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Arte & Diritto: gli operatori del mercato

del

Esplorare i punti di vista dei protagonisti del mercato dell’arte e i risvolti giuridici che ne dettano i principi normativi. Era questo l’obiettivo del 2° appuntamento del ciclo Arte & Diritto, promosso dalla Camera Arbitrale di Venezia e dedicato a “Gli operatori del mercato” che si è tenuto venerdì scorso a Cà Pesaro. Come per il primo incontro, anche in questo caso, la location è stata scelta per il suo pregnante significato: Cà Pesaro, infatti, è sede dal 1902 del Museo d’Arte Moderna di Venezia grazie alla donazione del palazzo alla città da parte di Felicita Bevilacqua La Masa, e oggi raccoglie una selezione di opere frutto di acquisti fatti negli anni dal Comune alla Biennale, di prestiti temporanei e donazioni di privati. Da Klimt a Klee e Kandiskj, da Medardo Rosso a Rodin, da Sorolla y Bastida a Bonnard, da Afro a Santomaso, Tancredi e Vedova. Presenti le straordinarie collezioni Sonnabend e Carraro, quindi Pop Art e Liberty.

 

Gli Archivi d’Autore, il mercato e i collezionisti

 

Dopo il saluto di Patrizia Chiampan, Presidente della camera Arbitrale di Venezia e ideatrice del progetto, la moderatrice Lavinia Savini ha subito introdotto Alessandra Donati, Docente di Diritto Privato Comparato a Milano Bicocca, che è entrata nel vivo trattando le problematiche degli Archivi d’Autore, nati con il duplice ruolo, culturale e materiale, di storicizzare l’opera degli artisti, spesso post mortem e per volontà degli eredi, tutelandone la reputazione, ricostruendone la storia e la produzione, e catalogando materialmente le opere. Finalità cui si accompagna, o deriva, la scottante quanto imprescindibile questione delle autentiche, sopratutto nel caso di molti artisti oggi particolarmente falsificati.

Alessandra Donati interviene al secondo appuntamento con il ciclo di conferenze “Arte e Diritto" dedicato agli operatori del mercato
Alessandra Donati interviene al secondo appuntamento con il ciclo di conferenze “Arte e Diritto” dedicato agli operatori del mercato

E’ innanzitutto importante, sottolinea Alessandra Donati, tenere ben distinto l’ambito e la disciplina di esercizio del diritto morale di tutela della paternità dell’opera, che spetta all’artista e, dopo la sua morte, alla famiglia vicina, secondo quanto disposto dall’art 23 della Legge sul diritto d’autore, rispetto alla diffusa attività di expertise e di rilascio di certificati di autenticità. Contrariamente a quanto in genere si creda, non è vero, cioè, dal punto di vista giuridico, che l’attività di autenticazione sia riservata all’artista e agli eredi.

Ciò non di meno, «pur non potendosi individuare un certificatore ufficiale e definitivo, la cui valutazione costituisca prova assoluta della autenticità dell’opera (questa figura non è istituzionalizzata nel diritto sostanziale e nel rito processuale) – afferma la giurista – il collezionista si dimostra interessato soprattutto all’inserimento dell’opera acquistata nell’archivio dell’artista e all’inserimento della stessa nel catalogo ragionato, ad una, cioè, “autentica d’archiviazione”. Interesse che nasce dalle recenti, ma ormai consolidate, prassi del mercato dell’arte». «Osservando il mercato, infatti, – prosegue Alessandra Donati – ai fini della determinazione e tenuta del valore economico dell’opera, tra le tipologie di autenticazione ha acquisito decisiva e concludente importanza, anche a livello internazionale, la presenza della catalogazione dell’opera nell’archivio o nel catalogo ragionato o generale dell’artista. E ciò, attualmente, al di fuori e a prescindere da una specifica regolamentazione in materia».

