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Ironia della sorte: l’arte, la politica e il mercato che sarà

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C’è qualcosa di ironico se guardiamo alla storia dell’arte contemporanea: per lungo tempo, gli artisti più importanti dell’arte contemporanea, rifiutando il “sistema” e quindi il mercato, hanno proclamato l’esigenza di interrompere la tradizione che voleva l’arte come elemento avulso dalla vita di tutti i giorni, proclamando la produzione di un’Arte fuori dai musei e dalle gallerie per recuperare il contatto con il mondo. Se pensiamo che, a parte alcune opere di land, public o relational art, questo intento è stato raggiunto soltanto attraverso la recente ascesa della street-art, allora possiamo affermare che sia stato proprio quel “mercato”, quel “sistema” ad aver connesso l’arte contemporanea con il mondo. Fin dalla sua nascita.

Malgrado l’arte contemporanea non abbia una datazione precisa e le case d’asta preferiscano la dicitura “post-war”; secondo alcuni autori l’inizio dell’arte contemporanea potrebbe essere datata con una vicenda di “mercato”, vale a dire la controversia doganale e fiscale legata alle opere di Constantin Brancusi. Lo stato di New York, infatti, aveva due aliquote per l’importazione di beni, favorendo fiscalmente quella legata alle opere d’arte; gli assistenti doganali, tuttavia, non riconobbero nelle statue di Brancusi lo status di opera d’arte, e la controversia finì in tribunale. Secondo chi sostiene questa opinione, fu la sentenza del giudice a decretare la nascita dell’arte contemporanea: «Non sta a me stabilire se questa sia o meno arte, e per quanto non la condivida, non posso affermare che non lo sia».

Oggi, dopo un decennio in cui l’arte ha conosciuto una grandissima componente finanziaria, il filo che lega l’arte contemporanea al mondo e al mercato è talmente robusto che, secondo l’ArtTactic Forecast 2017, un indicatore di politica economica influenza le aspettative che esperti e collezionisti hanno sull’andamento che il mercato dell’arte contemporanea mostrerà nei prossimi mesi. Come riportato sulle pagine di Collezione da Tiffany, «con le elezioni in arrivo in Francia, Germania e Paesi Bassi, la paura di una rottura della zona euro potrebbe ripercuotersi sul mercato, se qualcuno di questi candidati populisti dovesse vincere». (Leggi -> Outlook 2017: ripresa incerta per il mercato globale dell’arte)

Perché, di fatto, l’ipotesi un’Europa post-unitaria incrementa moltissimo l’incertezza del mercato e non è possibile stabilire, ex-ante, quali operatori agiranno sull’onda dell’entusiasmo e quali invece avranno atteggiamenti più pessimistici. Molti diranno che questo contatto però non è tra l’arte e il mondo, ma semplicemente tra il mercato finanziario dell’arte e il resto del mercato finanziario. Sarebbe inesatto. Guardiamo ad esempio alle aspettative globali per il mercato dell’arte contemporanea:

Stime del mercato dell'arte contemporanea. Fonte: ArtTactic Forecaster Survey 2017
Stime del mercato dell’arte contemporanea. Fonte: ArtTactic Forecaster Survey 2017

Come emerge dal grafico, degna di particolare attenzione è la variazione delle aspettative negative legate al mercato per l’anno corrente, che nel 2016 si attestavano al 16% (vale a dire che per il 16% dei partecipanti alla ricerca, il mercato nel 2016 avrebbe conosciuto un andamento negativo) mentre per il 2017 questo dato è dimezzato (8%).

Nei mercati finanziari (dove la relazione tra pensiero e azione è molto più evidente) una diminuzione così forte delle aspettative negative comporta una serie di atteggiamenti di mercato rilevanti. Facciamo un esempio: pensando all’andamento di un titolo in borsa, una riduzione delle aspettative negative comporta una riduzione delle vendite del titolo da parte di chi lo possiede, perché è convinto che quel titolo tenderà a crescere nel breve-medio periodo. Ovviamente è un esempio un po’ scolastico e molto semplicistico, ma il concetto è che, evidentemente, se meno persone credono che il mercato peggiorerà, meno persone saranno inclini a vendere le opere di cui sono eventualmente in possesso, e saranno invece più inclini a tenerle (visione neutra) o ad acquistarne di nuove (visione ottimista).

Andando più nel dettaglio, le aspettative per il 2017 si mostrano più positive per le opere il cui valore ricade al di sotto del milione di dollari e, al lato opposto, il 56% degli intervistati ha mostrato un’aspettativa positiva per il comparto delle opere sotto i 10.000 dollari.

Stime del mercato dell'arte contemporanea; divisione per fasce di prezzo. Fonte: ArtTactic Forecaster Survey 2017
Stime del mercato dell’arte contemporanea; divisione per fasce di prezzo. Fonte: ArtTactic Forecaster Survey 2017

Questa, dal punto di vista di mercato, è una visione estremamente positiva: le opere sotto i 10.000$ sono opere principalmente di artisti emergenti o legate ad un medium espressivo i cui valori medi sono più bassi rispetto agli altri (fotografia, videoarte). Questo significa che nel 2017, è opinione comune che i collezionisti mostreranno una particolare attenzione per i giovani artisti e che, quindi, ci sarà la possibilità di inserire nuovi player all’interno del settore, con possibile conseguenza di espansione del mercato del suo insieme.

D’altro canto, inoltre, i collezionisti attenti ai giovani lo sono o perché hanno una forte inclinazione per le nuove forme espressive o per vincoli di bilancio, sia in termini assoluti (non tutti hanno la possibilità di acquistare opere con valore superiore a 100.000$ o addirittura ad un milione) sia in termini relativi (chi acquista per la prima volta un’opera è spesso portato ad acquistare opere non troppo impegnative dal punto di vista finanziario). Questo lascerebbe dedurre, anche se questi dati sono pochi per poterne trarre delle conclusioni scientifiche, che la percezione degli intervistati è che ci sia un aumento sia di giovani artisti, sia di giovani collezionisti.

Dopo la crisi finanziaria dell’arte del 2016 (più proclamata che reale, probabilmente), quest’anno mostra delle aspettative davvero interessanti. Non solo la crescita, ma anche le modalità con cui tale crescita è prevista, risultano essere molto positive. Non resta che arrivare al 2018 per fare un confronto tra la stima e la realtà, tra l’aspettativa e l’andamento reale. Queste indicazioni però sono importanti: da questi dati si può immaginare una serie di azioni concrete che gli operatori del mercato potrebbero porre in essere proprio per facilitare questo fenomeno. Il valore dei report è quello: indicare un andamento potenziale del mercato e permettere agli operatori di impostare la propria attività coerentemente con le stime.

L’incertezza in questo contesto fatto di umori e di aspettative è una spada di Damocle da cui l’Europa non riesce a liberarsi. L’Italia, che già di suo certo non gode di grande rilevanza nello scacchiere internazionale, non è esente da questo scenario, a cui si aggiungono altri limiti giuridici e fiscali che rendono ancora più incerte le condizioni. Certo è che se chi regola il mercato in Italia iniziasse a guardare più prospetti finanziari le condizioni sarebbero forse migliori. 

 

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