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Aste Italia: nel 2017 meno “mode” e più qualità, ma il calendario frena le vendite (+0.5%)

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Poteva essere un nuovo anno record per il mercato italiano delle aste di arte moderna e contemporanea e, invece, il 2017 si è dovuto accontentare di limitare le perdite, chiudendo in sostanziale pareggio (+0.5%) rispetto al 2016, per un totale complessivo stimato attorno ai 117.2 milioni di euro. Percentuale che sale, però, al +4% se si escludono le due major che operano in Italia e si tiene conto solo delle case d’asta italiane.

Questo il panorama che emerge dall’indagine che abbiamo condotto tra le 18 principali case d’aste che operano nel nostro Paese. A pesare sull’andamento generale delle vendite, un secondo semestre più “faticoso” del previsto (-10%), caratterizzato dalla crescente incertezza politica, da un calendario di vendite sempre più congestionato e anche da un legislatore fin troppo attento al mercato dell’arte.

Tre fattori, quelli appena elencati, solo in parte calmierati dai primi, timidi, segnali di una ripresa economica attesa da tempo, ma che hanno messo in stand-by l’esuberanza delle vendite nelle sale room italiane che ancora si registrava nei primi sei mesi del 2017. Non mancano, comunque, i segnali positivi che confermano come il nostro mercato sia in buona salute anche se soggetto ad una pressione crescente dovuta ad uno scenario internazionale in continua evoluzione. Tra i dati più interessanti, inoltre, l’affievolirsi delle mode e una maggior attenzione alla qualità e alla provenienza delle opere.

 

Novembre si conferma il mese più duro

 

Già nel report che avevamo dedicato all’andamento delle aste di arte moderna e contemporanea del  primo semestre 2017, avevamo messo in evidenza i potenziali danni che un calendario troppo fitto di eventi poteva causare al mercato italiano delle aste. Danni che si sono puntualmente concretizzati nella seconda parte dell’anno appena concluso, che ha visto il mese di novembre letteralmente preso d’assalto dalle programmazioni delle case d’asta italiane ,con l’ultima settimana in cui si sono tenute addirittura 7 aste a distanza di poche ore. Una cosa certo non inusuale per il mercato dell’arte, si pensi alla Londra della Frieze Week e anche lì non sempre le cose vanno per il verso giusto. Ma qui siamo in Italia, dove i budget dei collezionisti (specie a fine anno) sono molto più risicati e la platea internazionale che fa shopping d’arte nel Bel Paese decisamente limitata.

Il risultato: un secondo semestre che si è chiuso con un calo del -10% nel fatturato complessivo delle principali aste di arte moderna e contemporanea e un riduzione del -9% della media di venduto in lotti, passata dal 73% dei primi sei mesi dell’anno, al 64% che, detto per inciso, è la percentuale di vendita il lotti che caratterizza sempre il secondo semestre italiano, reso più “difficile” anche dal calo delle disponibilità nelle tasche dei collezionisti. Questo, peraltro, non ha influito più di tanto sulla percentuale di venduto in valore, rimasta sostanzialmente stabile sopra il 70%.

Andamento del fatturato semestrale delle aste italiane di arte moderna e contemporanea battute nelle principali case d'asta che operano in Italia
Andamento del fatturato semestrale delle aste italiane di arte moderna e contemporanea battute nelle principali case d’asta che operano in Italia

Inutile andare più nel dettaglio: i cataloghi delle aste non sono come i lotti standardizzati di una produzione industriale e la liquidità è troppo variabile per porre maggiore attenzione ai fatturati delle singole case d’asta. E un certo margine di contrazione o aumento dei fatturati può essere addirittura ritenuto fisiologico. Diverso sarebbe il discorso di case d’asta in crollo costante, ma per il momento non si registrano casi del genere sebbene, per la prima volta da tre anni, le perdite del secondo semestre siano state contenute anche grazie all’apporto di Sotheby’s, nonostante la sua asta di novembre non sia stata brillantissima. Ma senza il suo totale, però, il calo rispetto al secondo semestre del 2016 sarebbe stato del -27%. Questo, a fronte di un dato annuale che, invece, vede salire a +4% il fatturato delle case d’asta italiane (scorporato quello delle Big) rispetto all’anno precedente.

