Calendario ricco di appuntamenti, quello delle gallerie italiane di arte moderna e contemporanea. Un mondo che, abbiamo verificato nel nostro ultimo report sul Collezionismo Italiano, è ancora poco frequentato dagli ArtLovers di ultima generazione che, invece, dovrebbero tornare a riscoprire anche in momenti diversi dalle inaugurazioni, così da poter apprezzare in modo migliore le opere e magari approfondire la conoscenza di un artista. Tutte cose che difficilmente si possono fare negli opening… specie se affollati. Ma al di là di queste nostre considerazioni, iniziamo la nostra rassegna delle mostre in galleria che secondo noi non dovreste perdervi, segnalandovi Momento Zero (fino al 18 novembre), la personale di un artista molto caro a Collezione da Tiffany: Pietro Manzo, che torna ad esporre, dopo un periodo di silenzio, alla White Noise di Roma dove presenta una nuova serie di lavori.
La ricerca pittorica di Pietro Manzo parte dai moderni conglomerati urbani, familiari eppure alienanti. Opere che spaziano dal formato microscopico al monumentale, a volte protette da veri e propri fossati di chiodi o concepite come cartoline di luoghi che tutti hanno la sensazione di aver visitato, ma in cui nessuno è mai vissuto. Strati di olio su fotografie stampate si sedimentano con l’unica intenzione di cancellare l’intervento umano nell’ambiente; restaurando un equilibrio millenario e nascondendo le dolorose tracce del suo passaggio sotto veli di colore; generando una nuova morfologia naturale talmente consolidata da essere quasi invisibile, riportando i panorami al loro momento zero. (Leggi -> Talenti Emergenti: Pietro Manzo)
Dopo il grande consenso di critica e pubblico riscontrato dalla mostra The End of Utopia, inaugurata a Venezia lo scorso maggio, in concomitanza con la biennale, Studio la Città dedica ad Emil Lukas una mostra personale, negli spazi della galleria a Verona fino al 18 novembre 2017. Lukas è un artista che lavora con grande intensità e creatività sul concetto di gravità e modificazione naturale dei materiali che utilizza: è questo il caso della nuova serie di Pillows che l’artista presenterà, assieme ad alte opere, in occasione della personale veronese. In queste piccole sculture in gesso, è la più piccola quantità di intonaco, aggiunto o sottratto allo stampo a modificarne la forma o, per dirla con l’artista, la “postura” responsabile della “personalità del lavoro” e quindi della percezione che lo spettatore ha di esso. Sempre a Studio la Città, peraltro, è in corso la mostra In the depth of identity che propone la ricerca di 4 artisti che, a vario titolo, esprimono un interesse nei confronti del tema identitario, evidenziando il bisogno inesauribile di confrontarsi con il topos dell’identità, sottolineandone le qualità di mutevolezza, inconsistenza e precarietà: Cristian Fogarolli, Bepi Ghiotti, Tamara Janes e Francisco Muñoz Perez.
Fino al 27 gennaio prossimo, invece, la M77 Gallery di Milano presenta la rassegna centrata sulla ricerca e sulla sperimentazione tra gli anni ’50 e ’70 di Nino Migliori (Bologna, 1926), uno dei grandi maestri della fotografia europea del XX secolo: NINO MIGLIORI. Il tempo, la luce, i segni. La mostra si presenta come una sorta di viaggio circolare attraverso tre “serie” della produzione del fotografo bolognese: le prime sperimentazioni avanguardistiche degli anni ’50, la ricerca degli anni ’70, e la rappresentazione dell’Italia degli anni ’50 che, dall’Emilia Romagna (La serie “gente dell’Emilia”) ai piccoli centri del Meridione più profondo (“Gente del Sud”), affrontava la rinascita del dopoguerra.
L’artista belga Jan De Cock è protagonista a Milano, fino al 4 novembre, da Francesca Minini con la mostra Everything for you, Torino: un progetto in difesa di tutto ciò che non trova immediata collocazione nel mercato, in antitesi con la direzione in cui sta andando l’industria della cultura: il profitto davanti alla bellezza, l’oggetto d’arte che diventa feticcio. Jan De Cock sovverte una certa modalità di ricezione che antepone la forma, il possesso alle emozioni, alla reciprocità e allo scambio. L’artista porta le sue sculture al di fuori delle gallerie, delle istituzioni, nel mondo reale, fra le persone. Nelle interazioni con il pubblico e negli incontri fortuiti attraverso la città, nel ritorno alla contemplazione, il progetto trova il suo compimento.
