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Quer pasticciaccio brutto de La Spezia

del

In un’Italia dove la cultura del contemporaneo stenta a diffondersi, questo proprio non ci voleva. Il caso di Daniel Buren a La Spezia sta prendendo, infatti,  sempre più i connotati della farsa all’italiana. Una farsa che rischia, però, di far fare al nostro paese una figura ancor più misera di quella che la mancata realizzazione del progetto dell’artista francese potrebbe causare.

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Piazza Giuseppe Verdi a La Spezia in una vecchia cartolina.

Il concorso che ha portato alla selezione del progetto di Buren  per la riqualificazione della spezzina piazza Verdi sembra, infatti, che abbia non pochi vizi di legittimità. Vizi, come spiega il giurista ambientale Marco Grondacci,  «non determinati solo da mancanze formali o procedurali ma, come si dice in gergo giuridico amministrativo, anche di merito e, quindi, espressione di importanti carenze istruttorie sia sul versante culturale, che su quello storico architettonico e  archeologico, per non parlare delle questioni relative all’uso improprio dei fondi europei». Su questa presunta illegittimità stanno ora indagando la Procura della Repubblica di La Spezia, la Procura della Repubblica di Genova, la Corte dei Conti, la Guardia di Finanza, la Commissione Europea e, al massimo a metà settembre, si dovrebbe conoscere il verdetto di quella che ormai è una discussione che va ben oltre la semplice divergenza estetica.

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Piazza Giuseppe Verdi oggi

In attesa dei risultati delle indagini, però, lo scenario che si sta delineando, e che Grondacci ben descrive sul suo blog (http://notedimarcogrondacci.blogspot.it), rischia di creare non poco imbarazzo al nostro Paese e, cosa ancor più grave, rischia di indebolire la causa dei difensori del contemporaneo che, come ha fatto Collezione da Tiffany (vedi post del 23 luglio), hanno appoggiato il progetto di riqualificazione di Piazza Verdi firmando e condividendo la petizione online lanciata dall’Architetto Alessandro Mendini.  Oltre 830 firme tra le quali compaiono i nomi anche di importanti personalità del mondo dell’arte e della cultura come quelli di Renato Barilli, Bruno Corà, Maurizio Calvesi, Anish Kapoor, Jannis Kounellis, Jean Nouvel e Hans Ulrich Obrist, tanto per citare quelli noti anche al grande pubblico. E in difesa del progetto si sono schierate anche importanti testate d’arte e quotidiani come Liberation o La Repubblica.

La "nuova" Piazza Giuseppe Verdi immaginata da Daniel Buren nel progetto vincitore del concorso indetto dal Comune di La Spezia.
La “nuova” Piazza Giuseppe Verdi immaginata da Daniel Buren nel progetto vincitore del concorso indetto dal Comune di La Spezia.

Se i sospetti di illegittimità dovessero rivelarsi fondati, infatti, sarebbe un brutto colpo per l’immagine di un’Italia ormai fin troppo nota come paese dei “furbetti” e che è agli ultimi posti in Europa per capacità di gestione dei fondi comunitari e per la qualità dei progetti finanziati. Ma sarebbe un colpo ancor più brutto per lo sviluppo del nostro Paese, che ha un bisogno estremo di riprendere a guardare al futuro, di far dialogare il suo glorioso passato con l’oggi e con il domani, di crescere e di ritrovare il suo ruolo (anche culturale) in questo XXI secolo che non è proprio iniziato benissimo.  Se, invece, il verdetto sarà positivo, i contrari al progetto dovranno farsene una ragione e magari scoprire che la nuova Piazza Verdi non è poi così male e che può anche rappresentare una risorsa economica da sfruttare sul fronte del turismo.

Una cosa è certa, però: vada come vada, a tutti noi rimarrà l’amaro in bocca per l’ennesimo esempio dell’incapacità della nostra politica di gestire tutto ciò che è arte o cultura (salvo quando si tratta di far tagli): il progetto di Piazza Verdi, infatti, è per prima cosa un progetto per La Spezia e i suoi abitanti, e solo secondariamente un possibile fiore all’occhiello per il nostro Paese. Questo è un aspetto che abbiamo tutti trascurato ma che è fondamentale. L’Amministrazione comunale di La Spezia ha preferito non dialogare con la popolazione ma ha voluto imporre la sua idea che, di fatto, trova oggi la più forte delle resistenze anche da parte di chi non è, in modo prevenuto, avverso al contemporaneo.

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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