Un momento del secondo appuntamento con il ciclo di conferenze “Arte e Diritto" dedicato agli operatori del mercato
Un momento del secondo appuntamento con il ciclo di conferenze “Arte e Diritto” dedicato agli operatori del mercato

L’inserimento dell’opera nell’archivio dell’artista o nel catalogo ragionato, di fatto, diventa così un indiretto strumento di attribuzione di autenticità o meno. A questo punto è il mercato stesso a scegliere il proprio “certificatore” d’eccellenza, nel senso che di fronte ad un’opera contestata e non archiviata dall’Archivio o Fondazione di riferimento, automaticamente la rifiuta, deprezzandola inesorabilmente.

In conseguenza del successivo intervento di un collezionista che ha riportato la sua esperienza negativa nel merito di 2 opere di Schifano non accettate dalla Fondazione Mario Schifano, individuata dalla casa d’aste Christie’s come certificatore di riferimento rispetto ad altri, la domanda è: come tutelarsi? La giurista, a questo proposito, richiama la recente sentenza del Tribunale di Roma del 15 maggio 2017 che, pur ammettendo la ricaduta negativa sul mercato dell’opera rifiutata dall’archivio/fondazione di riferimento, non riconosce in capo al collezionista un diritto all’accertamento della autenticità dell’opera d’arte, essendo, quella del rilascio delle autentiche, attività soggettiva, espressione del diritto di libera opinione.

L’unico modo per tutelarsi è allo quello di affidarsi, sostiene la Donati, alla serietà dell’Archivio, che deve operare in modo trasparente ed in buona fede; in questo senso Aitart, l’Associazione Italiana degli Archivi d’Artista ha proposto un codice deontologico affinché si affermino nel mercato, come certificatori d’eccellenza, solo quegli archivi e fondazioni che perseguano e rispettino alcune buone pratiche come, ad esempio, la costituzione di comitati per le autentiche formati da un pool di esperti competenti; la pubblicazione del catalogo ragionato e così via. Il tutto, naturalmente, nel rispetto dei limiti dell’abuso di posizione dominante

Problematiche ormai sempre più frequenti negli ultimi anni e che suggeriscono al collezionista l’acquisto sempre a fronte di certificazioni ufficiali. La questione si complica quando gli archivi si sovrappongono, non conformandosi tra di loro nelle decisioni. Anche in questo caso il mercato, indirettamente, sceglie quello attendibile.

 

Le Gallerie e la contrattualistica

 

La voce delle gallerie è stata espressa da Manuela Cuccuru, direttrice della sede romana della Larry Gagosian, operante a livello internazionale con 16 sedi, da Los Angeles a Londra, da Parigi a New York, da San Francisco a Ginevra e Atene, fino ad Hong Kong; un impero nato dal genio imprenditoriale del suo fondatore, partito dalla commercializzazione dei poster d’autore incorniciati, la vendita dei quali gli ha generato un plusvalore che gli ha consentito di avere oggi sedi in tutto il mondo con una scuderia di artisti storicizzati e contemporanei tra i quali Artschwager, Hirst, Kiefer, Koons, Pennone e Vezzoli.

Fondamentale la contrattualistica, sostiene la relatrice, nei rapporti coi referenti internazionali e con procedure che, a seconda delle sedi, vanno adeguate allo stato e/o persino alla città. Ad esempio dove il riferimento è il diritto italiano, le procedure burocratiche sono più complesse. I contratti sono tra la galleria e gli artisti, musei o istituzioni prestatrici e le assicurazioni. In alcuni casi il contratto può essere verbale, una sorta di gentleman agreement (che ha provocato qualche perplessità tra gli avvocati presenti).

In tre casi invece diventa necessario: se l’opera è su commissione, allora vanno definiti estremi economici, tempistica e logistica; se l’opera è monumentale e va prodotta, quindi vanno definite anche le tranche di pagamento per finanziarne l’esecuzione; infine nel caso di mostre temporanee, non entra opera d’artista che non sia sotto contratto of consignment cioè in conto vendita.

