Dopo Hiscox, anche TEFAF pubblica un rapporto dedicato al mercato dell’arte online: l’Art Market Report: Online Focus che conferma la leadership delle case d’asta internazionali nel campo dell’e-commerce e dell’engagement online e mette in evidenza come il 36% delle gallerie d’arte, invece, sia ancora riluttante a vendere online le proprie opere. Mostrandoci il ritratto di un mercato dell’arte a due velocità, dove il mondo delle aste è stato il più reattivo nel cogliere le opportunità dell’online e quello delle gallerie – in costante difficoltà economica – che sembra in una situazione di impasse tecnologica ma, soprattutto, vittima di se stesse e di logiche che, forse, hanno fatto il loro tempo.
Art market online: lo scenario
Presentato il 29 giugno scorso a Londra, durante la colazione organizzata per la Community dei Galleristi TEFAF, il documento redatto dalla professoressa Rachel Pownall conferma i trend già emersi da The Hiscox Online Art Trade Report 2017 con un mercato online dell’arte che vale oggi più di 3 miliardi di dollari e una crescita costante che riguarda, in primo luogo le fasce di prezzo più basse, che attirano nuovi acquirenti. Mentre la crescita ai piani alti del mercato rimane limitata da fattori legati a fiducia e trasparenza, che però potrebbero essere oltrepassati dalle nuove tecnologie come quelle legate alla cosiddetta blockchain che, come spiega sul suo sito la torinese Reply, «registra e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando in definitiva la necessità di terze parti “fidate”». (Leggi -> Art Market online: se la leadership è di Christie’s & Co)
Protagonista di questo mercato dell’arte 2.0 e del suo futuro, ovviamente, i giovani collezionisti e i millennials che ormai si affidano al digitale per organizzare le proprie vite e che sono del tutto a loro agio nell’acquistare online anche opere d’arte e beni di lusso. E confermato è anche il ruolo di primo piano che oggi hanno i social network, strumenti ormai fondamentali nella vita di ogni giorno per farsi conoscere, costruire e mantenere relazioni. Fin qui lo scenario conosciuto e di cui abbiamo parlato più volte. Ma la parte più interessate, anche perché più difficile da indagare, è certamente quella relativa alle gallerie d’arte ed è su questa che ci concentreremo nella nostra lettura della prima edizione dell’Art Market Report: Online Focus di TEFAF.
I vantaggi ci sono per aste e gallerie…
Basterebbero quelle due parole chiave – “giovani collezionisti” e “millennials” – per capire l’importanza che un uso strategico delle nuove tecnologie ha, e continuerà ad avere, nel futuro del commercio dell’arte e non solo. Se una volta, infatti, bastavano un telefono ed un fax, ormai da un paio di decenni è indispensabile usare bene la posta elettronica e l’e-mail marketing per fare business. Strumenti a cui si sono aggiunti, in tempi più recenti, l’e-commerce e il social media marketing. Ossia tutti quei canali di vendita e di comunicazione che le case d’asta hanno imparato ad usare bene, sia sviluppando proprie piattaforme che utilizzando quelle di terzi, per rivolgersi a nuovi acquirenti e collezionisti. Un trend, questo, destinato solamente ad accelerare, ma che i galleristi sembrano ancora guardare con sospetto.
Anche solo rimanendo in Italia, tanto per fare un esempio, l’online è quello che permette alle nostre case di tener testa, almeno entro certi limiti, alle grandi major (Christie’s e Sotheby’s) come raccontava tempo fa Jacopo Antolini, esperto di arte moderna e contemporanea e consulente di Pandolfini, al Sole24Ore. Lascia perplessi allora, scoprire dall’AMR Online Focus di TEFAF che proprio i mercanti d’arte sono coloro che mostrano più lentezza nell’adattarsi alla nuova tecnologia. Dallo studio della professoressa Pownall emerge come il 36% di loro operi ancora del tutto offline e che il 20% delle gallerie non intende affacciarsi sul web. Considerando lo stato di salute della maggior parte delle gallerie d’arte, verrebbe da citare il buon Nanni Moretti quando in Bianca pronuncia la famosa frase “Continuiamo così. Facciamoci del male” (Leggi ->Gallerie d’arte: che fatica restare a galla!)
Eppure, anche se il mercato delle vendite online d’arte e antiquariato è attualmente piccolo (attorno al miliardo di dollari, ndr), la crescita di questo canale di vendita per i galleristi, come riportato già nel TEFAF Art Market Report 2017, pubblicato a marzo durante TEFAF Maastricht, è stata del +18,8%, il che significa che le vendite online sono comunque in espansione benché il coinvolgimento generale sia ancora basso. Come mai, allora, tanta riluttanza ad investire in un canale che ha il potere di far crescere gli affari?
…ma il 36% dei galleristi preferisce l’opacità offline
Ampliare la propria base-clienti (83%) e generare nuovi guadagni (50%) sono i motivi principali che spingono gallerie e case d’asta ad abbracciare l’online. E se tante sono le motivazioni che rendono diverso il mercato online del’arte da quello di altri beni di consumo più standardizzati, i vantaggi sembrano innegabili. Se infatti andiamo a vedere quali sono, tra i vari canali di vendita esistenti, quelli che secondo i galleristi intervistati faranno registrare la maggior crescita in termini di transazioni nei prossimi anni, non ci sono infatti dubbi: al 1° posto troviamo l’online (67%) – si tramite il proprio sito che attraverso piattaforme e-commerce -, seguito dalle fiere internazionali (59%). Perché, allora, quasi il 40% delle gallerie dice no a questa rivoluzione?
Una domanda chiave questa, che la redattrice del report non ha mancato di porre alle gallerie “no online”. E se il 50% di loro ha risposto che scarsi ricavi e mancate vendite dirette sono il primo motivo. Al secondo posto viene tirato in causa, invece, il fattore “fiducia”. E questo non meraviglia, visto che il mercato dell’arte, come sappiamo tutti, è caratterizzato da una fortissima asimmetria informativa, in cui la “conoscenza” è in mano a pochi. Uno mondo che, inevitabilmente, si regge su un network di rapporti personali, di esperti e consulenti, e in cui la scarsa trasparenza è considerata ancora un bene prezioso dagli operatori, in barba ad ogni forma di sharing economy.
La “democratizzazione” che il web ha prodotto anche nel mondo dell’arte rischia, però, di mettere in crisi questo sistema di “potere” di cui anche il rapporto di TEFAF conferma la fortissima riluttanza o quando meno esitazione a condividere dati di vendita e informazioni con terze parti. Tanto che la mancata volontà di condivisione arriva ancora prima che non la mancanza di conoscenze tecniche o il tempo eccessivo che può richiedere la gestione di un canale di vendita online. Una riluttanza, verrebbe da dire, che affligge però anche chi online è presente, considerando che al di là dell’immagine delle opere, la maggior parte delle gallerie non dà molte informazioni aggiuntive. Basta dare un’occhiata a piattaforme come Artsy per rendersene conto.