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Anni Novanta: per la riscoperta servono “nuove forze critiche, più fresche e coraggiose”

del

Con il nuovo anno riprendiamo le nostre conversazioni attorno all’arte italiana degli anni Novanta. In questo primo appuntamento del 2022 abbiamo incontrato Sergio Bertaccini.

Torinese, classe 1949, Bertaccini è dal 1985 titolare della Galleria In Arco di Torino. E’ stato uno dei Galleristi che più ha creduto in quella generazione di Artisti nati tra il 1960 e il 1970 per il quale il suo concittadino Edoardo Di Mauro coniò il termine “Giovani Artisti”.

Negli anni ha curato personalmente diversi cataloghi delle mostre presentate negli anni in Galleria dimostrando quanto sia importante conoscere e per primo apprezzare quanto è proposto al pubblico.

Roberto Brunelli: Correva l’anno 1995 e a Torino allo spazio Herno si teneva la mostra “12 pittori italiani” in cui si mettevano a confronto le opere di giovani artisti emergenti all’epoca trentenni. Personalmente ritengo quella mostra uno dei caposaldi dell’arte italiana anni Novanta. Che ricordi hai dell’evento e quali aneddoti vuoi condividere con noi a un trentennio di distanza?

Sergio Bertaccini: «La mostra era nata da un progetto con Luca Beatrice e Cristiana Perrella, una panoramica sulla giovane arte italiana dell’epoca, focalizzata sul lavoro di artisti che seguivamo e che personalmente avevo già esposto in galleria o ero in procinto di farlo».

L’interno dello spazio Herno nel 1995, dove si tenne la mostra 12 Pittori Italiani

R.B.: Quella mostra consolida, tra l’altro, il forte rapporto di collaborazione e di stima che da sempre ti lega a Luca Beatrice e a Cristiana Perrella. Com’è nato quell’incontro e quanto ha pesato nella direzione tenuta dalla Galleria In Arco?

S.B.: «Ho conosciuto Luca nel 1990, lui stava per raggiungere a New York Cristiana, la sua fidanzata con la quale iniziava a rapportarsi e a sviluppare possibili futuri progetti. Al loro ritorno, sulla base di molteplici visite fatte negli studi e gallerie locali, abbiamo imbastito un primo progetto che focalizzava alcuni artisti newyorchesi titolato Teddy and other Stories, prendendo spunto da un racconto di Salinger».

R.B.: Ricordo una bellissima foto in un numero di Flash Art o Tema Celeste in cui su una spiaggia eravate ripesi tu, Luca e Cristiana e dove si parlava del tentativo di esportare in America l’arte italiana della generazione anni ’60, ovvero degli artisti nati tra il 1960 e il 1970. Come andò quell’esperienza, avete avuto un qualche appoggio dalle Istituzioni culturali del nostro Paese?

S.B.: «In realtà stavamo sviluppando il progetto per la mostra Facts and Fictions, incentrata sia su alcuni artisti americani delle East e West Coast, che su quattro artisti italiani con ottime credenziali. Esportare perché venissero esposti giovani artisti italiani era all’epoca problematico, se non avevi contatti molto stretti con le gallerie locali; in realtà riuscii a organizzare due mostre a New York di Daniele Galliano da Annina Nosei, con cui ero in costante contatto e che aveva già lavorato con parecchi nostri artisti delle ultime generazioni. Inoltre avevo introdotto Stefano Peroli a Collins&Milazzo, coppia di critici assai in auge all’epoca; Peroli rimase circa tre anni a New York, creandosi un piccolo seguito di collezionisti».

Sabaudia, 1 settembre 1996, da destra si riconoscono: Sergio Bertaccini, Luca Beatrice e Cristiana Perrella.

R.B.: Spesso, incontrandoci in Fiera, abbiamo parlato di come con la tua Galleria hai proposto, in pratica, tutti gli artisti protagonisti di quel decennio e riflettevi sul fatto che forse erano numericamente troppi per poterli seguire adeguatamente come sarebbe convenuto fare. Puoi approfondire questo pensiero e come avresti agito oggigiorno con l’esperienza che hai maturato negli anni?

S.B.: «Penso che sia importante lavorare in sintonia con altre gallerie, per rafforzare l’impatto mediatico che è possibile creare con sinergie concrete e mirate. Così si possono ottenere buoni risultati».

R.B.: Una delle cause della loro mancata internazionalizzazione è indicata nella mancanza di un Padiglione Italia a loro dedicato in quegli anni Novanta. In fondo la missione del nostro Padiglione non dovrebbe essere quella di rappresentare le nuove tendenze e l’attualità della scena artistica nazionale?

S.B.: «Purtroppo è proprio così».

R.B.: Veniamo quindi al Padiglione Italia del 2009 affidato Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice. Il tentativo di riscoprire tanti bravi artisti protagonisti degli anni Novanta meritevoli di più attenzione non si può negare che ci sia stato, ma purtroppo il timing è stato troppo tardivo. Concordi che il Padiglione Italia a Luca Beatrice, o meglio, agli artisti che lui rappresentava, andava assegnato almeno dieci anni prima?

