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L’ultimo soffio di felicità. I pastelli di Rosalba Carriera

del

In principio fu la geniale intuizione di una donna veneziana, Rosalba Carriera, figlia di un pittore dilettante e di una sartina, avvezza al lavoro di mano sin dalla tenera età, ma a disagio nel mondo della pittura a pennello quasi del tutto prerogativa maschile.

“Ma era intelligente e si guardò intorno cercando quel che finì per trovare: una tecnica adatta alle sue dimensioni e al suo gusto di colori teneri e luminosi”[1]. Ce lo dice Anna Banti in un suo breve ma illuminante saggio dedicato all’artista. Carriera intuì che un dipinto potesse avere la dignità di opera d’arte anche senza un formato grande e senza essere per forza dipinto ad olio.

Fu dapprima la miniatura, per lo più su avorio, la tecnica d’elezione. Ma fu la scoperta delle qualità della tecnica a pastello – fino ad allora utilizzata quasi esclusivamente per abbozzare ed esercitarsi – che trasformò la pittrice in una delle massime interpreti del suo tempo, e non solo, nell’arte del ritratto.

Siamo al tramonto del tenebroso Seicento, e il luminoso Settecento è alle porte. Si prepara l’avvento del Tiepolo, “l’ultimo soffio di felicità in Europa”, per dirla come Roberto Calasso. Foriera del nuovo spirito dei tempi è proprio Rosalba Carriera, con la sua piccola rivoluzione fatta di colori teneri e luminosi, che ammorbidiscono i contorni e sfumano ogni contrasto.

“In questa età d’oro della raffinatezza un po’ vacua, indifferente al domani, l’Europa brulicava di begli ingegni e di principi disoccupati, avidi di singolarizzarsi: Venezia era la loro patria ideale e la fama di Rosalba, la brutta pittrice deliziosa, cresceva. […] A Rosalba piaceva sfoggiare la sua perizia su soggetti così affascinanti: era il momento del pastello, l’ultima carezza a un viso delicato.”

E, da buona veneziana, una volta che il mercato della laguna si fece piccolo, capì che era tempo di aprirsi all’estero, fino ad approdare a Parigi, dove la sua professionalità vivrà di una gloria oggi sull’orlo del riscatto, come sottolineato in un articolo uscito sul Giornale dell’Arte il 22 marzo scorso[2], in merito alla vendita presso Sotheby’s di un ritratto di Joseph Spence: inizialmente stimato tra i 36 e i 55 mila euro, è stato infine battuto per 277.422.

“Da buona operaia era contenta di un successo che forse credeva effimero e di guadagnare molto denaro: come ogni lavoratrice indipendente di tutti i tempi, il denaro che compensava il proprio lavoro la rasserenava.”

Parlando di pittura ad olio, è convenzione indicarne l’inventore in Jan Van Eyck. Per il pastello, invece, il discorso sfuma, essendo tanto concettualmente primordiale la tecnica da poterla addirittura imparentare coi colori terrosi usati nelle grotte di Lascaux: non si dipinge con l’ausilio di pennello, bensì sfregando direttamente i pigmenti, legati assieme da una qualche sostanza agglutinante, su una superficie. In quel caso nuda roccia, per la Carriera, su carta o pergamena.

La luminosa carriera di Rosalba fu uno spartiacque per la tecnica del pastello, da considerare, dopo di lei, di pari dignità rispetto alla pittura ad olio: nel Settecento ci furono interpreti eccellenti come Maurice De La Tour ma fu nell’Ottocento, secolo delle sperimentazioni impressioniste, che pittori come Edgar Degas, regalarono alcune delle opere più belle mai realizzate in quanto a morbidezza dei passaggi cromatici.

Picasso, poi, ne fece un uso così largo da chiedere al produttore di colori Henri Sennelier di mettere a punto per lui un pastello che unisse le qualità luminose tipiche dell’olio alla velocità d’esecuzione: sarà il pastel à l’huile Sennelier, ancora oggi commercializzato.

Io l’ho usato, come ho usato pastelli morbidi non a legante oleoso che dovrebbero essere, per consistenza e forma, piuttosto simili a quelli usati dalla Carriera. Il pastello è indubbiamente un medium intuitivo, che permette esecuzioni veloci ottenendo però risultati ottimi in termini di resa.

Il pastello oleoso ha, poi, il vantaggio di una luminosità analoga a quella della pittura a olio. Il punto debole della tecnica è, però, sicuramente di tipo conservativo. Il legante oleoso del pastello non secca. In commercio ci sono sostanze siccative da applicare a fine lavoro, ma la stabilità nel tempo è tutt’altro che garantita.

Diverso il discorso per gli altri tipi di pastelli, la cui luminosità non potrà mai essere paragonata a quella della pittura a olio o anche solo di una buona tempera. Ma ciò che manca da un lato abbonda dall’altro, perché la morbidezza vaporosa del pastello è unica e difficilmente raggiungibile dalle altre tecniche pittoriche.

Davanti a un bel ritratto di Rosalba Carriera, infatti, si proveranno un’emozione e un entusiasmo del tutto singolari. Provare per credere.


[1] Questa e le altre citazioni in corsivo sono tratte da Quando anche le donne si misero a dipingere di Anna Banti, Abscondita, 2017.

[2] https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Nel-mercato-dei-disegni-antichi-una-bella-testa-costa-cara

Francesco Niboli
Francesco Niboli
Restauratore di dipinti antichi e contemporanei, ha intrapreso un percorso di approfondimento del design grafico e dell’arte del ‘900 italiano collaborando con Fondazione Cirulli di Bologna. Ha partecipato alla scrittura del libro "Milano, la città che disegna", catalogo del neonato Circuito lombardo Musei Design. Attualmente collabora come grafico con la casa editrice indipendente Sartoria Utopia.

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