Remo Brindisi è una figura tutta da riscoprire. Pittore ben integrato nella scena del Dopoguerra, come presidente dell’istituzione Triennale di Milano ha avuto modo di tessere legami e amicizie con i più grandi nomi a lui contemporanei, italiani e stranieri.
Probabilmente grazie a questa fortuna ha potuto essere anche un grandissimo collezionista.
Lascito del suo periodo alla presidenza della Triennale, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, è una rarissima maquette de I bagni misteriosi di Giorgio De Chirico, la piscina-fontana edificata in quegli anni a decorazione del giardino antistante il palazzo milanese, nella bella cornice del Parco Sempione, ora esposta insieme al resto della corposa collezione nella sua Casa Museo di Lido di Spina.
Una corte centrale di forma cilindrica sovrastata un lucernario costituisce l’ambiente principale dell’abitazione/galleria progettata da Nanda Vigo. Lungo le curve pareti ornate da piastrelle bianche di questo spazio, corre con movimento elicoidale una rampa che conduce ai piani superiori, dove si trovano lo studio dell’artista – con il tavolo di lavoro incrostato dei colori ad olio ormai rinsecchiti -, e altri ambienti domestici.
Nei sotterranei, una bella tavernetta arredata in stile Piper Club dove, in altri, tempi, devono essersi svolte delle serate spassosissime.
L’edificio è poi circondato da un giardino che conduce direttamente alla spiaggia.
Sia l’interno che l’esterno dell’edificio pullulano di opere d’arte strepitose: dipinti di De Pisis, Savinio, Baj, ma anche di Segantini, sculture in cera di Medardo Rosso, sculture di Matta, Moore, ceramiche di Picasso, opere di Melotti. Sono solo alcuni dei nomi, perché la collezione è ricchissima è costituisce un piccolo ma esaustivo campionario dell’arte del ‘900.
Una piccola perla immersa in un territorio, quello del litorale ferrarese, che tra il borgo di Comacchio, l’Abbazia di Pomposa e il Bosco di Mesola è spesso sottovalutato dai più.
Ricordo sempre con curiosità un’opera in particolare di questo museo, il grande graffito su intonaco di Lucio Fontana che si trova nel vestibolo dell’edificio, appena prima di accedere all’ambiente centrale. I tagli di Lucio Fontana li conoscono anche i bambini, e questo forse è un punto a sfavore dell’artista, proprio perché quei tagli, a pensarci bene, “li potevo fare anch’io”.
In realtà la grande vena creativa dell’artista italo-argentino, l’ha portato a sperimentare, prima di molti e con grande duttilità, tecniche molto diverse dalla tela.
Il pannello di intonaco della Casa Museo di Lido di Spina, che si intitola Cavallo, è un’opera site-specific, eseguita per decorare un appartamento milanese poi demolito e ristrutturato, e che Brindisi salvò da un’asta di liquidazione nel 1973.
Il genere di opere di grande formato dal valore fortemente decorativo, eseguite da Fontana in ambienti domestici e commerciali, di cui fa parte anche la stele Pilastro dell’ormai ex Hotel Alpi di Bolzano (riconvertito ad altro uso nel 2011), che è stata “salvata” a sua volta grazie a un prodigioso intervento di restauro, attraverso il quale tutte le formelle di ceramica che costituivano la superficie dell’opera, sono state staccate, pulite, consolidate, e applicate a un supporto mobile differente. Un’opera che perde un po’ della sua essenza originaria, per acquisirne una nuova: oggi, infatti, dovrebbe ornare l’ambiente del ristorante della Fondazione Prada di Milano.