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KEART. In dialogo con Benedetta Bodo di Albaretto e Paolo Gili

del

Collezione da Tiffany da qualche tempo sta cercando di focalizzare l’attenzione dei suoi lettori sulla tematica della conservazione delle collezioni e delle opere d’arte. Talvolta, però, applicare quelle buone norme di conservazione preventiva non è sufficiente a preservare dipinti, sculture, affreschi, decorazioni e chissà quante altre espressioni artistiche.

E in questi casi occorre l’intervento degli esperti, dei restauratori. Ogni intervento di restauro però ha un costo che troppe volte si sottovaluta. A risolvere questo spinoso problema ci pensa KEART – Keep an eye on art.

Ma di cosa si tratta? Ce ne parlano Benedetta e Paolo, conservatrice e restauratore che insieme stanno provando a guardare un po’ oltre la professione pratica e che, con il servizio KEART, ambiscono a istituzionalizzare nel vero senso della parola quello che, a guardarlo bene, pare un circolo virtuoso necessario in questo campo.

FG: Che cos’è il progetto KEART?

BBdA: Keart – acronimo di Keep an eye on art – è un servizio nato qualche mese dall’intuizione di un restauratore e di una conservatrice, entrambi con alle spalle numerose collaborazioni con Istituzioni e realtà museali importanti, impegnate attivamente nella valorizzazione di collezioni pubbliche – e non solo – altrettanto rilevanti.

L’esperienza ha insegnato ad entrambi che le risorse a disposizione dei nostri Musei sono limitate rispetto alle esigenze della struttura stessa, oltre che delle stesse opere d’arte, il che si traduce nella necessità – in ogni collaborazione che prevede una manutenzione ordinaria o straordinaria – di “ottimizzare” tempo e capacità.

In questo modo però si rischia di non eseguire tutte le procedure che sarebbero necessarie, ci si trova in condizione di non poter far fronte ad imprevisti e nella difficoltà di non potere essere flessibili di fronte a scoperte in corso d’opera. Insomma, non si lavora al meglio delle proprie possibilità.

Non essendoci margini di miglioramento all’orizzonte, abbiamo deciso di provare a cercare soluzioni alternative a supporto della tutela delle opere, attirando l’attenzione del pubblico. La risposta che abbiamo ottenuto investendo sulla comunicazione ed il coinvolgimento diretto di visitatori – in presenza e da remoto, in Museo e durante incontri e convegni – ci ha aperto una finestra e un orizzonte su altre possibilità di collaborazione, in particolare quelle con le aziende attive sul territorio e interessate ad investire in cultura.

FG: Quando nasce l’idea?

PG: In realtà l’idea è nata già qualche anno fa, con un primo intervento di restauro sulla croce processionale di Pietro Piffetti, che ho scelto di realizzare completamente a vista, allestendo un vero e proprio laboratorio di restauro nel coro absidale di un’importante e antica chiesa di Torino, l’arciconfraternita dello Spirito Santo.

In quell’occasione le visite su prenotazione che abbiamo organizzato dall’inizio alla fine dell’intervento sono andate tutte sold out, coinvolgendo un pubblico complessivo di oltre 500 persone. Più recentemente con strumenti digitali che ci hanno permesso di inaugurare la sezione OnAir, ho scelto di raccontare in diretta dal mio laboratorio di restauro – Mnemosyne Servizi ndr – l’intervento su una Picca Giapponese proveniente dalla collezione etnografica del Castello di Racconigi.

Anche in questo caso l’interesse suscitato è stato concreto e tangibile, una risorsa da non sottovalutare e su cui abbiamo puntato, con successo, quando abbiamo inaugurato il cantiere a settembre 2022 per i Musei Reali di Torino, progetto per cui abbiamo previsto un programma di promozione e valorizzazione che sottolineasse anche una precisa vocazione etica, quella dello sponsor che ha sostenuto il cantiere.

FG: Che cosa è successo a Palazzo Reale a Torino?

PG: Per il momento KEART ha portato a termine il primo cantiere a vista nella Sala degli Staffieri con il supporto di Fresia Alluminio spa, per il restauro del Fregio – dodici Allegorie delle virtù Sabaude – ed un secondo dedicato alle sei sovrapporte dello stesso ambiente, su cui è stata completata una manutenzione dedicata anche grazie al sostegno della società Retrò Consulting Group di Torino.

In entrambi i casi i lavori sono stati svolti dal laboratorio di restauro Mnemosyne Servizi dopo che sono stati reperiti i fondi necessari per integrare le risorse messe a disposizione del Museo tramite uno sponsor privato individuato da KEART.

È stato possibile lavorare sulle opere secondo le tempistiche necessarie, facendo i dovuti approfondimenti tecnici e autoptici e restituendo in termini di informazioni in tempo reale, ma anche visibilità e vantaggi fiscali, quanto i mecenati hanno scelto di donare.

