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Underdog Collection: 4 anime, un’unica collezione

del

Quella di oggi è la storia di un’amicizia nata fra gli stand di una fiera e da lì proseguita di mostra in mostra, nelle gallerie e nelle sale dei tanti musei che questi 4 amici hanno visitato insieme, fino a sentire il bisogno di vivere all’unisono anche l’avventura del collezionismo, portandolo dalla dimensione individuale a una condivisa e più aperta.

Vi presento tutte le voci di Underdog Collection!

 

Alice Traforti: Siete 4 amici accomunati dalla passione per l’arte, con bagagli culturali e lavori diversi, immersi in territori e situazioni diverse. Mi raccontate come ciascuno di voi si è avvicinato all’arte contemporanea, fino a collezionarla?

 

Bruno: «Non ho un vero e proprio retaggio “artistico” in famiglia, per cui la mia passione per l’arte contemporanea è cresciuta nel tempo, visitando musei in giro per l’Italia e l’Europa. La scintilla che mi ha spinto invece a collezionarla è scattata grazie a due giovani artiste: Tschabalala Self con la sua capacità di rappresentare con grande potenza il contesto socioculturale di oggi, e Rachel Rossin con l’abilità di guardare al futuro prossimo utilizzando un medium inedito e nuovo, ossia la realtà virtuale».

Alessandro: «La mia passione per l’arte è nata per caso. Mia mamma ha acquistato casa e all’interno erano presenti delle opere d’arte. La mia curiosità mi ha spinto a cercare sul web notizie su questi artisti e nel farlo mi sono accorto che erano perfetti sconosciuti. Nel frattempo, ho iniziato a seguire anche le televendite, rimanendo affascinato da Carlo Vanoni: grande divulgatore ed esperto d’arte. Ricordo ancora una sua frase tanto semplice quanto saggia: “viaggiate e visitate musei, fiere, gallerie e leggete libri di arte”. Così dopo il mio primo incauto acquisto, dopo solo 6 mesi che seguivo l’arte (un italiano che faceva street art), ho smesso di collezionare opere per i 3 anni successivi e mi sono dedicato allo studio, visitando anche innumerevoli mostre in gallerie e musei. In breve tempo mi sono accorto che l’arte stava diventando una grande passione fino a diventare qualcosa di totalizzante».

A sinistra: Ser Serpas – untitled -oil on wood; a destra: Paul Czerlitzki – Fleshout – acrylic, acrylic gel, interference pigment, dust and varnish on canvas;

Tony: «Sin da piccolo sono stato attratto dagli oggetti d’arte, in particolar modo dai tappeti orientali. La passione verso l’arte contemporanea è iniziata ufficialmente nel 2011 grazie ad un collega di lavoro che mi ha mostrato alcune opere che lui aveva iniziato a collezionare da qualche anno. Da quel momento in poi il seme del collezionismo è germogliato e ho iniziato ad acquistare alcuni artisti storicizzati (Paul Jenkins e Giorgio Griffa tra i più importanti, preceduti dal mio primo acquisto: il grande artista italiano Concetto Pozzati). Poi, col tempo ho virato verso i giovani artisti internazionali grazie alla condivisione di questa passione con un attento ed esperto collezionista italiano. Nel collezionare sono spinto dalla voglia di scoprire sempre qualcosa di nuovo, di superare i miei limiti comprensivi e di circondarmi di quelle che possiamo considerare testimonianze artistiche dei nostri tempi».

Fabio: «La mia passione per l’arte contemporanea nasce, incredibilmente, dal nulla. La materia “Educazione Artistica” al Liceo Scientifico non era ostica o sgradevole, ma non mi procurava alcuna attrazione. Mi lasciava abbastanza indifferente. Per anni la parola arte non ha trovato spazio tra i miei interessi. Poi la nuova casa in cui mi sono trasferito mi ha posto di fronte al problema di abbellire le pareti tutte bianche.

Tra la scelta di una stampa seriale tipo Ikea e qualcosa di originale ho scelto la seconda via e per la prima volta ho messo piede in una galleria d’arte della mia città alla ricerca di un dipinto poco costoso, ma che mi piacesse.

Quel primo dipinto, preso in una galleria che non esiste più, di un artista che non fa più l’artista da tempo, ha fatto divampare l’interesse per l’arte come una fiamma, moltiplicandosi nelle decine di migliaia di opere d’arte che avrei visto negli anni successivi frequentando musei, gallerie, fiere, mostre, istituzioni.»

da destra: Simphiwe Ndzube – Untitled, (Swing V) – acrylic on canvas; Shadi Al-Atallah – No shoelaces, razors or headphones – Mixed media on unstretched canvas; Nelly Guambe – Self Portrait – acrylic on canvas; Shepard Fairey – Radical Kinship Limited and Numbered ed of 400 signed by Shepard Fairey and Father Greg Boyle – Screenprint on cream Speckletone paper; Jonathan Lyndon Chase – Back to Back – acrylic on canvas;

 

A.T.: Che cos’è e come è nata Underdog Collection?

