Ci risiamo. Dopo la querelle infinita per la loggia di Arata Isozaki a Firenze, l’Italia torna a far notizia per la sua miopia sul fronte del contemporaneo. Per salvare 10 pini, la Sovrintendenza si rimangia il via libera al progetto di Daniel Buren per la riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Giuseppe Verdi a La Spezia. Progetto vincitore di un regolare concorso e che vede, al fianco dell’artista francese gli architetti Giannantonio Vannetti (capogruppo), Christian Baglioni, Elena Ciappi, Claudio Dini, Franca Cecilia Franchi.
Eppure, solo quattro mesi fa (15 aprile, ndr), la stessa Sovrintendenza aveva dato il suo ok all’inizio dei lavori giudicando i 10 alberi che oggi fanno da spartitraffico nella piazza spezzina, «elementi di alterazione del disegno architettonico originario cui non può essere riconosciuto in sé alcuna valore storico artistico» e «spartitraffico fittizio, nel quale l’accrescimento dei pini marittimi ha del tutto occluso la visione della piazza, nonché la percezione dell’entrata principale dell’arsenale volgendo lo sguardo a ovest e della viabilità a nastro continuo volgendo lo sguardo a est». Ma allora cosa è successo? E’ mai possibile che nel nostro paese basti il tweet di un ministro (Bray) e lo sbraitio dissennato di un critico non informato dei fatti (il solito Vittorio Sgarbi) per bloccare un progetto di riqualificazione urbana di indubbio valore? Sembra di sì ma, fortunatamente, c’è chi non ci sta: l’architetto Alessandro Mendini che in questi giorni ha lanciato una petizione online per salvare il progetto di Buren e, con esso, il futuro di Piazza Verdi.
«Sono stato Presidente della giuria del concorso per la riqualificazione di Piazza Giuseppe Verdi a La Spezia – scrive nella sua lettera aperta l’architetto – Ho creduto in questo concorso davvero pulito. Un concorso intelligente, valido, onesto e attuale, per rinnovare una piazza vittima del traffico e in totale disfacimento. Abbiamo dato un primo premio meritato, un esito del concorso di rara qualità estetica e urbana. Una icona nuova, un possibile vanto per la città di La Spezia. Invece no. Vedo ora tutto rimesso in discussione. La Soprintendenza si rimangia il proprio assenso, il Ministro svolge una scorretta interferenza, Vittorio Sgarbi spara raffiche isteriche, approssimative e sbagliate su un tema che gli è sconosciuto. E poi gruppetti di cittadini retrodatati istigati a negare un lavoro lungo, meticoloso e molto pensato. Complimenti a tutti. Ma che tristezza. O meglio che squallore».
Uno squallore costoso, peraltro, che porta via dalle casse comunali 2000 euro al giorno e che rischia di far volar via il finanziamento europeo POR-FESR 2008-2013 che si chiude il 31 dicembre 2014. E se per un attimo state pensando che, in fondo, si può trattare di un caso di difesa del verde pubblico vi sbagliate di grosso. L’intervento di Buren prevede, infatti, il taglio dei 10 pini e la creazione di un aranceto con 75 aranci salvando e curando quelli esistenti; realizzando complessivamente la piantumazione di 40 alberi in più degli esistenti e 480 metri di nuovi siepi fiorite. E questo con buona pace del Ministro Bray che il 19 giugno scorso ha convocato a Roma il Sindaco di La Spezia chiedendo verbalmente una soluzione condivisa che contempli il mantenimento dei pini, anche se incompatibili col progetto.
Per risparmiare al nostro Paese una nuova figuraccia a livello internazionale, evitare il solito pasticciaccio all’italiana, salvaguardare il denaro pubblico ed eliminare gli ostacoli ideologici che stanno bloccando il progetto di Daniel Buren a lavori già avviati, Collezione da Tiffany non può che unirsi all’appello dell’architetto Mendini e chiedervi di firmare la petizione online e di far girare questo appello: