Intervista a Sofia Mattachini, Assistente del dipartimento Dipinti e Sculture del XIX e XX secolo della Casa d’Aste Il Ponte (parte 2)
Sofia Mattachini, Assistente del dipartimento Dipinti e Sculture del XIX e XX secolo presso la casa d’aste Il Ponte, ci parla non solo del rapporto tra case d’aste e archivi, che pure interessa la cronologia del XIX secolo, ma anche dei processi di ricerca che interessano le opere d’arte prima di essere vendute all’asta.
Qui potete trovare la prima parte dell’intervista
MR: In che modo i diversi dipartimenti interagiscono con gli archivi?
SM: Laddove ci sia un archivio legalmente riconosciuto o un esperto che abbia curato un buon numero di pubblicazioni su un determinato autore, siamo tenuti a rivolgerci a loro prima della vendita. È una prassi imprescindibile che garantisce ogni attore dell’asta: venditore, compratore e casa d’aste. È nostra responsabilità infatti confermare l’autenticità dell’opera, e quindi che ci siano tutte queste fasi di studio e di verifica prima della messa in vendita.
Tuttavia, se per l’arte contemporanea quasi tutti gli artisti hanno un archivio di riferimento, per l’Ottocento la situazione è più complicata, perché esistono degli archivi o un esperto di riferimento solo per gli autori più rilevanti. Lo stesso vale per la pittura antica, che più che sugli archivi, si affida ai pareri degli esperti di un determinato periodo o autore (chi ha curato una mostra, chi ha pubblicato le monografie più recenti…) al fine di individuare la più corretta attribuzione.
MR: Puoi farmi qualche esempio di archivi ed esperti che consultate abitualmente?
SM: Per le opere di De Nittis esiste la Fondazione De Nittis di Barletta, molto importante perchè ci capita abbastanza spesso di avere opere di questo artista: vanno fatte delle fotografie ad alta definizione e sottoposte all’archivio. Ugualmente per i pittori macchiaioli il riferimento è all’Istituto Matteucci. Molto frequentemente ci vengono sottoposte opere di Pompeo Mariani che sottoponiamo al Dott. Giovanni Pitscheider, presidente dell’archivio, affinché ci dia il suo parere. In generale abbiamo davvero un ottimo rapporto con archivi ed esperti perché c’è un lavoro congiunto che punta a pulire il mercato e a renderlo veritiero e attendibile.
Un altro aspetto che differenzia gli archivi è la modalità della loro certificazione: ce ne sono alcuni che rilasciano un parere verbale mentre altri rilasciano una scheda scritta, sia che l’opera sia autentica, sia che l’opera si riveli un falso. A livello economico il costo di queste consulenze è molto differenziato. Il costo è a carico del mandante perché, a prescindere dall’asta, la certificazione valorizza il suo bene e garantisce sia lui stesso come proprietario che il compratore a cui andrà a vendere l’opera.
Un tema collaterale legato all’archiviazione delle opere è quello della convenienza economica. Ci sono archivi che hanno costi fissi e altri che differenziano la spesa a seconda delle tecniche e delle misure delle opere. In ogni caso, nella maggior parte dei casi da noi trattati le spese per archiviare un’opera oscillano tra le poche centinaia di euro a poco più di un migliaio di euro, sia che il parere sia positivo che negativo. È nostra prassi comunicare ai mandanti, oltre al valore di riserva delle opere, eventuali spese di archivio. Capita a volte che la spesa di archiviazione di un’opera sia quasi pari al valore dell’opera stessa. Per questo motivo è giusto e corretto informare sempre i clienti per permettere loro di scegliere se affidare le opere o meno, valutando il rapporto “costi-benefici”.
MR: C’è differenza rispetto alla documentazione che vi danno gli archivi o gli esperti? Il cliente percepisce la distinzione?
SM: Quando un’opera viene sottoposta a un esperto piuttosto che a un archivio, noi poi riportiamo la scheda critica in catalogo. Anche a fronte di un parere verbale esso viene specificato in catalogo e a volte corrediamo la descrizione con una scheda scritta per noi o da noi.