 

Le case d’asta: tra record e nuovi trend

 

A snocciolare i successi delle case d’asta Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia, che ha riportato i numeri astronomici della casa d’aste nata a Londra nel 1766 per vendite private e cittadine, all’epoca vero evento mondano, che nel 2017 ha totalizzato 5,6 miliardi di dollari negli USA con un incremento del 21% e il record del Salvator Mundi di Leonardo aggiudicato per 450 milioni di dollari. Ha confermato che oggi le gallerie sono i principali compratori, con una notevole crescita anche da parte dell’acquirente privato.

Fondamentale il ruolo delle case d’asta anche nel rivelare l’andamento della domanda. Ad esempio nel 1958 quando è stata aperta la sede romana, Roma era la capitale del mercato antiquario; oggi, che le categorie spaziano dal Luxury all’Antiquariato, dal Contemporaneo alle Arti Decorative ed Etniche, assistiamo ad un mutamento del gusto connesso al mutamento degli acquirenti. Il mercato da occidentale, si è aperto alla Russia, all’Asia e al Sud America, con conseguente cambio del gusto.

Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie's Italia interviene a Ca' Pesaro sul mondo delle case d'asta
Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia interviene a Ca’ Pesaro sul mondo delle case d’asta

Sonia Farsetti, Presidente Associazione Nazionale Casa d’Aste, ha evidenziato invece le difficoltà del mercato dell’arte italiano, che spesso anche per gli acquirenti stranieri non è inteso come risorsa da cui attingere. Secondo il suo punto di vista la causa è di un meccanismo farraginoso complicato dai vincoli di tutela che oscillano tra i 50 e i 70 anni di età per le opere da esportare, che possono bloccare la vendita da parte delle sovrintendenze, che non necessariamente però, dopo aver esercitato il diritto di prelazione, si fanno avanti nell’acquisto, di fatto bloccandone la vendita o allungandone i tempi di esportazione.

Altre problematiche sono connesse all’eccesso di trasparenza e visibilità che in certi casi finisce per invadere la privacy di acquirenti che vorrebbero restare anonimi e che preferirebbero che il loro acquisto non venisse divulgato. Addirittura esistono certi data base che si appropriano dei dati delle aste rendendoli pubblici sulla rete a danno di galleristi e venditori.

 

Una soluzione chiamata Arbitrato

 

Giorgio De Nova, Docente di Diritto Civile e luminare in materia, per concludere e dare il senso alla finalità della discussione, ha illustrato i vantaggi di ricorrere all’Arbitrato per risolvere controversie legate all’arte. Il giudice viene scelto con l’accordo delle parti, in qualità di esperto nella materia, nello specifico d’arte. Il Lodo è internazionale e si rifà alla convenzione di New York del 1958. Ha inoltre un fondamentale carattere di riservatezza. Per cui mentre una controversia sull’autenticità, ad esempio, può incidere negativamente sul valore dell’opera diventando pubblica, nel caso dell’arbitrato tendenzialmente ne garantisce la riservatezza.

Per spiegare meglio l’ultilità dell’Arbitrato, De Nova ha portato come esempio la controversia tra gli eredi di Adele Bloch Bauer e il Museo di Vienna per la restituzione dei famosi 5 dipinti di Klimt. Una questione andata avanti per 7 anni e risolta in pochi mesi a vantaggio di Maria Altmann, nipote di Adele Bloch Bauer. Grazie all’Arbitrato i discendenti hanno riavuto le opere a gennaio del 2006, rimettendole poi sul mercato pochi mesi dopo.

Per la cronaca, Adele Bloch Bauer I (la famosa Women in gold) fu venduto per 135 milioni di $ a Ronald Lauder che lo destinò come opera centrale alla neonata Neue Galerie di New York, mentre Adele Bloch Bauer II fu venduto da Christie’s alla cifra record di 88 milioni di $ ad un compratore che inizialmente lo prestò al Moma. Quindi pochi mesi per sbloccare una controversia durata anni e risalente a prima della Guerra.

 

Il programma dei prossimi incontri:

 

22/06/18 – Art restitution
21/09/18 – Finanza e fiscalità nell’Arte
19/10/18 – Privati, istituzioni ed imprese nell’arte
23/11/18 – Vincoli e soprintendenze
18/01/19 – La regolamentazione del mercato: esempi di ordinamenti esteri

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