleva tuttavia interrogativi sul modello adottato, spesso guidato da grandi consulenze internazionali. In parallelo, emergono approcci differenziati, come quello del Qatar, che ha investito in modo strutturale in collezioni, istituzioni e pubblico locale, puntando su una crescita culturale di lungo periodo più che su una semplice importazione di format occidentali.

Un mercato in ripresa, ma trasformato

Nel complesso, il 2025 restituisce l’immagine di un mercato in ripresa ma profondamente trasformato: più polarizzato, più globale, sempre più intrecciato con il luxury, il digitale e le nuove geografie del capitale. La vera incognita per il 2026 non è tanto se il mercato continuerà a crescere, quanto se il sistema dell’arte saprà adattarsi a queste nuove dinamiche senza perdere coerenza, autonomia e capacità di costruire valore culturale nel lungo periodo.

Elisa Carollo
Elisa Carollo
Elisa Carollo è art advisor, curatrice e appraiser, con un focus particolare sull' arte contemporanea e ultracontemporanea. Ha conseguito un master in Art, Law and Business presso Christie's New York e un BA in Marketing e management delle industrie culturali e creative presso l'Università IULM di Milano. Lavora come consulente freelance per collezionisti, gallerie e artisti e collabora stabilmente con la Fondazione Imago Mundi di Treviso.

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