La percezione tra clienti venditori e clienti compratori è molto differente. I clienti venditori si affidano al consiglio della casa d’aste per procedere o meno alla certificazione mentre chi compra Ottocento è molto informato e sa riconoscere il valore di determinati interventi. Ci sono degli esperti più o meno riconosciuti dal mercato. Alcuni hanno un’autorevolezza determinante mentre altre volte capita che non ci siano pareri e pensieri univoci tra gli operatori del settore e tra i grandi collezionisti, per cui è sicuramente importante rivolgersi alle persone giuste e competenti proprio perché il loro parere possa dare valore aggiunto all’opera.
Uno dei fattori più importanti sono le pubblicazioni. Se un’opera è stata esposta un secolo fa, in un periodo cronologicamente più vicino all’artista, ci sono pochi dubbi circa l’autenticità. È invece soprattutto sulle opere inedite che si aprono grandi dibattiti.
MR: Occupandovi anche di opere meno recenti come quelle dell’800, può capitare più spesso di imbattersi in opere notificate come beni culturali. Come vi comportate in questi casi?
SM: Le opere notificate implicano degli obblighi di legge ben precisi con delle procedure rigorose da osservare. Nell’ultima asta abbiamo venduto una tela di Daniele Ranzoni, il ritratto de “La principessa Ada Troubetzkoy col figlio Gigi”, opera sottoposta a notifica con dichiarazione di notevole interesse storico e artistico già nel 1987. Questo ha implicato una serie di procedimenti: l’opera infatti poteva essere spostata solo con i permessi ministeriali. Ci siamo quindi rivolti alla Soprintendenza delle Belle Arti. Diverso è invece il caso in cui le opere siano notificate in corso d’asta o dopo asta come avvenuto, di recente, per alcuni disegni di Angelo Morbelli.
I beni sottoposti ad avviamento del procedimento di notifica possono essere comunque venduti, ma in corso d’asta e sul catalogo online, se quello cartaceo è già stampato, si deve specificare questa variazione dello stato di disponibilità dell’opera. Le implicazioni in queste situazioni riguardano l’eventuale acquirente, con una serie di responsabilità e di doveri.
MR: Quindi è qualcosa che non dipende più dal vostro dipartimento? Riguarda le scelte del ministero?
Le decisioni inerenti eventuali notifiche vengono prese esclusivamente dal Ministero che, visionando i cataloghi online, di tutte le case d’ aste, può decidere di intervenire per quei beni che ritiene importanti per il Patrimonio artistico nazionale.
MR: Volevo chiederti, per chiudere questo confronto, se avessi incontrato un’opera durante il tuo percorso a cui ti sei particolarmente affezionata.
SM: Sicuramente “L’onda” di Arturo Nathan di cui ho già accennato. È un’opera a cui mi sono legata molto, in maniera anche inaspettata, perché in realtà è un artista che, rispetto ai miei studi, opera più avanti cronologicamente. Io ho una passione spiccata per i Divisionisti, ma quest’opera, che non ha nulla a che vedere con questa Corrente, è stata una rivelazione. Ha risvegliato e stimolato il mio lato di studiosa, di ricercatrice. Non conoscevo infatti l’artista, molto poco noto, che ha prodotto poco, ed è morto in giovane età in campo di concentramento. Tratta temi molto drammatici sicuramente influenzati dal tragico vissuto personale. Spesso dipinge marine molto cupe con elementi ripresi dalla mitologia e “traslati” dentro le composizioni. Arturo Nathan lavora spesso con oggetti abbandonati sulle spiagge, che danno questo senso di desolazione, come ne “L’onda” tutta giocata sui toni del grigio e del marrone.
Quando abbiamo visto quest’opera l’abbiamo studiata e abbiamo scoperto che era un importantissimo ritrovamento a livello storico-artistico, ma allo stesso tempo eravamo consapevoli delle difficoltà che avremmo trovato (per il soggetto e l’atmosfera) dal lato della commerciabilità. Un’opera intellettuale e sofisticata che infatti rimase “sospesa” fino al giorno dell’asta, nel senso che non aveva suscitato particolare interesse nel mercato convenzionale e non c’erano commissioni d’acquisto. Mi ripetevano tutti “ è cupa, e le cose tristi non piacciono a nessuno”, tuttavia non potevo tralasciare quanto fosse importante averla ritrovata e fatta riemergere dall’oblio.
E infatti, pochi minuti prima dell’asta, si sono palesati ben due collezionisti interessati, ed è stata venduta per oltre 30mila euro!