Continua a crescere il mercato di Piero Dorazio, che dal 2013 sta facendo registrare aggiudicazioni d’asta sempre più alte e fatturati in costante ascesa. Il tutto per un mercato su cui oggi “non tramonta mai il sole”, ma su cui potrebbe pesare, per il futuro, un eccesso di liquidità.
Il mercato “globale” di Piero Dorazio
Dagli Stati Uniti all’Australia passando per l’Europa. Pochi artisti italaini possono vantare un mercato così ampio come Piero Dorazio che, negli ultimi 5 anni, sta conoscendo un vero e proprio surriscaldamento delle sue vendite, sia in termini di presenza in asta che di fatturati.
Una crescita coronata dal recente nuovo record – realizzato da Un bel niente, olio su tela del 1958 battuto a 400.000 € da Sotheby’s Italia il 18 aprile 2018 partendo da un astima di 100-150.000 € -, mentre in questo 2019 è arrivata la sua seconda aggiudicazione più alta di sempre, registrata il 15 novembre scorso con la vendita dell’opera Cool Star del 1962, aggiudicata per 380.014 € da Sotheby’s New York e presentata in catalogo con una valutazione di 162.863 – 226.198 €.
Scorrendo gli annali, per riusire a ritrovare livelli simili è necessario tornare indietro di almeno 10 anni, ma allora furono solo delle parentesi che riguardarono i bienni 2007-2008 e 2010-2011. Intervallati da alti e bassi, anche molto profondi. Ma dopo essere crollato, nel 2012, di quasi il 35%, dal 2013 il suo fatturato è tornano a crescere in modo costante, passando dai 1.142.762 € di sei anni fa ai 3.633.547 € di quest’anno (dato provvisorio). Il tutto con una accelerazione iniziata nel 2014 e ancora non esaurita.
Situazione analoga per i prezzi medi che, seppur al di sotto del record del 2007 (18.124 €), sono tornati ormai a superare agilmente i 10.000 euro e continuano a crescere, tanto che quest’anno, dopo un già ottimo 2018, siamo a quota 14.083 €. Basti pensare, d’altronde, che 100 euro investiti in una sua opera nel 2000 valgono oggi, in media, 332 euro con un incremento di valore pari al +232% (Fonte: ArtPrice.com). Nella classifia di ArtPrice, peraltro, Dorazio si colloca oggi al 312° posto, subito sopra Enrico Castellani. Nel 2018 era al 354° e solo nel 2014 al 656°.
Un trend positivo, quello appena descritto, messo potenzialmente a rischio da un eccesso di disponibilità di sue opere sul mercato. Se nel biennio 2007-2008, infatti, i suoi passaggi in asta si attestavano sui 150-160 lotti all’anno, oggi siamo tra i 210 e i 260. Questo incremento di presenza delle opere di Dorazio lo si è registrato, perlatro, anche in vari appuntamenti fieristici italiani, a partire da Arte Fiera dove in moltissimi stand quest’anno si potevano ammirare (e comprare) suoi lavori.
Una vera e propria “dorazite”, che per il momento non sembra avere ripercussioni, ma rietro la quale non mi pare vi sia una lucida strategia di rilancio. Per i numeri ci dicono che all’aumento di lotti in asta a suo nome, sta corrispondendo una progressiva riduzione del tasso di inveduto, passato dal 41.6% del 2014 al 27.1% di quest’anno. Già dal 2015, peraltro, questo dato si mantiene entro il 30%, quando in passato era sistematicamente sopra il 40%. Fanno eccezione gli anni precedenti al 2008, ma era un periodo in cui le sue opere sul mercato erano veramente molto poche.
Se il mercato tiene, la sua solidità è però tutta da dimostrare. Prezzi in rapida salita e una immissione in vendita di sue opere un po’ troppo rapida, non sono mai indice di qualcosa di buono e, questo, sarebbe un grand peccato, considerato il valore dell’artista e quando, già in passato, il suo mercato abbia sofferto di una gestione certamente non illuminata.
Come mai tanta disponibilità di opere?
Vista l’importanza che oggi sul mercato hanno rarità, qualità e provenienza, credo sia più che lecito chiedersi come mai ci sia questa grande presenza di opere di Dorazio sul mercato. Non perché l’artista non meriti una corretta rivalutazione, anzi… proprio perchè la meriterebbe.