 

Bruno: «La nostra è una collezione d’arte un po’ sui generis: quattro amici che hanno deciso di unire gli intenti e le forze per traghettare le loro collezioni private in un’unica collezione condivisa, che racchiude sia opere d’arte private sia opere acquisite in condivisione.

Underdog Collection nasce quindi con l’idea di portare le nostre individuali collezioni ad un livello più alto, cosa che altrimenti non avremmo forse mai raggiunto da soli.

L’idea è nata subito dopo avere ottenuto il primo piccolo riconoscimento di merito a novembre 2018, ovvero quando la curatrice e studiosa dei fenomeni del collezionismo Marianna Agliottone, diventata poi una cara amica, ci contattò per un’intervista su IlSole24ore.

Bronwyn Katz – Myne – mild metal, stainless steel

Motivati da questa intervista, ci sembrò quasi un’evoluzione naturale iniziare a discutere con convinzione se le nostre singole collezioni private potessero trovare la strada di una collezione unica e condivisa. Il passo successivo è stato fulmineo tanto che solo pochi giorni dopo acquistammo il dominio internet di quello che è oggi il nostro sito. La meraviglia è stata che abbiamo fatto tutto da soli: notti insonni a capire come creare e dare forma a un sito. Un mare di idee che si accavallavano una sull’altra e che hanno fatto sì che quello che avevamo in mente trovasse la sua realizzazione anche sul sito internet. Ricordiamo tutti quei giorni come giorni intensi e bellissimi.

Ora che la collezione esiste ed inizia a farsi conoscere, il nostro prossimo obiettivo è quella di renderla fruibile non sono su internet, ma di tentare di organizzare mostre in spazi espositivi o istituzioni così da fare quello che ci appassiona di più: promuovere gli artisti che collezioniamo e che godono da parte nostra di una stima e di un amore senza condizioni».

 

A.T.: Perché il nome Underdog Collection?

 

Fabio: «Il nome Underdog credo ci descriva bene, in un certo senso. Avevamo cercato un nome da dare alla collezione che mettesse insieme le iniziali dei nomi o dei cognomi di ciascuno di noi, ma con risultati abbastanza comici. Poi a me è venuta l’idea di utilizzare un termine inglese, che nasce dallo sport e descrive quel partecipante che sulla carta parte da sfavorito: un perdente designato che poi, talvolta, a sorpresa, vince. Essere sfavoriti è un po’ come sfidare le probabilità!

Noi siamo un po’ così, non perché ci sentiamo perdenti, anzi, ma perché in un mondo dell’arte che talvolta pare essere un circolo esclusivo e autoreferenziale per addetti ai lavori muniti di finanze generose, noi abbiamo dovuto triplicare le forze e inventarci un modo tutto nostro di stare a pieno titolo e con dignità in questo mondo».

da sinistra: Jonathan Lyndon Chase – 5 Triangles – acrylic on canvas; Maxwell Alexandre – Untitled – latex, grease, henna, bitumen, dye, acrylic, vinyl, graphite, ballpoint pen, coal and oily stick on brown paper; Shadi Al-Atallah – My mother’s second was a stillborn – Mixed media on unstretched canvas;

 

A.T. Come si svolge il processo decisionale che precede ogni vostro acquisto? Immagino che ci sia molta affinità, ma anche qualche immancabile divergenza.

 

Underdogcollection: «Ti facciamo una sintesi di come siamo o crediamo di essere: Fabio ama la bellezza, senza discussione e compromessi. Forse dei quattro è quello che maggiormente riesce ad intravvedere in ragazzi giovanissimi una scintilla di talento che poi, in diverse occasioni è divampata. Fabio è anche colui che riesce a stringere un legame più stretto con gli artisti. Ma questo, forse, perché è l’unico che parla e scrive in un inglese accettabile.

Alessandro è quello che definiremmo lo “studioso”, il topo di biblioteca (o il topo di internet), l’enciclopedia vivente. Lui può dirti di ogni artista dove e quando ha esposto, insieme a chi, chi ne ha parlato, quali erano le opere esposte e cosa si è detto di lui. È sempre instancabilmente alla ricerca di informazioni. Chissà che non sia perché è un dipendente pubblico e ha più tempo degli altri.

Anna-sophie Berger – Grace – steel, coals

Bruno ama le idee che si nascondono dietro le opere, sa guardare ai nuovi medium con grande interesse e grandi intuizioni. Forse è il collezionista con meno sovrastrutture di tutti. Ma è anche quello più punzecchiato dagli altri per questa sua inclinazione verso l’inusuale.

Tony è il più silenzioso, il meno impulsivo, ma anche straordinariamente appassionato. Per prenderlo in giro gli diciamo che è anche il più fortunato. Perché ogni qual volta decide di comprare un artista, improvvisamente questo artista inizia ad essere incluso in mostre interessanti, a vincere premi o ad ottenere prestigiosi riconoscimenti. Forse Tony è un po’ la sintesi degli altri tre.

