Salutati gli eventi torinesi dedicati all’arte contemporanea, facciamo oggi un rapido “giro dei campi” per vedere come si è mosso il mercato internazionale tra ottobre e novembre. I due mesi autunnali sono, infatti, storicamente un momento importantissimo per l’arte di oggi, tra aste e fiere. Ma andiamo per ordine.
LONDRA: TROPPI EVENTI RALLENTANO LE VENDITE – Dopo una ripartenza settembrina che ha ottimamente inaugurato il secondo semestre dell’anno, con Christie’s a Londra e Phillips de Pury a New York che hanno fatto registrare risultati medi nettamente superiori a quelli registrati nel primo semestre 2013, ottobre si è aperto con gli appuntamenti londinesi dedicati all’arte contemporanea e italiana. La concomitanza con Frieze (17-19ottobre) e con altre 16 fiere satellite in programma nella stessa settimana a Londra non ha giovato alle aste di Christie’s, Sotheby’s e Phillips. Complessivamente i tre appuntamenti serali, in programma dal 16 al 18 ottobre, hanno totalizzato poco più di 52 milioni di sterline (buyer premium escluso) ossia l’8% in meno rispetto alla stima pre-vendita che prevedeva un risultato finale tra i 56.6 e gli 80.8 milioni di sterline. Non solo: pur avendo superato i risultati storici del 2008, le aste serali londinesi, nel loro complesso, hanno portato a casa un -24% rispetto all’ottobre dello scorso anno. Dati negativi dovuti, in primo luogo, all’andamento delle aggiudicazioni da Sotheby’s e Phillips che non sono riuscite a raggiungere i risultati previsti mentre Christie’s ha rispettato solo di un soffio le aspettative di mercato.
OCCHI PUNTATI SULLA FASCIA MEDIA DEL MERCATO… – Percentuali a parte, le aste serali nelle tre case d’asta londinesi hanno confermato il trend registrato nel primo semestre e che, di fatto, sottolinea il crescente interesse del collezionismo internazionale per la fascia media del mercato, ossia per quella più al riparo dalla speculazione.
…E SULL’ARTE ITALIANA – Se l’arte contemporanea e del dopoguerra ha dato risultati un po’ fiacchi, di tutt’altro tenore sono state le aste dedicate all’arte italiana. Le Italian Sale in programma da Sotheby’s (17 ottobre) e Christie’s (18 ottobre) hanno incassato, infatti, la cifra record di 42 milioni di sterline confermando il grande interesse dei collezionisti di tutto il mondo per l’Arte Povera e per artisti come Lucio Fontana e Mario Merz.
“FRIEZE” PERDE IL CONFRONTO CON LA “FIAC” – Fuori dalle sale room, le cose, comunque, non vanno meglio. In assenza di dati ufficiali, voci di corridoio parlano di una Frieze in cui si è venduto “meno” che nelle fiere satellite: Sunday Art Fair; Moniker Art Fair; The Other Art Fair; PAD London ecc. ecc. Il motivo: troppi eventi e “fuoco amico”. Molti dei galleristi presenti in fiera sembra si siano lamentati del fatto che Frieze Masters sia stata, più che altro, un elemento di “distrazione” per i compratori, tanto da aver dovuto cancellare le prenotazioni fatte durante la giornata dedicata ai VIP perché, con così tanti eventi da seguire, solo pochi collezionisti si sono potuti concedere un secondo giro per concludere gli acquisti. Sembra, però, che anche i galleristi ci abbiano messo lo zampino. Facendo un confronto con la parigina FIAC (24-27 ottobre) Matthew Armstrong, curatore della Lightyear Capital Art Collection di New York, ha commentato, infatti, in un’intervista: «La FIAC è sempre meglio, mentre Frieze sta diventando un po’ più prevedibile». Fatto sta che l’appuntamento parigino, quest’anno, ha superato Londra in numero di visitatori: oltre 73mila e 500 contro appena 70 mila. Differenza forse minima ma sostanziale a cui vanno aggiunti alcuni commenti di operatori presenti ad entrambi gli eventi. Uno per tutti quello rilasciato dalla newyorkese Pace Gallery: «In valore ho venduto molto di più qui alla FIAC che a Frieze la settimana precedente».
NEW YORK A COLPI DI RECORD – Alle “nebbie” londinesi risponde la Grande Mela dove le aste serali dedicate all’arte contemporanea sono andate decisamente bene. La prima a scendere in campo è stata Phillips de Pury (11 novembre) con un catalogo di 42 opere che ha centrato le aspettative totalizzando oltre 68milioni di dollari contro una stima pre-asta tra i 66 e i 98 milioni. Una partenza positiva più che confermata dall’asta serale di Christie’s (12 novembre) che ha fatto registrare un vero e proprio record epocale: 691,9 milioni di dollari, il risultato più alto di tutti i tempi con collezionisti da 42 paesi diversi che si sono contesi le opere di alcuni di maestri indiscussi del contemporaneo: Andy Warhol, Donald Judd, Lucio Fontana, Jackson Pollock, Mark Rothko, Jeff Koons – il cui Baloon Dog (Orange) è stato battuto alla cifra record (per un artista vivente) di 58.4 milioni di dollari -, Christopher Wool, Roy Lichtenstein, Jean-Michel Basquiat e Francis Bacon. E proprio Bacon guidava la straordinaria asta del Rockfeller Center di New York con il trittico, del 1969, Three Studies of Lucian Freud, acquistato dal gallerista William Acquavella, per conto del “Re” di Las Vegas Steve Wynn (quello del Mirage e Bellagio per intendersi), all’incredibile cifra di 142.4 milioni di dollari diventando, di fatto, l’opera pià costosa mai venduta in un’asta e superando, così, il record di 120 milioni detenuto, dallo scorso anno, da una delle versioni dell’Urlo di Munch. Ha chiuso la tornata americana Sotheby’s (13 novembre) totalizzando 381milioni di dollari. Un risultato su cui ha pesato in modo significativo l’incredibile record realizzato da Silver Car Crash (Double Disaster) di Andy Warhol aggiudicata, dopo una vera e propria battaglia telefonica tra collezionisti, per la cifra di 105.4 milioni di dollari. Ma durante la serata sono stati altri 6 i record d’asta realizzati per artisti del calibro di Cy Twombly, Brice Marden, Mark Bradford e Martin Kippenberger.
Al di là di ogni risultato, dunque, il mercato dell’arte contemporanea inizia a mandare messaggi molto chiari agli operatori, due dei quali inequivocabili: la speculazione che affligge le fasce alte del mercato spaventa sempre di più i collezionisti, in particolare in Europa; il mercato dell’arte contemporanea, per quanto faccia registrare trend positivi, appare stressato da troppi eventi e da un’offerta d’arte sovradimensionata che, per quanto di qualità, distrae più che catalizzare su di sé l’attenzione degli appassionati. Indicazioni importanti, in particolare per un paese come l’Italia in cui, a fronte di un mercato sostanzialmente asfittico, ogni anno cresce sempre di più il numero degli eventi fieristici senza che questa abbondanza risponda, a mio avviso, ad una reale necessità del sistema dell’arte nazionale che, invece, avrebbe bisogno di maggior qualità, professionalità e capacità di programmazione sistemica. Forse sarebbe meglio consolidare le realtà esistenti, invece di creare sempre nuove start-up che, quando va bene, si arenano alla seconda edizione.