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Una banana un po’ indigesta

del

Joe Morford, artista visivo e concettuale californiano, nel 2020 ha citato in giudizio Maurizio Cattelan sostenendo che l’opera Comedian – la famosa banana attaccata sul muro – realizzata nel 2019 dall’artista italiano in occasione di Art Basel a Miami (e durante la quale era stata venduta per 120.000 dollari) – costituisse una violazione dei propri diritti d’autore, in quanto, a detta del ricorrente, fosse sostanzialmente una copia della propria opera Banana and Orange facente parte dalla serie Sculptures: Still Life da lui creata nel 2001.

Sulla vertenza si è pronunciata recentemente la corte distrettuale della Florida (United States District Court for the Southern District of Florida), all’esito di un’attenta ricostruzione (Case 1:21-cv-20039-RNS)  rigettando le domande promosse da Morford.

Per il tribunale adito infatti non risulterebbe provata la conoscenza dell’opera precedente da parte di Cattelan, che, peraltro, da un lato sosteneva un autonomo processo creativo derivato da un precedente lavoro realizzato per una copertina del New York Magazine nel 2018 (rappresentato da una banana appesa a un cartellone pubblicitario con nastro adesivo rosso), e  dall’altro  che Comedian non riproducesse nessuno dei (pochi) elementi tutelabili dell’opera di Morford, dettagliatamente indicati in sentenza, e presentasse invece numerose differenze: “the banana used, the angle at which it is placed, the method by which it is taped to the background, the background itself, and the exacting standards that Cattelan developed for Comedian’s display” (sentenza, pag, 16).

La vertenza è stata anche l’occasione per i giudici americani di evidenziare come, a prescindere da cosa sia arte, questione che peraltro esula dalla vertenza e sulla quale non è agevole e fortunatamente richiesto al giudice di esprimersi (cfr. anche sentenza pag. 6), l’atto di fissare una banana con lo scotch su di un supporto verticale non è in ogni caso proteggibile dalla normativa in tema di diritto d’autore, in quanto la tutela si estende soltanto agli elementi espressivi di un’opera, ma non ad eventuali idee, progetti o metodi di realizzazione: “copyright protection extends only to a work’s expressive elements, not to any underlying ‘idea, procedure, process, system, method of operation, concept, principle, or discovery’ expressed therein” (sentenza, pag. 11).

Il principio è pacifico e comune anche al nostro ordinamento; il diritto d’autore non tutela le idee, bensì l’espressione di un’idea, ossia la forma in cui si sostanzia l’attività creativa dell’autore, estrinsecazione del frutto dell’ingegno in una specifica forma espressiva.

Non sussiste pertanto alcuna violazione (in Italia il plagio è vietato dall’art. 171 della legge 22 aprile 1941 n. 633, la c.d. “Legge autore”) se l’opera successiva riprende la stessa idea (ma solo quella) di un’opera precedente; infatti, “Non si parla, dunque, di plagio con riguardo all’idea su cui l’opera si fonda, non proteggendo la disciplina sul diritto d’autore l’idea in sé (ottenibile anche fortuitamente, come autonomo risultato dell’attività intellettuale di soggetti diversi e indipendenti), trovando invece esso il presupposto nell’identità di “espressione”, intesa come forma attraverso la quale si estrinseca il contenuto del prodotto intellettuale, meritevole di tutela allorché rivesta il carattere dell’originalità e della personalità: le idee per se stesse non ricevono protezione nel nostro ordinamento, ma è necessario che sia identico il modo in cui sono realizzate e cioè la forma esterna di rappresentazione” (cfr. cass, n. 2039 del 26 gennaio 2018, par. 3.2).

Valutare tuttavia se un’opera si sia ispirata ad una precedente o costituisca una copia non è sempre agevole; di norma, un’opera costituisce un plagio quando rispetto alla precedente risulti priva di un cosiddetto scarto semantico, idoneo a conferirle rispetto all’altra un proprio e diverso significato artistico, ovvero quando abbia mutuato dall’opera plagiata il cd. nucleo individualizzante o creativo (cfr. cass. 19 febbraio 2015, n. 3340); “in sostanza, è necessario che l’autore del plagio si sia appropriato degli elementi creativi dell’opera altrui, ricalcando in modo pedissequo quanto da altri ideato ed espresso in forma determinata e identificabile” (cfr. Cass, sentenza n. 2039 del 26 gennaio 2018, par. 3.2). È infatti esclusa la sussistenza del plagio quando la nuova opera si fondi sì sulla stessa idea ispiratrice, ma si differenzi negli elementi essenziali che ne caratterizzano la forma espressiva.

La comparazione tra le due opere va operata poi sulla base del riscontro delle difformità dalle caratteristiche essenziali, mentre non sono sufficienti originalità di mero dettaglio dell’opera plagiaria (Cass. 15 giugno 2012, n. 9854; 28 novembre 2011, n. 25173; 27 ottobre 2005, n. 20925; 10 marzo 1994, n. 2345; 10 maggio 1993, n. 5346). Non rileva in sé la confondibilità tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa (Cass. 15 giugno 2012, n. 9854; 27 ottobre 2005, n. 20925) e il giudizio deve seguire una valutazione complessiva e sintetica, non analitica, incentrata sull’esame comparativo degli elementi essenziali delle opere da confrontare, dovendosi cioè valutare il risultato globale o l’effetto unitario. La valutazione del plagio, spesso svolto mediante l’espletamento di una consulenza tecnica fatta propria dal giudice, è in ogni caso un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 27 ottobre 2005, n. 20925).

Valutazioni spesso difficili, ma con le quali i giudici (e il mercato dell’arte) devono sempre più spesso confrontarsi.

Gilberto Cavagna di Gualdana
Gilberto Cavagna di Gualdanahttps://www.bipartlaw.com/
Gilberto Cavagna di Gualdana è avvocato cassazionista specializzato in diritto della proprietà industriale e intellettuale, con particolare attenzione al diritto dell’arte e dei beni culturali.

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