Dopo esserci soffermati sul calendario delle fiere d’arte che animeranno il primo semestre di quest’anno torniamo a varcare le soglie delle nostre gallerie d’arte per scoprire gli appuntamenti più interessanti di questo gennaio senza disdegnare qualche gustosa anticipazione. Iniziamo dalla Toscana dove, fino al 26 febbraio, Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno ospita l’artista ucraina Zhanna Kadyrova protagonista della mostra “Animalier”, curata da Ilaria Mariotti.
Parte del progetto “Arte – Impresa – Territorio”, che da alcuni anni il Comune di Santa Croce sull’Arno declina insieme a realtà imprenditoriali e culturali come Galleria Continua, Associazione Arte Continua e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, la mostra “Animalier” presenta opere inedite realizzate appositamente per il progetto. Una mostra che si incentra sulla nostra capacità di adattarci alle condizioni del presente, sulla continua necessità dell’uomo di poter ripensare materiali che sono in via di esaurimento, ma che sono necessari o desiderabili. Il reinventarsi come principio di adattamento sta diventando inevitabile. Questo accade anche per le tante stampe animalier che imitano o reinventano il mantello di animali che non è più possibile utilizzare (il ghepardo ad esempio).
Sempre in Toscana, questa volta a Firenze, segnaliamo la mostra di Giulia Napoleone con la Galleria Il Ponte inaugura il suo programma espositivo 2020. Intitolata Nero di china e visitabile fino al 20 marzo prossimo, la mostra è interamente dedicata a un nucleo di recenti opere in bianco e nero, realizzate interamente con l’inchiostro di china. In mostra verranno anche presentati gli ultimi suoi due libri d’artista: Yves Peyré, Les Rehauts du Songe (da cui sono tratti i titoli delle opere esposte) e Luigia Sorrentino, Olympia, entrambi per le Edizioni Al Manar, Parigi, 2017 e 2019, corredati da chine e pastelli originali dell’artista.
Da Firenze a Prato, dove dal 18 gennaio al 7 marzo 2020, la Galleria Open Art ospita la mostra Guido Pinzani. La forma nel tempo della forma. In questa nuova antologica, che arriva a 18 anni dalla precedente, sono soprattutto le opere di grande formato ad essere protagoniste, molte delle quali inedite, mai esposte o pubblicate prima. Esemplari unici come sempre nella sua ricca produzione, opere che chiariscono e confermano l’immutabilità del suo percorso. Un percorso che, maturato nel flusso dei favolosi anni Sessanta dopo avere metabolizzato la lezione informale, non si è mai allontanato da visioni attente ai temi della forma, dell’oggetto e dalla ricerca di un puntuale profilo estetico.
An internationalsubconscious awareness of capitalism è, invece, il titolo della prima mostra personale in Italia della video artista argentina Liv Schulman, vincitrice del Prix Fondation d’entreprise Ricard, con cui la veneziana Galleria A plus A inaugura, il 18 gennaio prossimo, la sua stagione espositiva 2020. Post-colonialismo, estetica, economia, finanza, politica, psicologia e sessualità creano nei video di Schulman quella che si potrebbe chiamare una subconscia consapevolezza internazionale del capitalismo avanzato. Non importa in quale lingua si parli nel video – danese, inglese, francese, ebraico o spagnolo – ciò che conta è che la parola e il gesto svelano sempre più di quanto i protagonisti vorrebbero ammettere.
Dal 17 gennaio prossimo a Milano, invece, sarà la Land Art ad essere protagonista negli spazi della Loom Gallery di Via Marsala con la mostra Beyond Mud and Stones che si rifà ad importanti precedenti come le esposizioni “Earth works” e “Earth art” di fine anni Sessanta, ma essendo un’arte ispirata alla natura, il tema è quantomai attuale e dai cataloghi del tempo possiamo trarre nuovi preziosi spunti. Anche se si tratta di “dematerializzazione dell’ arte, specialmente dell’ arte oggetto”, per dirla alla Lippard/Chandler e di “arte effimera”, immagini e testi esistono infatti davvero. “Troublemakers” o “costruttori di sogni” li hanno così chiamati, e in mostra ci sono tutti: Michael Heizer, Walter De Maria a Richard Long, Jan Dibbets, Robert Smithson e altri ancora.
