E’ con grande gioia ed emozione che posso finalmente dedicarmi a scrivere un articolo su un testo di fotografia che ho trovato da subito, sia per la conoscenza personale dell’autore come attento e puntiglioso uomo di studio, sia per la densità e ricchezza e poliedricità delle informazioni che immediatamente stuzzicano il lettore già dalle prime pagine di testo, come una fonte inesauribile di stimoli e riflessioni, di riferimenti e fonti su quello che è stato lo sviluppo della coscienza fotografica nel nostro paese.
E’ stato dato alle stampe per i tipi della casa editrice Libria nel marzo di quest’anno Il miele e l’argento. Storie di storia della fotografia in Italia di Pierangelo Cavanna; un testo corposo che era presente già da tempo sul sito internet dell’autore (www.pierangelocavanna.it), liberamente accessibile a chiunque e con una bibliografia sterminata di oltre 3000 voci che ancora a tutt’oggi si trova solo in rete raggiungibile anche tramite un QRcode a pag. 23 del testo.
Era mia intenzione già nell’anno passato dedicare attenzione a questo lavoro minuzioso, ma la forma digitale comportava una lettura assolutamente concentrata, con quaderno d’appunti accanto, un continuo annotare, un desiderio morboso di sottolineare, una difficoltà a tornare su passi già letti etc.
L’autore ci tiene più volte a ribadire che questo suo lavoro è in fieri, intendendolo non come un work in progress da rivedere o correggere, ma come elemento vivo che continua a nutrirsi dell’evoluzione del pensiero fotografico per cui quindi la forma cartacea pareva inutilmente limitativa e definitiva. E’ pur vero che la fluidità del mezzo informatico a me pare che mal si concili con l’impostazione quasi enciclopedica dello scritto.
Questo è un testo così denso, con una vocazione didattica ed esplicativa così forti che secondo me non poteva vivere appieno senza un’anima cartacea dove ognuno può segnare, colorare, annotare ogni intuizione che suscita la narrazione. Ci sono dei testi che ogni studioso o appassionato di fotografia deve avere nella propria libreria, questo è uno di quelli, imprescindibile perché salda in un unico luogo tutte le informazioni rintracciabili sulla nostra fotografia, non tanto sugli autori ma su come la società ha recepito e gestito questa presenza nella nostra storia e cultura.
Cavanna si concentra su cosa succede in Italia, dal punto di vista fotografico, dalla fine degli anni ’60 ad oggi; riporta nomi, date, autori, citazioni virgolettate con approccio stringente da testo scientifico; non solo dà nozioni, ma dà strumenti per risalire a come ha dedotto le sue visioni dell’evoluzione del pensiero fotografico in Italia.
L’autore vede nella seconda metà degli anni ’70, con il 1977, anno in cui vennero realizzate importanti mostre come Fotografi del Piemonte, Gli Alinari fotografi a Firenze e Roma dei fotografi e prima con la monografia dedicata a Michetti da Miraglia (1975) o la Storia sociale di Gilardi (1976) il primo slancio intenso che ha portato alla nascita della cultura fotografica italiana nel senso più proprio.
Infatti l’idea di Cavanna è che a fronte di una convinzione diffusa di una nozione frammentaria e locale della storiografia della fotografia in Italia, è invece presente uno sviluppo corale della percezione di quest’arte anche se per lungo tempo minato da un approccio troppo intellettualistico che negava l’importanza della tecnica, della produzione e del consumo di immagini, mentre oggi è chiaro che per lo storico della fotografia fonte e oggetto di studio coincidono.
Lo stesso Cavanna afferma che “I fototipi sono infatti oggetto di studio e fonte primaria di sé stessi, di cui è indispensabile conoscere e comprendere le condizioni storiche e culturali di produzione come di ricezione”. Nel testo viene perseguita una mappatura puntuale sia delle esperienze editoriali sul territorio nazionale (di piccolo o grande respiro) sia di iniziative fattuali sulla presa in carico di un patrimonio disperso e sommerso.
Vorrei aggiungere che questo riportare alla vita e alla fruizione pubblica è gran parte della vita professionale di Pierangelo Cavanna che a volte lo può portare a cadere in tecnicismi o distinguo che potrebbero allontanare il lettore, ma in realtà dietro ogni dato c’è una riflessione di ben più ampio respiro che illumina aspetti apparentemente noiosi della nostra cultura fotografica.