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Natura e cultura. Una mostra tra antologia e ecologia alle Ogr di Torino

del

Fino a settembre le Ogr di Torino ospitano Naturecultures, una mostra dedicata contestualmente al tema dell’ecologia e all’arte povera. L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli e la Fondazione per l’arte moderna e contemporanea CRT, alle cui collezioni appartengono le opere in mostra,  molte delle quali acquisite dalla storica collezione di Margherita “Christian” Stein.

Curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria del Castello di Rivoli e Samuele Piazza per le Ogr, la mostra riesce così insieme a valorizzare il patrimonio culturale cittadino, nella fattispecie le opere di arte povera che hanno fatto la storia dell’arte contemporanea internazionale, affrontando nel contempo tematiche decisamente attuali, come appunto il rapporto tra arte e natura e la necessità di creare una sensibilità più profonda e consapevole sui temi di carattere ecologico.

Questo tipo di sensibilità era già presente e viva nelle opere di artisti del calibro di Penone, anche se il periodo storico in cui le sue opere furono pensate e realizzate non aveva ancora portato a tema esplicitamente l’ecologia come esigenza urgente come capita ai giorni nostri. Ma il gesto compiuto dall’artista di prendere legno lavorato industrialmente e scolpirlo fino a ritrovare, nel suo tenero centro, il tronco ancora vivo e selvaggio, rivelando l’albero contenuto ancora nel legno, assume oggi una valenza ancora più intensa e significativa, se possibile, di quando le opere furono presentate la prima volta nel 1969.

Una vista della mostra NatureCultures alle OGR di Torino con le opere di Penone e Richard Long. Foto: Andrea Rossetti

Documentazione di interferenza umana nella gravitazione universale è invece un’opera, sempre del 1969, di Giovanni Anselmo. Si tratta di un lavoro apparentemente molto semplice: una serie di fotografie scattate in un luogo di campagna vicino a Torino, una sera, dopo una nevicata. Camminando, l’artista fotografa il sole che tramonta. Lo fa ripetutamente, ogni venti passi, per un certo numero di volte.

L’opera fu inizialmente proposta come multiplo, anche se ovviamente il lavoro non è esattamente un multiplo, poiché le fotografie, come negli esempi leibniziani sugli indiscernibili (ma anche, volendo, come i lavori degli impressionisti) sono tra di loro differenti. A differire è la scansione temporale, minima, ma realissima, così come il movimento dell’artista. L’interferenza dell’uomo nel cosmo, in modo analogo, appare invisibile, ma solo a un primo e disattento sguardo. In realtà l’interazione, anzi il dialogo, è costante e vitale, e non potrebbe essere diversamente.

La mostra prosegue con capolavori notissimi come la Venere degli stracci di Pistoletto, i magici circoli di pietra di Richard Long e molto altro.

Muovendosi lungo il percorso espositivo si ha, insomma, la sensazione di snocciolare come in un rosario una sorta di antologia di capolavori dell’arte povera. Oltre agli artisti citati sono, infatti, presenti opere di Marisa e Mario Merz, Pier Paolo Calzolari, Piero Gilardi, Jannis Kounellis e Gilberto Zorio.

Una vista della mostra NatureCultures alle OGR di Torino con opere di Michelangelo Pistoletto e Pietro Gilardi. Foto: Andrea Rossetti

Accanto a questi maestri, la mostra si completa poi delle opere di due artiste contemporanee. Sono Amar Kanwar, indiana classe 1964, e Agnieszka Kurant, polacca, nata nel 1978. Le due artiste presentano dei lavori sempre sul tema dell’ecologia, rielaborandolo però con la sensibilità e l’urgenza dei tempi presenti.

Il progetto di Kanwar si concentra sul tema della biodiversità nel suo paese natale, l’India, attraverso un’opera video che pone al suo centro la vita della foresta e, conseguentemente, il tema della deforestazione. L’opera si intitola The sovereign forest del 2012, quando fu presentata per la prima volta a dOCUMENTA (13), a Kassel.

Il progetto di Kurant esplora invece i territori di confine tra i temi ecologici e quelli sociali. L’artista ricorre, nel processo creativo, a un algoritmo capace di creare a sua volta un alfabeto inatteso, anche perché a dar vita ai segni che lo compongono sono creature batteriche.

Una vista di The sovereign forest, opera del 2012 dell’artista indiana Amar Kanwar, allestita nella mostra NatureCultures alle OGR di Torino. Foto: Andrea Rossetti

La mostra offre, così, l’occasione e anche il piacere di rivedere opere di valore assoluto inserendole in un contesto inedito. Questo sia dal punto fisico e concreto, per la scelta della location così diversa dalle sale barocche del castello di Rivoli dove molti di noi le hanno conosciute; sia per i temi affrontati, che risaltano in tutt’altra luce una volta posti in dialogo con l’attualità e con il lavoro di artisti più recenti. C’è quindi un doppio valore educativo: storico artistico e di consapevolezza ecologica.

Ma chi ama l’arte contemporanea visiterà questa mostra soprattutto con l’entusiasmo quasi infantile di chi può rivedere vecchi amici che non deludono mai e hanno sempre cose nuove da dirci, imparando anzi a leggere opere che hanno fatto la storia dell’arte recente con occhi completamente nuovi, anche in virtù del contesto storico così drammaticamente cruciale che stiamo vivendo.

Maria Cristina Strati
Maria Cristina Strati
Maria Cristina Strati vive e lavora a Torino. Studiosa indipendente di filosofia, è critica e curatrice di arte contemporanea, nonché autrice di libri, saggi e racconti. Convinta che davvero l’arte sia tutta contemporanea, si interessa al rapporto tra arte, filosofia e quelli che una volta si chiamavano cultural studies, con una particolare attenzione alla fotografia.

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