Se da un lato, il fatto che il valore artistico di Dorazio sia sempre più riconosciuto anche fuori dai confini nazionali, dopo anni passati nelle retrovie del mercato, non può far altro che piacere, dall’altro, il grande afflusso di sue opere nelle aste e nelle fiere non può che sollevare alcuni quesiti. Difficile, infatti, dire con certezza cosa lo abbia determinato. Considerando anche che non si sono tenute, nel mondo, mostre particolarmente importanti che possano aver attratto l’attenzione del collezionismo internazionale, sempre alla caccia di opere fresche.
Le motivazioni possono essere le più svariate. Può essere un effetto della ricerca, da parte delle case d’asta, di nuovi nomi da proporre, come alternativa ai grandi “brand” (Fontana, Boetti, Castallani) che fino ad oggi hanno tenuto vivo il mercato dell’arte italiana nel mondo, ma la cui liquidità è ormai limitata e i prezzi troppo eleventi. Il sospetto, però, è che ad incentivare l’immissione di sue opere sul mercato possa essere stata anche la nascita del nuovo archivio, fondato a Milano proprio nel 2014 in sostituizione del precedente nato a Todi alla fine del 2006.
Sicuramente l’archivio milanese sana, almeno in parte, la situazione venutasi a creare dopo la morte di Dorazio, quando alla sua vita e alla sua opera fu impedita la meritata celebrazione a causa di una dura contesa tra gli eredi. Tanto che l’archivio di Todi – creato dalla seconda moglie, Giuliana Soprani, contro la stessa volontà espressa dall’artista, sia pubblicamente che nel testamento – lo ricordò organizzando una mostra fotografica senza neanche un quadro. Cosa piuttosto anomala trattandosi di un pittore, ma frutto proprio di quella diatriba sull’eredità che ha rischiato di relegare ad una dimensione provinciale uno dei nostri più grandi artisti.
La stessa diatriba che bloccò, per qualche tempo, l’attività dello stesso archivio di Todi – poi sostiuito, appunto, dal nuovo – con buona pace dei collezionisti che cercavano di entrarci in contatto. Una ricostruzione di questa penosa vicenda, durata anni e che ha rischiato di danneggiare irrimediabilmente l’immagine di Dorazio, la trovate su Artribune in un vecchio articolo di Eleonora Antini -> Dorazio, la compagna, la cancelliera, il gallerista.
Questi cambiamenti di archivio, però, non sono mai indolore per quanto talvolta fondamentali per rilanciare, come in questo caso, l’immagine e il mercato di un artista. Già dal 2011, infatti, nell’ambiente iniziano a girare alcuni rumors. Da più parti, ci si lamenta – anche se mai apertamente – del fatto che il nascente archivio milanese non abbia intenzione di riconoscere le autentiche precedentemente rilasciate da Federico Sardella, curatore di quello umbro.
L’obiettivo di questa volontà è, in un certo senso, molto nobile: ripulire il mercato di Dorazio da falsi e opere di dubbia attribuzione. Come sappiamo bene, però, queste sono questioni delicate. In primo luogo perchè un collezionista corre il rischio di trovarsi in mano, improvvisamente, un’opera in passato risconosciuta come autentica e oggi, invece, bollata come falsa. Ovviamente sono tutte ipotesi, ma ci pare un motivo più che valido per indurre a meditare sulla possibilità di rivendere le proprie opere, sfruttando l’inevitabile zona grigia tipica dei momenti di passaggio.
Ad incentivare questa ipotesi, anche il fatto che col nuovo archivio far autenticare un’opera di Dorazio diventa abbastanza oneroso dal punto di vista economico. Gli importi da versare per ciascuna opera, si legge sul sito, sono infatti i seguenti seguenti (IVA esclusa): € 800 per oli su tela; € 500 per opere su carta (diverse dai multipli); € 500 per sculture (diverse dai multipli); € 200 per opere grafiche e multipli e € 200 per ceramiche e altre tipologie di oggetti. Non poco se si considera che il 55% dei suoi lavori venduti in asta rientra in una fascia tra i 100 e i 5000 euro.
Detto questo la speranza è che l’attività dell’archivio e il suo nuovo catalogo ragionato, di prossima uscita e che sostituirà quello edito da Alfieri, possano dare solidità a questo fenomeno di rinnovato interesse per l’opera di Dorazio, contenendone anche la liquidità e i pericoli di speculazione che certe impennate nei prezzi di aggiudicazione degli ultimi tempi fanno intravedere.
Il Dorazio più desiderato
Ma qual è il Dorazio migliore e più apprezzato sul mercato? Sicuramente quello dei primi anni Sessanta quando, membro del Gruppo Forma 1, la sua ricerca artistica si focalizza su una nuova idea di pittura giocata sul colore e sulla luce. Tra le opere di maggior pregio i reticoli del anni tra il 1959 e il 1963 e i grandi dipinti scenografici degli anni Sessanta. Appartengono a questi periodi, non a caso, tutti lavori che, in questi ultimi anni, hanno raggiunto i prezzi di aggiudicazione più alti (superiori ai 100.000 euro).