L’Ariete artecontemporanea di Bologna presenta, fino al 4 novembre prossimo, la seconda mostra personale dell’artista americana Beth Moon nella sede della Galleria dopo ‘Between Earth and Sky’ del 2014. Tempo, memoria e natura sono i temi centrali delle fotografie dell’artista che nella suite ‘Thy Kingdom Come’ cattura lo strano equilibrio tra innocenza dell’infanzia e ombre oscure della natura rivelando un’attenzione magica e istintuale per il modo in cui il tempo, la memoria e la natura concorrono a far comprendere all’uomo il proprio essere nell’universo. In mostra anche le immagini dei cicli ‘Diamond Nights’ e ‘Olive trees’ dedicato ad antichi ulivi italiani immersi in profonde notti stellate di straordinario fascino recentemente presentati al MUSE di Trento.
Sempre a Bologna, la CAR DRDE presenta, fino all’11 novembre, You touched me, la seconda personale di Angiola Gatti negli spazi della galleria. La mostra pone a confronto due corpus di opere differenti, unendo la ricerca segnica e pittorica, che contraddistingue la ricerca dell’artista sin dagli anni Novanta, ad opere fotografiche di recente concezione e realizzazione. I lavori eseguiti con penna biro su tela sono caratterizzati dalle grandi dimensioni, da un’intricata stratificazione di tratti a penna Biro blu e rossa, oltre che dalla differente densità del segno, mentre nelle fotografie è dominante una gradazione di colori che varia dal bianco al nero, sforando in un tenue verde. Ciascuna fotografia ritrae un differente assemblaggio composto da piccoli pezzi di vetro che, fotografati, lasciano decadere il carattere effimero dell’atto scultoreo per disegnare incroci di linee e dare vita a forme geometriche irregolari, originate tra i diversi gradi di opacità che si offrono all’osservatore. Come le due parti di un insieme, in cui convivono tonalità calde e fredde, pittura e fotografia concorrono alla creazione di un orizzonte poetico che induce a volgere l’attenzione oltre la fissità del dettaglio, alla ricerca delle molteplici direzioni che il tempo e lo spazio assumono in queste opere.
Il Castello del Monferrato (Casale Monferrato, Alessandria) ospita, fino al 14 gennaio 2018, “Rebuilding spaces. Dieci artisti in dialogo sul concetto di spazio”, esposizione curata da Niccolò Bonechi con opere di Pablo Atchugarry, Bonzanos Art Group, Mario Fallini, Piero Fogliati, Piero Gilardi, Eduard Habicher, Luigi Mainolfi, Paolo Minoli, Rudy Pulcinelli e Arcangelo Sassolino. In mostra, una quarantina di opere prevalentemente scultoree, alcune delle quali di grandi dimensioni, suddivise in cinque macro-temi che da sempre interessano l’aspetto fenomenologico del fare arte: Luce (Sull’interpretazione della luce, Piero Fogliati e Paolo Minoli), Natura (Artificio e Natura, Piero Gilardi e Luigi Mainolfi), Materia (L’intangibile consistenza della materia, Pablo Atchugarry ed Eduard Habicher), Spazio (Di pieni e di vuoti, Bonzanos Art Group e Rudy Pulcinelli), Caos (Sospensioni, Mario Fallini ed Arcangelo Sassolino). All’interno di queste categorie, l’interesse dell’esposizione è mostrare come autori nati in un arco temporale di trent’anni abbiamo tratto risultati tanto prossimi quanto allo stesso tempo lontani tra loro.
Infine, prosegue il viaggio attraverso il linguaggio figurativo americano della galleria Privateview di Torino che propone ancora una volta due artisti inediti alla scena europea. La doppia personale del fotografo Emmanuel Monzon e del videoartista George Jenne, suddivisa tra i due piani della galleria, inaugura il 4 novembre a Torino in occasione della notte delle arti contemporanee. Urban Sprawl e Come in, stranger sono due mostre indipendenti, accomunate dall’esigenza di rivelare gli aspetti meno popolari e stereotipati della cultura americana, tutto quello che comunemente viene escluso dalla letteratura tradizionale on the road. L’America vera, l’America delle province, con tutte le contraddizioni e le differenze che contraddistinguono gli States; luoghi e suggestioni, che in maniera politicamente corretta, sono sempre esclusi dall’immaginario collettivo dell’American Dream preconfezionato per i pacchetti turistici e i palcoscenici glamour. La mostra proseguirà fino al 15 dicembre.