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I marchi di istituti e luoghi della cultura: la legge sul made in italy ne incentiva adozione e valorizzazione

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Negli ultimi anni musei, biblioteche ed archivi, privati e pubblici, hanno riversato un’attenzione crescente nella tutela dei propri segni distintivi, depositando le denominazioni e/o gli elementi grafici caratterizzanti come marchi a livello nazionale e/o europeo e registrando nomi a dominio per i relativi siti, e nello sfruttamento dei propri marchi, anche concedendoli in licenza per la realizzazione di oggetti di merchandising e altre iniziative, a fronte di corrispettivi spesso devoluti al sostentamento finanziario dell’istituzione.

Dal Musée du Louvre alle Gallerie degli Uffizi i modelli virtuosi di marchi registrati e valorizzati sono numerosi, così come gli esempi di sfruttamento, che spaziano dalla concessione del brand in licenza per i prodotti più vari, e spesso iconici, come nel caso dei gioielli, tessuti e prodotti di arredamento realizzati dal Van Gogh Museum di Amsterdam ed ispirati alle opere del pittore olandese, al naming di succursali e sedi secondarie, tra tutti quello del Guggenheim, che caratterizza musei dalla Spagna ad Abu Dhabi.

L’adozione e la valorizzazione dei marchi, da parte degli enti culturali, è stata di recente incentivata anche dal nostro legislatore. 

La legge n. 206 del 27 dicembre 2023, così detta Legge Made in Italy, entrata in vigore il successivo 11 gennaio 2024, mira infatti a valorizzare e promuovere, in Italia e all’estero, le produzioni di eccellenza e il patrimonio culturale italiano, considerati fattori strategici per la crescita dell’economia nazionale, introducendo misure volte a sostenerne lo sviluppo, la crescita e la diffusione nel mondo delle eccellenze italiane

Tra le principali novità introdotte vi sono misure volte alla salvaguardia dei marchi di “particolare interesse e valenza nazionale”, la tutela dei prodotti “Made in Italy” (con l’introduzione di alcuni strumenti come il contrassegno per il “Made in Italy”, la ricognizione e tutela dei prodotti tipici e l’implementazione della blockchain per garantire la tracciabilità delle filiere) e misure di promozione del patrimonio culturale italiano. 

Tra quest’ultime misure rientra, per l’appunto, la possibilità per gli istituti e i luoghi della cultura individuati dall’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (e cioè i luoghi destinati alla produzione e fruizione della cultura, quali musei, parchi archeologici, biblioteche e archivi, complessi monumentali) di registrare come marchio il segno che li caratterizza, e di concederlo in uso a terzi dietro versamento di un corrispettivo (cfr. art. 22 della Legge Made in Italy”).

La finalità della norma è quella di incrementare la conoscenza del patrimonio culturale del Paese e la capacità di autofinanziamento degli istituti e dei luoghi della cultura italiani.

Nonostante la registrazione di un marchio possa essere ottenuta da “chiunque” (così, espressamente, prevede l’art. 19 del codice della proprietà industriale), ed è ormai pacifico che tale diritto non sia limitato ai soli imprenditori, cosicché la previsione espressa della possibilità di registrazione anche per gli enti culturali appaia pleonastica e, in definitiva, inutile, priva anche di qualsiasi riserva di esclusiva in favore di tali enti, la norma ha tuttavia il merito di richiamare l’attenzione sul valore, anche economico, dei segni distintivi del nostro patrimonio culturale e sulle potenzialità che una più efficiente valorizzazione potrebbe comportare.

Del resto, la licenza del marchio del Louvre ha generato al museo entrate considerevoli, raggiungendo cifre nell’ordine delle decine di miliori di euro (cfr. articolo su Il Sole 24 Ore).

Vengono anche introdotte misure specifiche per rafforzare la tutela dei nomi di dominio “.it” associati agli istituti e luoghi della cultura, allo scopo di prevenire abusi e pianificare azioni efficaci per la salvaguardia di tali risorse online, demandando al Ministero della cultura la stipula di protocolli con l’organismo responsabile dell’assegnazione, della gestione e del mantenimento dei nomi di dominio nazionali.

L’effettiva efficacia delle nuove norme è demandata tuttavia a decreti attuativi che dovranno fornire maggiori specifiche sulle modalità della loro concreta attuazione e, in particolare, anche per quanto interessa agli operatori del settore, su come beneficiare delle agevolazioni introdotte. Le norme manifestano in ogni caso un interesse significativo verso il nostro patrimonio culturale degno di attenzione e delle migliori fortune, incluse le migliori attenzioni sia del pubblico che del settore privato.

Avv. Gilberto Cavagna di Gualdana e avv. Maria Giulia Contatore, BIPART studio legale

Gilberto Cavagna di Gualdana
Gilberto Cavagna di Gualdanahttps://www.bipartlaw.com/
Gilberto Cavagna di Gualdana è avvocato cassazionista specializzato in diritto della proprietà industriale e intellettuale, con particolare attenzione al diritto dell’arte e dei beni culturali.

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