Proprio l’andamento dell’asta autunnale di Sotheby’s Italia mi pare possa essere indicativo di quanto sta accadendo sul mercato italiano. Il catalogo messo insieme da Palazzo Serbelloni era buono, ma le stime probabilmente troppo elevate di molte delle opere messe in vendita, nomi troppo “classici” (per non dire ripetitivi) e non aggiornati su quelli che sono gli attuali trend del nostro mercato e un calendario eccessivamente affollato, non hanno fatto registrare il successo sperato con la sessione serale che, addirittura, ha portato a casa solo un 53% di venduto. (Leggi -> Sotheby’s: ottimi risultati per Boetti. Record per Leoncillo e Cavaliere)

Ma questo affollamento del calendario non mette in difficoltà solo i collezionisti, ma le stesse case d’asta che si trovano a fare la raccolta delle opere negli stessi periodi con conseguente impennarsi della competizione. Anche se questo ha portato ad un livello medio di qualità dei vari cataloghi un po’ più alto che in passato. E pezzi di pregio presenti anche nelle aste “minori”. Al di là di tutto ciò, il secondo semestre ha fatto anche registrare risultati al di sopra di ogni aspettativa, come le due aste record messe a segno da Wannenes e Cambi che hanno realizzato i loro totali più alti di sempre. Wannenes, peraltro, è stata anche la casa d’aste che è riuscita ad attirare il maggior numero di acquirenti stranieri, con il 45% dei lotti venduti all’estero. Segno che anche il nostro mercato più avere aspirazioni internazionali.

 

Il prezzo del cambiamento

 

Appena entrata nello staff di Finarte come Senior Specialist del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea, ma con una grande esperienza maturata tra le file della casa d’asta Porro&Co., Kimiko Bossi analizza in modo lucido quando accaduto nelle aste italiane durante il secondo semestre 2017. «Il secondo semestre 2017 – ci spiega – mette in evidenza il clima economico che si respira in questo momento in Italia, contrassegnato dai timidi segnali positivi dell’economia e incertezza politica per il futuro». «In questo scenario – aggiunge Bossi –  si riscontra un atteggiamento di prudente attesa dei compratori della fascia medio alta, orientati all’investimento e alla speculazione, per la consapevolezza che il legislatore ha iniziato ad occuparsi del mondo dell’arte e per la paura che possa considerarlo un ambito da tracciare e riorganizzare anche cercando risorse attraverso nuove tasse».

«In un settore come quello dell’Arte Moderna e Contemporanea che, per motivi di visibilità e fatturato è centrale nell’attività di ogni Casa d’Aste – afferma la Senior Specialist di Finarte – notiamo a Milano in particolare, un sempre maggiore affollamento e la nascita di nuovi operatori. Questo è il segnale di un modello di business che cambia: il sistema delle aste è indubbiamente in trasformazione, le piattaforme online lo hanno reso alla portata di tutti e ancora più attrattivo. Il flusso e la divulgazione delle informazioni stanno aprendo nuovi scenari». Parole, quelle di Kimiko Bossi, che trovano conferma nei dati di un secondo semestre 2017 che ha visto, come detto, ben 7 delle aste più importanti concentrate nel capoluogo milanese nella sola ultima settimana di novembre con migliaia di lotti offerti.

Kimiko Bossi, Senior Specialist del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea di Finarte.
Kimiko Bossi, Senior Specialist del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea di Finarte.

E se il web, per quanto importante, non è ancora il primo dei canali di vendita delle nostre case d’asta – mediamente il 24% dei lotti viene aggiudicato ad offerenti online anche se non mancano punte del 75% – la “virtualizzazione” del mercato dell’arte “espone”, inevitabilmente, i nostri collezionisti anche alle offerte di altri player internazionali – si pensi all’austriaca Dorotheum – aumentando così il livello di pressione su chi compra oggi arte in Italia, il cui sguardo è costretto a saltare di catalogo in catalogo in modo sempre meno attento: tante le cose che possono sfuggire, ma soprattutto, tanta l’incertezza sul cosa acquistare, in particolare in un bacino d’utenza, quello italiano, che certo non vanta una grandissima capacità di spesa e che arriva alla fine dell’anno con le casse quasi vuote.

