Giovane, dinamica e vibrante. Ecco la scena artistica brasiliana oggi rappresentata, a livello internazionale, da nomi come Beatriz Milhazes, Vic Muniz, Adriana Varejao, Sergio Camargo e Candido Portinari. Un elenco a cui potremmo aggiungere Emiliano di Cavalcanti e Lygia Clark, tanto per citare coloro che, con alterne vicende, hanno composto la Top 5 degli artisti brasiliani più venduti nel mondo negli ultimi tre anni e che rappresentano, da soli, il 69% di un mercato dell’arte che oggi vale 455 milioni di euro, ossia circa l’1% del mercato globale dell’arte. Una percentuale che lo mette sullo stesso piano dell’Italia, non fosse per il numero di grandi collezionisti (uno per tutti Bernardo Paz, proprietario del famoso parco di sculture Inhotim) che il Paese sudamericano, grazie ad una crescente ricchezza, è riuscito a sfornare garantendosi un potere d’acquisto decisamente irraggiungibile per il Bel Paese anche se difficilmente misurabile. Ed è questa la vera forza di un mercato, quello brasiliano, che, come visto, può contare su pochi nomi noti a livello mondiale e altrettanto poche gallerie presenti nei principali eventi internazionali (circa una ventina). Caratteristica che lo distingue dalla Cina e che lo avvicina, invece gli altri due BRIC: Russia e India.
Se la crescita del mercato dell’arte in Brasile è frenata da un regime fiscale oppressivo e da una serie di leggi sull’importazione di opere che impedisce alle gallerie di vendere arte internazionale e alle collezioni pubbliche di importarla e di dar vita a raccolte di arte internazionale, il commercio estero di arte brasiliana gode, invece, di ottima salute. Complice la crescente circolazione di opere nelle più importanti istituzioni straniere, come il MoMa o la Tate, e nei cataloghi delle principali case d’asta, le esportazioni brasiliane di arte hanno raggiunto, nel 2011, la cifra record di 41milioni di euro. E dopo il grande interesse per gli artisti brasiliani apparsi sulla scena alla metà degli anni Ottanta (vedi Top 5), ultimamente è rilevabile, da parte del collezionismo internazionale, una maggior attenzione anche per gli artisti emergenti e per alcuni autori più anziani come Tunga, Cildo Meireles, Hélio Oiticia e altri. Un’attenzione per la scena brasiliana che non si vedeva dagli anni Sessanta e dal successo di movimenti come il Tropicalismo o il Neo Concretismo.
Oggi le cose, però, sono diverse, e la continua fioritura di artisti che caratterizza la scena artistica del paese, una delle più eccitanti di oggi, è dominata da singole individualità difficilmente riconducibili ad un movimento codificabile, in primo luogo quelle di Paulo Nazareth e Lucas Arruda, che possono essere considerati i principali artisti brasiliani del momento, per quanto non molto conosciuti a livello internazionale come ci spiega Pedro Mendes, co-fondatore dalla Galleria Mendes Wood, una delle più importanti del paese.
Nicola Maggi: Negli ultimi decenni tutti guardano al Brasile come ad una nuova Eldorado, un luogo che offre grandi opportunità di business. Come si riflette tutto ciò sulla scena artistica contemporanea del Paese?
Pedro Mendes: «L’interesse è cresciuto nel momento in cui la nostra società e la nostra economia sono diventate più sofisticate. La cultura del collezionismo si è istituzionalizzata e i collezionisti privati e i musei fanno oggi a gara per aggiudicarsi i lavori migliori. Il Brasile, d’altronde, ha avuto movimenti importanti che, già dagli anni Cinquanta, hanno influenzato la storia dell’arte, come nel caso del Neo Concretismo».
N.M.: Quali sono le caratteristiche, gli autori e i movimenti più importanti della scena artistica contemporanea del Brasile?
P.M.: «In Brasile si sta sviluppando una scena artistica molto importante ma è difficile individuare un movimento come è avvenuto negli anni Sessanta/Settanta con Tropicalia. Stiamo vivendo un momento in cui il processo di individuazione è massiccio e si stanno facendo spazio diverse possibilità e pratiche. Abbiamo istituzioni molto importanti e collezioni come Inhotim, il Museo do Mar a Rio o Pinacoteca, tanto per fare qualche nome. Abbiamo una Biennale molto forte e festival interessanti come Video Brasil».
N.M.: In che relazione è la nuova generazione di artisti brasiliani con quella passata e con la cultura dei nativi?
P.M.: «Ultimamente stiamo assistendo ad un ritorno di interesse per la memoria arcaica, crocevia di differenti civilizzazioni che hanno fatto del Brasile il Brasile. Artisti importanti come Tunga, Paulo Nazareth, Lygia Clark sono molto interessati alla riscoperta di queste identità del passato».
N.M.: Qual è il più importante centro artistico del Paese?
P.M.: «Assolutamente San Paolo. La sua scena artistica è così vibrante, piena di talenti da scoprire. I curatori e gli amministratori dei principali musei visitano la regione con regolarità e proprio di recente abbiamo avuto 35 soci di un nuovo museo che hanno visitato le principali gallerie della città: Fortes Vilaça, Mendes Wood, Luisa Strina e Galeria Vermelho».
N.M.: Che consiglio daresti ad un collezionista interessato ad essere sempre aggiornato sugli sviluppi dell’arte brasiliana?
P.M.: «Di venire qui. Vistare le nostre principali gallerie che lavorano sul mercato primario, la Biennale di San Paolo e la nostra fiera più importante: SP-Arte».
Dopo la dittatura che ha guidato il paese dal 1964 al 1985, la scena artistica e il mercato brasiliano stanno vivendo una nuova primavera che ha portato alla nascita, nel 2005, della prima fiera d’arte del Brasile: SP-Arte. La collaborazione delle gallerie al successo di questo evento ha incoraggiato la formazione della prima associazione di gallerie di arte contemporanea ABACT (The Brasialian Association of Contemporary Art), nata nel 2007 e originariamente composta da otto membri ma che oggi conta 46 gallerie associate, tutte operanti sul mercato primario e che rappresentano oltre il 75% del settore dell’arte contemporanea in Brasile.
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