Pronti alle grandi abbuffate natalizie? In attesa che scartiate i regali che Santa Claus ha deposto sotto i vostri alberi, lasciate che vi racconti una storia. Scrivere un post il giorno di Natale non è proprio la cosa più facile del mondo. O almeno non lo è se si vuole trovare una storia edificante, legata al mondo del collezionismo d’arte contemporanea e che incarni a pieno lo spirito di questa festività ormai trasformata in ricorrenza consumistica ma che la tradizione vorrebbe ci chiamasse ad una riflessione certo più profonda sullo stato del mondo, dell’essere umano, tanto da divenire “tutti più buoni”, almeno per un giorno. Non ho idea se questo “miracolo” accada veramente ma la persona di cui voglio parlarvi oggi certamente incarna bene il senso del Natale e del collezionismo di qualità: Peter Norton.
Qualcuno di voi si chiederà: Norton, chi? Se state leggendo questo articolo, con molta probabilità, siete seduti davanti ad un computer e, per proteggere le vostre foto e tutti i documenti a voi più cari dall’attacco dei milioni di virus informatici in agguato nella rete, avrete installato (almeno una volta nella vita) il “Norton Antivirus” della Symantec… Beh, il Peter Norton di cui vi sto per parlare è proprio il padre del celebre “antibiotico” digitale.
Vero e proprio titano dell’informatica, Mr. Norton è una vera celebrità e un punto di riferimento anche nella comunità artistica statunitense. Inserito ogni anno nella classifica del 200 collezionisti più importanti del mondo di ARTnews, infatti, Peter Norton, attraverso la sua Fondazione (Peter Norton Family Foundation) supporta finanziariamente varie organizzazioni no-profit legate all’arte contemporanea e lui stesso siede nei consigli di amministrazione dell’Institute of the Arts della California, del Reed College, della Crossroads School (Santa Monica, California), del Whitney Museum of American Art, del Guggenheim, del Los Angeles County Museum of Art e del MoMA di New York (dal 1999).
Come se non bastasse, nel 2003 Peter Norton è diventato anche il presidente del consiglio d’amministrazione del MoMA PS1, una delle più antiche e più grandi istituzioni no-profit statunitensi che dedica le proprie energie e risorse per sostenere l’arte più sperimentale del mondo. Un centro catalizzatore di nuove idee e tendenze dell’arte, attivamente al fianco sia di artisti emergenti, di nuovi generi, sia di artisti riconosciuti che vogliono portare avanti nuovi progetti, il tutto nel tentativo di sostenere l’innovazione nel campo dell’arte contemporanea. Un sostegno a cui Norton partecipa non solo come membro del CdA di PS1 ma anche come filantropo e mecenate attraverso il “Peter Norton Family Christmas Art Projects”.
Fin dal 1988, infatti, Norton ha commissionato agli artisti presenti nella sua collezione delle edizioni d’arte pensate appositamente per celebrare il Natale. Nati per essere inviati come regalo ad amici e membri della comunità artistica, questi oggetti sono progettati per essere interattivi e divertenti e per promuovere l’impegno nei confronti del mondo dell’arte contemporanea. Proprio per assolvere a quest’ultimo obiettivo, Norton ha generosamente donato al MoMA le scorte di queste opere con lo scopo di metterle in vendita presso il Design Store del Museo e raccogliere fondi da devolvere al PS1. Pezzi da collezione che vanno dai 50 dollari in su e messi in vendita, per la prima volta, nel 2009 e il cui catalogo è consultabile anche online dal sito del MoMA.
Ma quando inizia la storia di Peter Norton come patron delle arti? Nato 1943 ad Aberdeen, Peter Norton si diploma al Reed College di Portland nel 1965. Dopo aver lavorato per una dozzina di anni come programmatore di elaboratori e minicomputer per aziende come la Boing, agli inizi degli anni Ottanta, per una pura fatalità, cancella un dato da un computer e decide così di scrivere un programma per il recupero dei dati. Nasce in questo modo Unerase, una delle applicazioni più conosciute create da Peter Norton il quale, nel 1982, con 30 mila dollari e un solo Pc della IBM fonda la Peter Norton Computing. Inizia qui la sua carriera di magnate dell’informatica che lo vede anche editorialista su importanti riviste di settore, come PC Magazine o PC Week, e autore di saggi e guide d’informatica che diventano ben presto dei veri Best Seller. Nel 1988 la Norton Computing è inserita al 136° posto tra le 500 aziende americane che hanno fatto registrare la crescita più veloce: il suo fatturato annuo è passato rapidamente dai 5 milioni di dollari del 1986 ai 15 del 1988. Due anni dopo venderà la sua azienda alla Symantec per la bellezza di 70 milioni di dollari in azioni e, a soli 46 anni, si ritirerà dal lavoro (dal 2002 è tornato però sulla scena fondando la Acorn Technologies) per dedicarsi a tempo pieno al collezionismo e alla filantropia.