Come puoi intuire, quindi, siamo quattro anime differenti, ma che sono generose nello spendersi per gli altri. E quindi ogni acquisto è frutto di estenuanti pareri, suggerimenti, suggestioni, asprissime critiche fatte all’alba così come a notte fonda. Il motore del nostro gruppo, WhatsApp, è sempre a pieni giri 24 ore su 24. Dalla sintesi di tutti questi stimoli nascono le nostre scelte di acquisizione».

 

A.T.: Come è composta la collezione?

 

Alessandro: «La collezione è composta principalmente da artisti giovanissimi, nati per la maggior parte tra 1986 e il 1994 provenienti dagli Stati Uniti, dal Sudafrica, dall’Europa ed ultimamente dal Brasile.

Il lato più interessante, senza dubbio, è che questi artisti sono stati acquistati nella maggior parte dei casi alle prime mostre in piccole gallerie, mentre adesso li ritroviamo dall’essere perfetti sconosciuti ad essere protagonisti in musei importanti (Tschabalala Self, Jonathan Lyndon Chase, Simphiwe Ndzube, Bronwyn Katz, Alex Da Corte, Jacolby Satterwhite, ecc).

Siamo comunque quattro collezionisti ed abbiamo differenti attrazioni. Io e Fabio privilegiamo sicuramente la pittura di artisti giovanissimi, Bruno è attratto da new media e dall’arte concettuale, mentre Tony ha un occhio di riguardo particolare per la  scultura, sebbene tenda a privilegiare artisti con già qualche passaggio museale alle spalle».

Mulambo – Mais uma filha de Ana. Mais um filho de Maria – tempera on cardboard and metal wire (diptych)

 

A.T.: Volete raccontarci qualche aneddoto legato ai vostri acquisti?

 

Fabio: «L’aneddoto più divertente e interessante, e che in un certo senso racconta anche come scopriamo gli artisti e come ne acquistiamo i primissimi lavori, riguarda l’artista di punta della nostra collezione: Tschabalala Self. Torniamo indietro al 2015, quando lei consegue il MFA a Yale. Noi seguiamo spesso artisti che si devono ancora laureare e lei era tra quelli.

Un suo compagno di corso, che qualcuno sostiene essere stato un suo fidanzato, aveva da poche settimane messo in piedi una galleria d’arte a Berlino proponendo lavori di 3 artisti, tra i quali Tschabalala Self. Ad eccezione di due lavori su tela non più disponibili (ora nella collezione dell’Hammer Museum di Los Angeles), le carte, molto belle, erano in vendita ad un prezzo davvero ridicolo (poche centinaia di dollari) se pensiamo ai valori che oggi hanno le sue opere.

All’epoca, però, lei era un’artista sconosciuta e appena laureata, e pertanto abbiamo temporeggiato un po’ prima di decidere di acquistare i suoi lavori. Quando abbiamo finalmente detto “sì, compriamola”, ci siamo accorti che la pseudo galleria aveva chiuso i battenti e nel frattempo il gallerista si era trasferito a Bangkok, portando con sé tutti i lavori.

Alessandro nel frattempo si trovava in vacanza a Singapore e io cercavo di convincerlo ad andare di persona a vedere i lavori a Bangkok, ma ovviamente non era possibile. Eravamo sul punto di rinunciare vista l’assurdità della situazione, quando poi abbiamo rischiato e portato a buon fine l’acquisizione di 3 carte di medio grandi dimensioni».

Tschabalala Self – Origins of the New World – Oil and acrylic on paper

 

A.T.: Che cosa vi ha lasciato come collezionisti questo strano momento di consapevolezza obbligatoria durante l’emergenza sanitaria da Covid-19?

 

Tony: «Il Coronavirus ha rappresentato una tragedia umana, sociale ed economica. Lavorando nel campo finanziario ho vissuto giorni molto intensi in cui il panico sui mercati finanziari è andato di pari passo con il buio generato dal non conoscere a cosa avrebbe portato la diffusione della pandemia.

Il ricordo di quei giorni è legato alla riscoperta del senso di protezione che abbiamo avuto stando nelle nostre case insieme ai nostri familiari.

La passione per l’arte mi ha accompagnato anche in quei giorni, è stata da stimolo per superare tante giornate difficili. Raccontavo un giorno ai miei amici di come sia stato bello, in alcuni momenti particolari, staccare lo sguardo dal computer e vedersi circondato di opere che mi hanno portato alla mente le singole storie di acquisizione.

da sinistra: Guglielmo Castelli – Pound of flash – oil on canvas; Lili Reynaud Dewar – Small tragic opera of images and bodies in the museum – glass;

Perché il bello della nostra passione è che ogni acquisizione è una storia a sé ed è sempre legata in maniera indissolubile a eventi della nostra vita.

Con Bruno, Fabio e Alessandro sono rimasto sempre in contatto e sentirne costantemente la vicinanza è stato un balsamo.

Come collezionista, ho sentito ancora più forte l’urgenza di circondarmi di bellezza e di emozioni, e infatti posso dire a pieno titolo che in questo periodo le nostre nuove acquisizioni hanno avuto un’accelerata incredibile in termini di qualità e quantità rispetto al passato».

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