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MASSIMODECARLO rappresenta Giorgio Griffa

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L’annuncio è ormai di qualche giorno fa: Giorgio Griffa entra a far parte della scuderia della galleria milanese Massimodecarlo che, a settembre, gli dedicherà la prima mostra nella sua sede di Londra.

Artista e filosofo, nato a Torino nel 1936, Giorgio Griffa si è distinto dalla fine degli anni Sessanta per un linguaggio pittorico ridotto ai suoi componenti essenziali di tela, segno e colore che sceglie di usare in funzione non-rappresentativa. Nel tempo il suo nome è stato associato alla cosiddetta linea analitica della pittura italiana, la tendenza che dagli anni Settanta ha fatto oggetto della propria ricerca il linguaggio stesso della pittura. L’artista non si è mai riconosciuto completamente in questa etichetta, ribadendo di essere «un pittore e niente altro».

La sua carriera inizia subito con mostre importanti prima da Martano (1968) e poi da Sperone (1969). Già nel 1970 viene notato da Ileana Sonnabend che gli allestisce due mostre, prima a New York e poi a Parigi. Dopo il ciclo denominato Quasi dipinto, fra il 1973 e il 1975 esegue quasi esclusivamente Linee orizzontali. Negli anni successivi inizia a far convivere sulla tela sequenze di segni differenti: è il ciclo delle Connessioni.

GIORGIO GRIFFA, LINEE ORIZZONTALI, 1973. ACRYLIC ON CANVAS. 117 × 146 CM / 46 × 57 1/2 INCHES. Courtesy_ Massimodecarlo

Sono gli anni in cui si avvale di una riflessione di impronta minimalista per una nuova considerazione dell’imponente memoria della pittura. Ma Griffa è tutt’altro che minimalista, per lui la memoria è il fondamento per cui ricorre proprio a quei segni semplici “che appartengono alla mano di tutti”, per evidenziare il suo “mettersi al servizio della pittura”, “affidandosi alla memoria della pittura”, “limitandosi al gesto semplice di appoggiare il pennello”.

Nel 1980 ha una Sala personale alla XXXIX Biennale di Venezia. Negli anni ‘80 con le Contaminazioni affianca spesso ai segni ampie campiture, usa cioè anche il colore sempre come memoria di pittura. All’inizio degli anni ’90 inizia l’importante ciclo Tre linee con arabesco in cui ogni lavoro contenente appunto, fra gli altri segni, tre linee e un arabesco, è numerato in ordine progressivo. Questa numerazione ha lo scopo di fissare il tempo dell’esecuzione.

Una vita della Sala dedicata a Giorgio Griffa alla Biennale di Venezia del 1980 con l’installazione Dioniso (1980)

A questo ciclo si affianca poi quello delle Numerazioni. Qui i numeri sulla tela indicano l’ordine in cui sono stati posati i vari colori. In questo caso la numerazione sottolinea l’ordine temporale e lo svilupparsi stesso dell’evento nello spazio. Dal 2008 lavora alla Sezione Aurea e introduce tra i segni quel numero irrazionale senza fine che non procede, non si avvicina mai a quello successivo ma si avvita nell’ignoto, una specie di nota esplicativa del suo lavoro. Secondo Griffa la pittura ha il compito di rendere noto l’indicibile, di rivelare quell’ignoto che la scienza non è in grado di svelare.

Il lavoro di Giorgio Griffa è stato esposto in diverse mostre collettive, come Prospect (1969 e 1973) a Düsseldorf, al Kunstmuseum di Lucerne 1970, alla São Paolo Bienal (1977 e 2021), alla Biennale di Venezia (1978, 1980 e 2017); in occasione di The informal in Italy alla GAM di Bologna (1983), Un’avventura internazionale al Castello di Rivoli (1993), Arte italiana Ultimi quarant’anni, ancora alla GAM Bologna (1998). E poi nelle esposizioni Le soglie della pittura alla Rocca Paolina Perugia nel 1999, Time & Place al Moderna Museet Stoccolma (2008), Colori al Castello di Rivoli (2017), Scrivere disegnando al CAC di Ginevra (2020), The Botanical Mind al Camden Art Centre di Londra (2020).

Una vista della mostra “Fragments 1968-2012” alla Casey Kaplan Gallery di New York nel 2012

Tra le personali più recenti vanno ricordate quelle al MACRO di Roma nel 2011, al Mies Van der Rohe Haus di Berlino nel 2012, al Trinity College di Dublino nel 2014, al Centre Art Contemporain di Ginevra nel 2015, alla Kunsthalle di Bergen 2015, alla Fondazione Giuliani di Roma nel 2016, alla Fondation Vincent Van Gogh di Arles nel 2016, al Serralves Museum di Porto nel 2016, al Camden Arts Centre di Londra nel 2018, e quella ormai prossima al Museo di Lille.

Nel 2012 per la sua mostra “Fragments 1968-2012” alla Casey Kaplan Gallery di New York, Roberta Smith ha scritto sul New York Times: “La sua arte merita un posto nella storia mondiale dell’astrattismo”. Sue opere sono nelle più prestigiose collezioni private e istituzionali, in Italia e all’estero. Nel 2013 la Tate ha acquisito la grande tela “Segni orizzontali”, 146×188 cm, del 1975, e l’ha messa in esposizione permanente. Nel 2017 è stato nuovamente invitato alla LVII Biennale di Venezia.

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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