Una passione, quella per l’arte contemporanea che aveva iniziato a coltivare seriamente, assieme alla moglie Eileen Harris (con la quale si era spostato nel 1983) dai primi anni Ottanta concentrando la propria attenzione – come avviene anche oggi – sui giovani artisti emergenti alla ricerca di nuove forme visuali come mezzo per esprimere temi socialmente significativi. In particolare la coppia ha appuntato il proprio interesse su lavori in grado di sfidare le definizioni di identità e di spostare la linea di confine tra i supporti e i generi.
Nel 2001, la collezione dei coniugi Norton contava circa 2000 opere tra dipinti, sculture, stampe, fotografie, installazioni e lavori di video arte. Molte delle quali in prestito nei musei di mezzo mondo mentre molte altre sono state esposte per anni sulle pareti del suo ufficio. Opere di Matthew Barney, Mark Bradford, Sophie Calle, Maurizio Cattelan, Robert Gober, Felix Gonzalez-Torres, David Hammons, Jim Hodges, Barbara Kruger, Paul McCarthy, Takashi Murakami, Yoshitomo Nara, Charles Ray, Fred Tomaselli, Kara Walker, Christopher Wool. Per non parlare di lavori seminali di Damien Hirst, Ed Ruscha e Roy Lichtenstein, tanto per citare alcuni degli artisti presenti nella sua raccolta, molti dei quali – i più giovani -, Peter e Eileen Norton hanno sostenuto fin dall’inizio della carriera.
«Le collezioni riflettono la sensibilità del collezionista. – ha dichiarato qualche tempo fa Norton in occasione di un’asta da Christie’s (settembre 2011) che ha visto in catalogo circa una cinquantina di pezzi provenienti dalla sua collezione – Tendo ad essere attratto da opere d’arte che hanno idee incorporate in loro, ma non da lavori che sono freddamente concettuali. Uno dei miei ideali per un’opera d’arte è che ci siano pensieri e idee al suo interno, ma che abbia comunque abbastanza contenuto visivo da attirare chi la guarda anche se non riesce a comprendere in alcun modo tali idee. Sono attratto maggiormente da opere in tre dimensioni, che si collegano meglio al mondo attuale, e mi piace comprare il lavoro di artisti all’inizio della loro carriera, non solo come supporto, incoraggiamento e per farmi in quattro per loro, ma anche perché la stessa cosa sia fatta per i loro contemporanei. Ho anche la tendenza ad essere attratto da lavori che riflettono un background non convenzionale: arte femminista e opere d’arte di artisti neri, ispanici e asiatici». «Credo nella circolazione dei beni culturali, nella possibilità per loro di essere visti in diversi contesti da persone diverse – ha aggiunto parlando della sua attività in favore di istituzioni museali e della scelta di mettere in vendita alcune sua opere -. Per molto tempo abbiamo donato opere ai musei in cui eravamo coinvolti e ora è giunto il momento di aumentare questa attività. La vendita ci permetterà di migliorare le nostre donazioni in vari modi, e il ricavato verrà utilizzato per dar vita ad una nuovo fondo di beneficenza».
Amore per l’arte e amore per il prossimo. Ecco le due facce più nobili del collezionismo che Peter Norton e la sua ormai ex moglie Eileen (i due si sono separati nel 2000) rappresentano e che, in questo giorno di Natale, credo debbano essere ricordate a tutti coloro che sono collezionisti o aspirano ad esserlo. Il collezionismo nella sua forma più alta, infatti, non può che manifestarsi anche nella forma del mecenatismo. Un mecenatismo che i Norton, come visto, hanno portato avanti non solo sostenendo gli artisti giovani ma anche le istituzioni museali. «Spesso i grandi musei – hanno dichiarato in occasione dei una loro donazione di 29 opere al Haggerty Museum of Art della Marquette University – hanno fondi veramente limitati per acquistare arte contemporanea. E i tanti piccoli musei e centri per l’arte sono spesso a corto di denaro per fare acquisti. Per questo abbiamo pensato che la cosa più interessante e benefica che potessimo fare fosse creare delle mini-collezioni organizzate in qualche modo significativo (per regione, ad esempio, o per soggetto) e donarle a povere ma ammirevoli istituzioni d’arte in tutto il Paese; alle gallerie e ai musei universitari nelle piccole città che hanno mostrato fegato e interesse in questo campo». E tutti noi sappiamo quanto anche le nostre istituzioni e i nostri giovani artisti ne avrebbero bisogno. Riflettiamoci. Adesso però, in alto i calici e… Buon Natale a tutti voi!
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