Dai già citati Un bel Niente del 1958 e Cool Star del 1962 a Friendly deterrent (1958), battutto per 360.000 euro da Meeting Art il 29 settembre del 2014. Per arrivare a Jeux d’air (1962) (355.500 euro da Christie’s Italia l’11 aprile 2018); Sottovoce bleu (1960-1961) aggiudicato per 288.535 euro da Christie’s London il 16 ottobre 2014 e Berlin Air (1962) venduto per un hammer price di 278.000 euro da Christie’s Italia il 3 aprile scorso.
Arrivano, poi, i lavori degli anni Settanta e Ottanta che, salvo rare eccezioni, si mantegono ancora sotto i 100.000 euro mentre i dipinti degli anni Novanta hanno quotazioni ancor più contenute (dai 50.000 euro in giù). Chiudono la classifica le opere dal 2000 in poi, spesso ben al di sotto dei 10.000 euro.
Piero Dorazio in breve
Piero Dorazio nasce a Roma il 29 giugno 1927. Dopo il liceo classico, negli anni Quaranta approfondisce da autodidatta il suo interesse per la storia dell’arte, sensibilizzato anche dalla frequentazione dello studio del pittore Aldo Bandinelli, padre del suo compagno di scuola Angiolo. La sua formazione prosegue poi con gli studi incompiuti di architettura a La Sapienza di Roma. Le sue relazioni con gli artisti di quel periodo lo portano a fondare nel 1947 il gruppo Forma 1 insieme a Giulio Turcato, Concetto Maugeri, Antonio Sanfilippo e Carla Accardi.
Nello stesso anno, entra in contatto con i maggiori artisti internazionali recandosi a Parigi, dove nel 1948 espone al “Salon des réalités nouvelles”. Nel frattempo, a Roma, è presente con le proprie opere alla Quadriennale e contribuisce all’organizzazione della mostra “Arte astratta in Italia”. Invitato nel 1953 per un seminario all’Università di Harvard, si trasferisce a New York dove presenta la sua prima mostra di disegni e la sua prima personale. Tornato in Italia, nel 1955 pubblica il compendio “La fantasia nell’Arte nella vita moderna” e nel 1957 presenta la sua prima personale a Roma.
Nel 1956 e 1958 partecipa alla Biennale di Venezia e nel 1959 a Documenta 2 a Kassel. Nel 1960 espone di nuovo alla Biennale, in una grande sala personale. Lo stesso anno, all’Università di Pennsylvania, Filadelfia, inizia a dirigere il dipartimento di Belle Arti, incarico che ricoprirà nei successivi dieci anni, insegnando un semestre l’anno. Nel 1961 riceve il Prix Kandinsky e nel 1962 viene invitato a far parte del Gruppo Zero, con il quale parteciperà in seguito a numerose mostre collettive e pubblicazioni. Nel 1965 espone alla mostra “The Responsive Eye” al MoMA – Museum of Modern Art di New York.
Nel 1966 presenta una seconda mostra personale alla Biennale di Venezia e l’anno successivo collabora con Giuseppe Ungaretti al volume “La Luce”. Dopo avere trascorso sei mesi a Berlino su invito dell’Accademia tedesca nel 1968, lavora a numerose mostre personali e viaggia in Grecia, Medio Oriente e Africa finché nel 1974 si trasferisce definitivamente a Todi, da dove continua a dipingere assiduamente e a partecipare alla vita artistica e culturale italiana e internazionale. Nel 1979 ha luogo la sua prima retrospettiva in Francia, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, mentre nel 1983 viene accolto con una retrospettiva del suo lavoro alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Nello stesso anno partecipa con una selezione di opere alla mostra “Italian Art 1960-1980” presso la Hayward Gallery di Londra, nel 1986 riceve il Premio dell’Accademia di San Luca e nel 1988 presenta la sala personale alla Biennale di Venezia. Negli anni Novanta il suo lavoro è esposto in varie mostre, tra le quali un’ampia antologica al Museé de Grenoble nel 1990, alla Galleria Civica di Bologna nel 1991, e una personale al Museo civico di Atene nel 1994 e al Pac di Milano nel 1988. Nei primi anni Duemila le sue opere continuano a essere oggetto di mostre e riconoscimenti in Italia e all’estero. Muore a Perugia il 17 maggio del 2005.