Novembre si è aperto con una notizia piuttosto singolare per il mondo dell’arte, ma che credo possa essere oggetto di una riflessione su come funziona il mondo delle fiere in questo settore, anche nel nostro paese. La notizia è l‘annuncio, da parte di TEFAF di una nuova «politica di valutazione delle opere d’arte che interesserà tutte le sue fiere». TEFAF, per chi non lo sapesse, come tutte le fiere più importanti, è molto attenta alla qualità della sua proposta artistica. E oltre a selezionare le gallerie da far esporre nelle varie edizioni, valuta attentamente anche il livello delle opere che queste presentano nei loro stand. Tutto ciò con appositi comitati di “esperti” che passano tra i corridoi poco prima dell’apertura. Un meccanismo che troviamo anche in alcune delle nostre kermesse come, ad esempio, la Biennale dell’Antiquariato di Firenze. Almeno nell’ultima gestione. Ma veniamo a noi.
L’annuncio che una fiera decida di modificare la propria politica di valutazione, di fatto, non dovrebbe interessarci più di tanto. E invece… sì, perché se andiamo avanti nel leggere il comunicato stampa rilasciato dagli organizzatori esce allo scoperto un sistema di selezione ben noto agli addetti ai lavori, ma di cui si parla poco. Leggiamolo insieme: «Dopo una revisione delle problematiche legali relative all’esame delle opere, soprattutto in termini di governance e di responsabilità da parte degli esaminatori – scrivono dall’ufficio stampa -, gli advisor di TEFAF hanno suggerito che i comitati che valutano le opere siano composti di esperti con il minor interesse commerciale possibile nei confronti del mercato dell’arte. Il Comitato Esecutivo di TEFAF ha ponderato con attenzione questo suggerimento, stabilendo che i mercanti d’arte e gli esperti di case d’asta non saranno più membri votanti dei comitati preposti all’esame delle opere. Pertanto, all’interno di questi comitati potranno votare solo accademici, curatori, conservatori, scienziati della conservazione e ricercatori indipendenti».
Immaginando che il tremendo conflitto d’interesse sanato del Comitato Esecutivo non vi sia sfuggito, facciamo un passettino più avanti. Che una fiera punti sulla qualità dell’offerta e che operi una selezione per far accedere agli spazi espositivi solo le gallerie che rispettano determinati standard di affidabilità e competenza (ma anche di qualità) mi sembra sacrosanto. E di fatto è una cosa che avviene anche in altri settori. Pena: il mancato incontro tra domanda e offerta e il fallimento (o scadimento) dell’intera manifestazione. Ma una cosa che non si vede in nessun altro settore economico è invece il fatto che siano i tuoi diretti competitor a decidere se ammetterti o meno in fiera o, come nel caso di TEFAF, addirittura a decidere quali opere puoi esporre… beh… questo mi sembra leggermente folle. Chiaro esempio di un vero e proprio cortocircuito.
Ovviamente qui nessuno “cade dal pero”, come si suol dire. E quello appena descritto è un costume ben radicato in tutte le fiere, anche nelle nostrane, e ben noto a chi frequenta il mercato. Vi è mai capitato di chiedervi come mai ottime gallerie siano sempre presenti ad alcune kermesse “minori” e mai a quelle di punta del nostro Paese? Forse no, perché avrete attribuito la cosa ad una strategia di business precisa, e sicuramente in alcuni casi è così, ma non sempre. Non di rado, infatti, il mancato ingresso in una fiera da parte di una buona galleria è dettato da un certo lobbismo che caratterizza questo mondo e che fa sì che ad alcune manifestazioni accedano solo i membri di un mai nominato “cerchio magico”; una sorta di fratellanza di cui fanno parte anche i membri dei comitati di valutazione, tutti (o quasi) operatori di mercato e, quindi, in apertissimo conflitto d’interesse.
Conflitto che emerge in modo lampante se si scorrono gli elenchi dei membri dei comitati delle nostre fiere di punta dove salta subito all’occhio come gli operatori di mercato siano i padroni incontrastati delle selezioni, oltre ad essere tra gli espositori della stessa fiera dove sono chiamati a fare da valutatori: da Artissima (100%) a MiArt (100%) fino ad arrivare ad ArteFiera (100%).
Unica eccezione, tra le nostre fiere più importanti: ArtVerona (0%) che per la selezione si avvale di una Direzione Artistica e di un Comitato d’Indirizzo formato da esperti (docenti, curatori e collezionisti), a cui, in accordo con il Project Manager, è affidato il compito di scegliere ed invitare le gallerie. E considerando come è cresciuta questa fiera direi che un’alternativa al sistema vigente esiste. Ed è peraltro la stessa adottata nelle migliori fiere indipendenti.
Allora, considerando l’importanza che oggi questi eventi hanno sia per i collezionisti che per le stesse gallerie, l’auspicio non può essere che quello di una contaminazione dell’intero sistema da parte della rivoluzione silenziosa iniziata dagli stand di TEFAF (o forse dovrei dire dalle aule dei tribunali, visto che tutto nasce da “problematiche legali”), così da avere un panorama fieristico che punta sempre alla qualità, ma senza il rischio di veti legati ad interessi personali. Meglio che siano accademici, curatori, conservatori, collezionisti e ricercatori indipendenti a decidere se una galleria merita l’ammissione in fiera o meno, invece che il suo potenziale competitor che, per quanto persona seria, può sempre cadere in tentazione…