Nel caso di Retrò Consulting Group ad esempio, si è creata una situazione molto interessante perché hanno deciso di festeggiare il decennale della loro attività – incentrata sulla consulenza per imprese in ambito di comunicazione, marketing e real estate management – promuovendo un intervento rivolto alla collettività.

Trovando un’analogia tra il loro approccio dedicato al cliente e le attività proposte da KEART, con cui condivide un occhio rivolto all’innovazione, intesa come evoluzione del capitale storico, RCG ha seguito con entusiasmo l’approfondimento del caso della tela di Giuseppe Nogari e il suo restauro, invitando i suoi clienti “a corte” e facendoli partecipi del racconto. Esattamente il tipo di risposta che desideriamo e speriamo di ottenere da altri sponsor in futuro.

FG: Per questo la cosa sembra funzionare! Quali sono i prossimi passi?

BBdA: Entrambi i cantieri, l’ultimo da poco concluso, sono stati un esperimento di successo, grazie ai risultati ottenuti – dopo aver dato un nome e una struttura a quest’iniziativa, ancora in via di definizione su qualche aspetto – abbiamo gettato le fondamenta su cui lavorare su più fronti. Intanto abbiamo ricevuto manifestazioni di interesse da parte di realtà professionali che potrebbero diventare partner del progetto, contemporaneamente stiamo ampliando una rete di contatti interessante anche in termini di ufficio stampa e luoghi preposti a comunicare i risultati degli interventi.

In futuro è nostra intenzione metterci a disposizione e/o coinvolgere anche altre ditte di restauro, con l’idea di creare per ognuna il giusto canale di comunicazione, perché possano offrire maggiore visibilità al loro operato e perché ci sia più di un cantiere KEART attivo allo stesso momento!

Di sicuro i prossimi interventi in calendario ci vedranno presentare nuove collaborazioni, nuovi sponsor e nuovi contesti con una costante: una comunicazione su misura delle esigenze dell’opera, del Museo e del Mecenate, che coinvolga attivamente il pubblico e racconti nel dettaglio le operazioni che eseguiremo.

FG: Qual è l’impatto culturale di un’operazione come quella che avete messo in piedi?

BBdA: L’idea è di far arrivare il racconto di un lavoro solitamente svolto a porte chiuse a chiunque sia interessato, operatori del settore oppure visitatori, parlando contemporaneamente di chi ha reso possibile la manutenzione ordinaria o straordinaria delle collezioni.

Pensiamo sia giusto valorizzare anche chi investe nel nostro patrimonio, per cui tanto ci si spende a parole, per poi finire troppo spesso trascurato se non dimenticato. Per i nostri sponsor ed i loro clienti è stata una sorpresa immergersi nella storia di uno o più dipinti ed autori, oltre che sul lavoro “pratico” messo in campo dal laboratorio di restauro.

Per questo pensiamo che poter scegliere tra più realtà che hanno bisogno di essere restaurate sia un’occasione anche per i Mecenati di approfondire un interesse specifico, un’epoca, un artista… di certo è un modo concreto di immergersi in un contesto che non dimenticheranno facilmente!

FG: Quali sono le strategie che KEART adotta per coinvolgere il pubblico?

PG: La strategia di base è una comunicazione attiva e diretta, che presenti anche le diverse specializzazioni dei restauratori, dei diagnosti e storici dell’arte al lavoro sul progetto. Il restauro, come molti lavori artigianali, ha sempre sofferto del ”segreto di bottega” da non rivelare, da custodire. Il restauro oggi deve rivelarsi sia nella sua veste professionale più alta e specializzata, sia in quella operatività di buon senso dove vista, tatto e sensibilità sono alla base della qualità del lavoro.

Per questo ogni progetto viene raccontato attraverso una comunicazione ad hoc, che sfrutta telecamere 4k, grandi schermi per mostrare in alta risoluzione l’operatività live, cartellonistiche specifiche con gli approfondimenti all’opera e allo sponsor, grafiche esplicative delle tecniche artistiche. Vogliamo offrire un’esperienza indimenticabile.

Francesca Gasparetto
Francesca Gasparetto
Restauratrice-conservatrice di formazione con una passione per il data management e la documentazione digitale delle collezioni d'arte. E’ autrice di diverse pubblicazioni scientifiche sul tema della documentazione per la conservazione del Patrimonio. Collabora con l’Università degli Studi di Urbino nell'ambito di progetti internazionali sul tema della conservazione del Patrimonio e tiene un corso sulla documentazione digitale. E’ co-fondatrice della start-up arturo, società che si occupa di conservazione e documentazione delle collezioni d’arte.

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