Prime cinque candeline per la Galleria Massimodeluca che, nata nel 2012 a Mestre, non solo è l’unica galleria di arte contemporanea nella terraferma veneziana, ma anche una delle poche gallerie che lavorano solo con giovani artisti e che fanno veramente ricerca nel nostro Paese. In poco tempo grazie al lavoro della direttrice artistica, Marina Bastianello, e al suo grande intuito la Galleria è entrata ad Artissima ed in varie fiere all’estero, tra le quali la POPPOSITIONS di Bruxelles dove, quest’anno, sarà presente come unica galleria italiana. La stagione 2017, nel frattempo, è iniziata e dopo la mostra di Graziano Folata, la galleria veneta inaugura questo sabato una nuova personale, dedicata alla ricerca poliedrica di Giusy Pirrotta (n. 1982): Seamlessness. In attesa dell’opening abbiamo così incontrato Marina Bastianello per farci raccontare come la Galleria arriva all’importante “giro di boa” dei cinque anni e cosa si profila all’orizzonte, anche in vista della prossima Biennale veneziana.
Nicola Maggi: Come è andata la prima mostra della stagione 2017?
Marina Bastianello: «L’anno espositivo della Galleria Massimodeluca si è aperto con Parabola, mostra personale di Graziano Folata, che ha consolidato un rapporto di collaborazione pluriennale con l’artista. Con lui ho infatti condiviso, durante il periodo trascorso in galleria, le visioni, la realizzazione e il nascere delle opere. La mostra, caratterizzata da un nucleo di opere inedite realizzate appositamente per l’occasione, ha riscosso un consenso favorevole da parte del pubblico e della critica nonché un riconoscimento da parte dei collezionisti, testimoniato dalle numerose trattative andate a buon fine. Ritengo comunque che la conferma più importante sia stata data dall’artista stesso e dal suo percorso di crescita, in un rapporto di confronto sempre costante con la galleria, che ha consolidato il suo grado di maturità».
N.M.: Il 4 ottobre prossimo la galleria compirà 5 anni. Un traguardo importante…
M.B.: «Cinque anni sono un traguardo molto importante, ho sempre sostenuto che entro questo termine di tempo una galleria emergente debba raccogliere i primi frutti, arrivando a compiere il cosiddetto “giro di boa”. Credo che le energie siano sempre state ben investite e continueremo a lavorare in questa direzione, consapevoli che il lavoro finora svolto sia stato ottimo ma che non manchino occasioni di miglioramento utili a garantire che la passione per questo lavoro non si esaurisca».
N.M.: Aprire nel 2012 una galleria a Mestre è stata una bella sfida. Perché qui e non a Venezia?
M.B.: «Abbiamo deciso di aprire la galleria a Mestre e non a Venezia sia per una questione affettiva – che si esprime nella volontà di investire in questa città dove noi viviamo e lavoriamo e che riteniamo essere un incubatore culturale delle forti potenzialità – sia perché crediamo, parlando di progettualità, che non sia il luogo a fare la differenza, ma i contenuti. E’ stata una sfida che siamo contenti di esserci imposti».
N.M.: A proposito di Venezia, tra meno di due mesi inaugurerà la 57 esima Biennale. Avete qualche progetto particolare per l’occasione?
M.B.: «Questo periodo coinciderà con il rilancio di un’importante iniziativa della galleria, quest’anno giunta alla sua terza edizione: Darsena residency #3. Un programma di residenza innovativo che per un mese unisce lo spazio privato a quello espositivo, mettendolo a disposizione di giovani artisti emergenti, che si propone come occasione di approfondimento delle personali metodologie di lavoro e sarà ancora una volta caratterizzato da giornate open studio dedicate al pubblico e agli addetti ai lavori. Rispetto all’edizione precedente la selezione si svolgerà su invito. Gli artisti sono già stati individuati, ma l’unica anticipazione che posso darvi è che si tratterà di un progetto internazionale. Inoltre stiamo elaborando un progetto di performance in collaborazione con un artista presente in Biennale. Ma anche di questo non posso svelare di più..!».
N.M.: Gli artisti che rappresentate sono giovanissimi… un’altra sfida coraggiosa?
M.B.: «Credo che i giovani artisti siano il futuro, ecco perché più che di sfida coraggiosa parlerei di impegno nel promuovere la loro crescita e ricerca artistica, aiutandoli nella produzione delle opere, incentivando la loro partecipazione a residenze e premi, incoraggiando il loro atteggiamento critico affiancandoli a curatori e agevolando il loro accesso nel mercato dell’arte».
N.M.: I vostri artisti dove li cercate?
M.B.: «Facendo molte studio visit. Anche il progetto della residenza è uno strumento per conoscere approfonditamente nuovi artisti, non a caso tre degli artisti da noi rappresentati hanno prima partecipato al programma Darsena residency».
N.M.: La vostra gallerie partecipa a varie fiere sia in Italia che all’estero. Qual è, dal suo punto di vista, il rapporto tra il collezionismo italiano e l’arte emergente e come si differenzia da quello di altri paesi?
M.B.: «Per ora possiamo parlare solo del collezionismo italiano. Quest’anno parteciperemo per la prima volta ad una fiera estera, POPPOSITIONS a Bruxelles con un progetto di Paolo Brambilla – come unica galleria italiana – opportunità che ci darà la possibilità di confrontarci con un altro mercato. In questi ultimi anni il collezionista si sta rivolgendo sempre di più all’arte emergente. Ho avuto modo di riscontrare che diversi collezionisti di arte moderna si stanno avvicinando con più sensibilità e interesse ai giovani artisti. Anche per loro la passione diventa una sfida, con il fascino della scoperta. La maggiore accessibilità alle opere da un punto di vista economico – senza volerne sminuire importanza e valore – permette inoltre di far avvicinare i giovani collezionisti agli artisti emergenti. La storia d’altronde si ripete: non hanno cominciato così anche gli artisti che ora consideriamo affermati e riconosciuti?».
N.M.: Questo sabato inaugurate una personale di Giusy Pirrotta, giovane artista calabrese che lavora a Londra. Che cosa vedremo in mostra?
M.B.: «Per questa mostra Giusy Pirrotta ha elaborato appositamente per gli spazi della Massimodeluca un progetto basato sulla strettissima relazione tra le opere, che presuppone un assorbimento totale del pubblico nello spazio. L’artista propone infatti degli interventi che trasformano gli spazi della galleria attraverso il design di carta da parati e tessuti, contribuendo a creare una forma di continuità in cui si perde la visione del dettaglio. Queste iconografie, tutte di matrice botanica, nascono dalla manipolazione di fotografie scattate in analogico e successivamente scansionate: l’effetto finale, grazie anche alla relazione con le altre opere, è la creazione di un ambiente totale in cui vengono mescolate le ordinarie categorie legate alla percezione e in cui si annulla la differenza tra figura e sfondo. Tutto è parte di un continuum visivo potenzialmente infinito, in cui le immagini si rigenerano e si sviluppano in maniera organica da un’opera all’altra, nell’interazione tra i linguaggi, le finiture, gli spazi, i supporti e le materie visive. All’interno di questa prospettiva è poi particolarmente interessante il fatto che alcuni degli elementi elaborati e installati nello spazio si sviluppino come scenografie o piccoli sipari per gruppi di oggetti in ceramica che emanano luci colorate: il pubblico potrà spostare le quinte per trovare effetti sempre nuovi, per mettere in campo scenari diversi, per generare ulteriori sovrapposizioni di immagini, per verificare inediti confini tra stabilità e movimento».