D’altro canto, tutto ciò ha anche un aspetto positivo, perché apre anche ad una maggior internazionalizzazione delle nostre case d’asta che, grazie all’online, raggiungono sempre più clienti all’estero: anche in questo caso siamo attorno al 23% delle aggiudicazioni. Percentuale migliorabile, ma di tutto rispetto: di fatto un quarto delle opere vendute in Italia vola all’estero e, così ad occhio, viene venduto grazie ad internet. Insomma, parlare di difficoltà del mercato sarebbe quanto meno ardito e quel -4% di fine anno sembra essere più attribuibile ad un mercato italiano delle aste che, appena uscito da una lunga crisi, deve adesso fare i conti con un panorama in continua evoluzione e rivedere, almeno in parte, le proprie strategie di business aggiornandole agli standard internazionali.

 

Meno mode e più qualità nei cataloghi italiani

 

Il passaggio al nuovo anno è tempo di bilanci non solo per mercato dell’arte, ma per ogni settore. Così, i dati divulgati da dicembre ad oggi ci aiutano a comprendere meglio lo scenario in cui si sono dovute muovere le case d’aste italiane durante il secondo semestre. Al netto delle riforme – realizzate o solo tentante – nelle norme che regolano il nostro mercato e che certamente, in alcuni casi, hanno intimorito il collezionista, gli ultimi mesi dell’anno non sono certo facili per il mercato dell’arte che, come messo in evidenza dall’ultimo rapporto di Banca d’Italia, si trova a fronteggiare una situazione economica che vede, sì, la ricchezza media delle famiglie italiane in crescita, ma ancora molto lontana dai livelli pre-crisi. E, allo stesso tempo, un 2017 in cui la tendenza più marcata è stata il ritorno ad una crescente propensione al risparmio da parte degli italiani, come confermano sia lo Schroders Global Investor Study 2017 – su pensioni e risparmio – che un’indagine condotta da Confesercenti e SWG su come gli italiani investiranno le loro tredicesime. (Leggi -> Tredicesime: in arrivo 43,7 miliardi per 34 milioni di italiani)

Tutto ciò, unitamente a quanto detto circa la pressione dell’offerta d’arte degli ultimi mesi dell’anno, ha certamente influenzato il comportamento di oggi compra arte in Italia. Come sottolinea, ancora una volta, Kimiko Bossi di Finarte nel 2017 si rileva un crescente interesse, ad esempio, «del collezionismo colto, rivolto alla pittura del ‘900 italiano, attento a riconsiderare gli artisti figurativi storicizzati, alla luce di prezzi appetibili, dopo anni di forti ribassi. Naturalmente questo atteggiamento ha riscontro per opere di alta qualità, di data, corredate da provenienze importanti».

Freddy Battino, dal 2012 è alla guida del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea della Casa d'Aste Il Ponte
Freddy Battino, dal 2012 è alla guida del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea della Casa d’Aste Il Ponte

Sulla stessa linea d’onda anche Freddy Battino del Ponte il quale, analizzando i principali trend di mercato del 2017 non manca di aprire a possibili scenari futuri: «La tendenza dei collezionisti si sta orientando verso le opere “classiche” del Novecento Italiano, soprattutto di qualità; tra le correnti di particolare successo citiamo l’Astrattismo e il Futurismo mentre l’Arte Povera, l’Arte Concettuale e la Transavanguardia sono invece in una fase di stallo. La scultura italiana è inoltre pronta a fare un salto di qualità in quanto gallerie e clienti stranieri che prima la sottovalutavano cominciano ad apprezzarla».

Meno mode e più qualità, dunque, i due trend del 2017 che hanno caratterizzato tanto l’offerta artistica che le scelte del collezionisti, anche per Stefano Candelieri, direttore del dipartimento di arte moderna e contemporanea dello Studio d’Arte Borromeo: «Il 2017 è stato per la nostra giovane realtà un anno di consolidamento e crescita. Il mercato è forte e negli ultimi tempi sempre più avulso da mode o focus esclusivi su determinate tendenze: al contrario dell’anno scorso, per esempio, non notiamo una chiara e netta domanda di opere legate alla Pop Art italiana piuttosto che all’arte analitica o a quella cinetica». «Più in generale – commenta Candelieri – c’è una forte domanda per lavori di grande qualità, possibilmente con curricula significativi di mostre e esposizioni».

 

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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