Le notizie corrono più veloci sui social network che in qualunque altro modo. E, infatti, ieri in tarda serata sul profilo Instagram della Fattoria di Celle, un laconico post, con un montaggio di video di Giuliano Gori in mezzo alle sue opere ne annunciava la morte: “Tutto parla di te”.
Quando qualcuno dalla forte personalità plasma un luogo a sua immagine, quel luogo è permeato da qualcosa di simile a quanto i romani avrebbero chiamato genius loci. La Fattoria di Celle, in provincia di Pistoia, è permeata dalla presenza del suo fondatore. Per certi versi, la storia di Giuliano Gori ricorda quella di Giulio Bargellini, imprenditore di Pieve di Cento e fondatore del Museo Magi 900, morto a settembre dell’anno scorso.
Imprenditori vecchio stampo, di quelli legati a un territorio di cui contribuiscono alla ricchezza e allo sviluppo. Nel caso di Gori, il territorio è quello della piana di Prato, capitale della lavorazione dei tessuti da secoli. “Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo”, diceva Curzio Malaparte, nato pratese da un padre tedesco giunto nella cittadina toscana proprio per fare fortuna coi tessuti.
Gori amava l’arte contemporanea ed ebbe l’occhio e il cuore di investire parte della sua ricchezza in essa. Nel 1970, si trasferì dalla città in una fattoria nella campagna pistoiese, quella che diventerà la Fattoria di Celle, appunto.
Qui, trasferisce la sua già corposa collezione e commissiona nuove opere e installazioni: Alberto Burri, Christo, Jean Michel Folon, Keith Haring, Anselm Kiefer, Joseph Kosuth, Marino Marini, Eliseo Mattiacci, Emilio Vedova, Mimmo Paladino.
Nel frattempo, rimane comunque legato alla vita pratese. Merito anche suo l’installazione della scultura di marmo di Henry Moore in piazza San Marco, merito anche suo la fondazione del Centro Pecci per l’arte contemporanea.
La collezione di Gori è diversa dalle altre perché naturalmente predisposta per essere immersa nel verde, nell’aria pulita e salubre della campagna. La Fattoria di Celle è nata come parco artistico e non lo è diventata in seguito a una forzatura. Questa è la grandezza e l’intuizione di Giuliano Gori, che ebbe prima di altri un’idea oggi molto replicata.
Bello il ricordo espresso da Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento in Santa Maria Novella a Firenze, sempre su Instagram: “Un pensiero per Giuliano Gori che ci ha lasciato da poche ore. La sua passione per l’arte il suo amore per la natura ne hanno fatto un esempio per tutti noi che già avvertiamo il vuoto lasciato con la sua morte. Dovunque si trovi adesso avrà desiderio di scoprire qualche forma d’arte inedita. Un pensiero alla sua famiglia con affetto e amicizia.”
Lo spirito di Gori rimane a Celle mentre la sua anima prende il volo sopra la campagna, i boschi, i rivi, in alto nel cielo, oltre la panchina di Luigi Mainolfi, Per quelli che volano.