Ancora a Milano, la galleria Gió Marconi presenta, da 23 gennaio prossimo, la mostra Mario Schifano. Qualcos’altro dedicata ad un nucleo di monocromi compresi tra il 1960 e il 1962, curata da Alberto Salvadori e in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano. L’artista comincia a realizzare questi smalti su carta intelata a partire dal 1959, dopo alcune esperienze informali. In anticipo rispetto ad altri protagonisti della scena romana, Schifano intende con i suoi monocromi non solo azzerare la superficie del quadro, anche come risposta all’informale, ma attribuirle un altro punto di vista, “inquadrarla”, proporre un nuovo modo di vedere e di fare pittura. Alle opere verrà affiancato un nucleo di lavori su carta degli stessi anni e, per l’occasione, sarà pubblicato un giornale della mostra in formato tabloid con contenuti inediti dell’artista e un contributo di Riccardo Venturi e Alberto Salvadori.
Rimanendo nel capoluogo lombardo, ormai capitale incontrastata del contemporaneo in Italia, non possiamo non segnalare, infine, Vent’anni – Twenty Years. Collettiva allestita da ieri in entrambi gli spazi della galleria Kaufmann Repetto, Milano e New York, con una selezione di opere, alcune delle quali mai esposta prima, degli artisti che la galleria rappresenta. La mostra è una delle tante testimonianze possibili che riflettono una storia espositiva di oltre due decenni; una raccolta libera ma coerente da cui emergono i temi che hanno plasmato le prospettive e i progetti realizzati dalla galleria e dagli artisti che vi lavorano.
Passando a Roma, è visitabile fino al 1° febbraio la mostra Inner Landscapes, collettiva con opere degli artisti Paula Cortazar, Benjamin Degen, Alexandra Karakashian, Michele Mathison, curata da Marina Dacci negli spazi della Galleria Anna Marra Contemporanea. “Una mostra – spiega la curatrice – su un viaggio sociale, culturale ed esistenziale, inteso come un crocevia in cui il presente dei passaggi e dei materiali si mescola al passato dei ricordi, della memoria, e alle incertezze del prossimo futuro. Un viaggio che genera perdite e rimpianti, ma anche visioni, aspettative. Una cartografia della coscienza, quindi, oltre a una cartografia dei luoghi.”
Sempre a Roma, Matèria ospita fino al 21 gennaio la personale Esposizione di Frutta e Verdura dedicata ad un nuovo corpus di opere dell’artista Giuseppe De Mattia, un progetto site specific curato da Vasco Forconi. In occasione della sua seconda mostra personale negli spazi della galleria, De Mattia continua la sua ironica indagine sui modi di produrre, vendere e consumare opere d’arte. I trucchi e i dispositivi della vendita – osservabili sia nei mercati delle pulci che negli uffici della galleria – sono sottoposti a uno sguardo analitico, diventando strumenti per tracciare e sviluppare una narrazione auto-riflessiva che espone l’artista, che viene colto in flagrante, nell’atto dei suoi sforzi eterni di contrattazione con proprietari di gallerie, critici e potenziali collezionisti.
Infine, spostandoci ancora verso sud, la Galleria Nicola Pedana di Caserta ospita fino al 22 febbraio prossimo Luce, prima mostra personale di Paolo Bini negli spazi espositivi di Piazza Matteotti. Si tratta di un progetto site-specific, realizzato appositamente per gli spazi della galleria casertana. Le opere in mostra, sono state elaborate successivamente ad un progetto di ricerca che l’Artista ha svolto presso l’ ISCP – International Studio & Curatorial Program di New York, nella primavera del 2019. In contrasto alle sue più riconoscibili e precedenti produzioni, Bini ha lavorato su matrici monocromatiche tendenti a bianchi, grigi, neri e brevi accenni di colore, utilizzando il supporto olografico, scoperto a New York. Sono opere che vivono di luce, in grado di modificarsi a seconda della sua inclinazione e del punto di vista dell’osservatore, ed è la luce stessa a creare l’effetto policromo, non il colore. Questa nuova tipologia di lavoro viene presentata al pubblico per la prima volta in Italia e consente di mostrare l’evoluzione artistica di Paolo Bini in un costante ed eclettico dialogo con il mezzo pittorico.