S.B.: «Certamente, comunque due anni dopo nella stessa sede Sgarbi ha fatto molto peggio».

Sergio Bertaccini in visita alla Biennale di Venezia del 2009

R.B.: Torniamo a Torino… siamo nel 2016 e si tiene al Museo Ettore Fico “Liberi tutti! arte e società in Italia. 1989-2001”. Mostra bellissima che prova a storicizzare quella generazione di artisti italiani. Non credi che potesse e dovesse essere ripresentata, tale e quale, in una sede anche nel centro e nel sud Italia, dato l’alto valore culturale che rappresentava e il messaggio che trasmetteva sull’arte italiana più in generale?

S.B.: «Assolutamente sì, ma sta alla lungimiranza dei curatori. Andrea Viliani al Madre non ha fatto nulla in quella direzione. Mentre Amnon Barzel al Centro Pecci oltre dieci anni prima aveva creato ottime proposte».

R.B.: Sempre a Torino si trovano il Castello di Rivoli e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Innegabile è stato, all’epoca, il loro contributo a sostegno dell’arte italiana degli anni ’90. Quale ruolo auspichi possano avere oggigiorno nel percorso di riscoperta e riscrittura di quegli anni?

S.B.: «Sicuramente possono presentare buoni progetti e creare proposte interessanti, tutto sta nel coraggio e nella trasparenza dei curatori».

R.B.: Nel 2015 lanciai una petizione per chiedere che il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia torni ai Giardini così da dare la meritata visibilità alla nostra Nazione e agli Artisti italiani a oggi gravemente penalizzati dall’aver visto ormai da diversi anni il nostro Paese cedere il suo storico/naturale Padiglione ai Giardini in cambio di una posizione defilata e logisticamente poco felice all’Arsenale. La proposta ti trova d’accordo?

S.B.: «Certamente, chissà perché c’è la tendenza ad essere sempre colonizzati anche a casa nostra».

Una vista della mostra LIBERTI TUTTI! Arte e società in Italia. 1989 – 2001 curata da Luca Beatrice e Cristiana Perrella al Museo Ettore Fico di Torino. 9 luglio 2015 – 18 ottobre 2015

R.B.: Pensi sia possibile in Italia tornare a parlare della produzione artistica degli anni Novanta, mettendo insieme i vari critici che negli anni ne hanno scritto e che sono stati letteralmente dei veri e propri compagni di strada di molti di quegli artisti?

S.B.: «A mio parere dovrebbero intervenire nuove forze critiche, più fresche e coraggiose nelle scelte».

R.B.: È possibile una riscoperta di Artisti meritevoli degli anni Novanta che ormai da decenni non sentiamo più ricordare, ma che all’epoca hanno creato Opere che per il loro valore storico-artistico sono ancor oggi attualissimo?

S.B.: «Forse non si può già intravedere una influenza così netta, certo che un artista come Stefano Arienti  meriterebbe ben più attenzione, ma Stefano è una persona modesta e riservata, mentre oggi come ieri ottengono più attenzioni quelli che fanno molto rumore».

R.B.: Quale sarebbe la sede ideale dove istituire un tavolo permanente sull’arte degli anni ‘90 e fare incontrare i critici che volessero accogliere questo invito?

S.B.: «Tutti i musei italiani che espongono arte contemporanea».

R.B.: Per finire nel 2025 festeggerai i quarant’anni della tua storica Galleria. Quali progetti e sogni per le tue nozze di smeraldo con l’arte contemporanea?

S.B.: «Spero di organizzare sempre mostre attuali e interessanti».

Roberto Brunelli
Roberto Brunelli
Forlivese, classe 1972, autore e critico d'arte. Annoverato tra i massimi esperti della generazione anni ‘60 italiana ai quali ha dedicato “Anninovanta 1990-2015. Un percorso nell'arte italiana” presente nelle collezioni di prestigiose biblioteche, università e musei in tutto il mondo. Coautore di “Investire in arte e collezionismo” per cui è stato intervistato su Radio 24 prima da Debora Rosciani e Nicoletta Carbone nella rubrica “Cuore e Denari” poi da Debora Rosciani e Mauro Meazza nel programma “Due di denari” e da Marina Minetti su Radio 101; e di “Chi colora Nanù?” inserito al Salone del Libro di Torino 2017 all'interno della mostra "Children's Books on Art" che documenta il meglio dei libri d'arte mondiali per ragazzi.Nel 2011 è stato tra i promotori di ShTArt - Manifesto del collezionismo 2.0 e della omonima mostra tenutasi a Milano dal 25 marzo al 15 aprile.Ha curato la Mostra Pentapoli a Roma presso la Galleria Montoro 12 dall'11 febbraio al 19 marzo 2016 e a Torino presso Giampiero Biasutti – Studio d'Arte per il '900 le Mostre MIA's Mid-career Italian Artists dal 2 novembre al 2 dicembre 2017 e Italia's National Treasure Artists dal 3 novembre al 11 dicembre 2018 entrambe con catalogo bilingue italiano/inglese.

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