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Per Christie’s la prima asta 100% A.I.

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Nel 2018 Christie’s ha segnato il mercato dell’arte per essere stata la prima casa d’aste a vendere un’opera d’arte su tela realizzata dall’intelligenza artificiale. L’opera è frutto di un algoritmo sviluppato dal collettivo artistico francese Obvious. 

Il risultato, intitolato Portrait of Edmond de Belamy, è un omaggio a Ian Goodfellow, il ricercatore di intelligenza artificiale che, nel 2014, ha inventato il metodo delle Reti Generative Avversarie (Generative Adversarial Network). Il pezzo unico, inizialmente stimato tra i 7.000 e i 10.000 dollari, è stato infine venduto per la cifra di 432.500 dollari presso la sede londinese di Christie’s.

Da quel simbolico risultato di vendita sono passati anni, e con essi una pandemia globale ha contribuito a potenziare lo sviluppo della tecnologia e, in particolare, dell’Intelligenza artificiale. È cavalcando questa nuova wave che Christie’s decide di aprire il 2025 con la prima vendita esclusivamente dedicata all’arte generata IA, segnando, ancora una volta, un primato nel suo settore.

Inaugurata il 20 febbraio la mostra dal titolo Augmented Intelligence presenta oltre 20 lotti, tra dipinti, sculture, opere digitali ed esperienze interattive, la maggiori parte dei quali proviene direttamente dagli artisti. Tra questi troviamo: Refik Anadol, Claire Silver, Linda Dounia, Pindar Van Arman, Alexander Reben, il pioniere dell’IA Harold Cohen e la coppia formata da Holly Herndon e Mat Dryhurst. Tutti i lotti dell’asta di Christie’s saranno esposti nelle gallerie del Rockefeller Center a New York dal 20 febbraio al 5 marzo, giorno in cui si chiuderanno le offerte.

L’obiettivo di questa vendita è quello di mostrare come gli artisti stiano integrando la tecnologia nelle loro pratiche in modi innovativi, dimostrando che l’AI non è un sostituto della capacità umana ma che invece può essere un booster per la creatività attraverso una collaborazione uomo-macchina.

Tra le opere in vendita figura il dittico Embedding Study 1 e 2, della serie xhairymutantx, del duo artistico Herndon e Dryhurst. In questo caso gli artisti hanno addestrato un modello di IA generativa di immagini in modo che, partendo da fotografie di Herndon stessa, ogni immagine creata rifletta le caratteristiche fisiche dell’artista. Ogni generazione diventa un’esplorazione del ruolo dell’IA nella definizione dell’identità e della rappresentazione. Le opere sono stimate tra i 70.000 e i 90.000 dollari.

Alexander Reben partecipa invece con un’opera d’arte in evoluzione, il cui risultato finale dipenderà infatti dall’esito dell’asta. L’artista ha installato un robot pittore, costruito dalla società di robotica Matr Labs, programmato per dipingere su una tela. I movimenti del robot, guidati dal codice di Reben, saranno attivati ogni volta che verrà effettuata un’offerta. Più alta sarà l’offerta, più il robot dipingerà. Il valore stimato dell’opera varia tra i 100 dollari e 1,7 milioni di dollari.

Pindar Van Arman scende in campo con nove tele della sua serie Emerging Faces. Storicamente questa serie rappresenta il primo esempio di dipinti realizzati in maniera autonoma da reti neurali. L’artista, a partire dal 2017, ha iniziato a lavorare con il modello di rete neurale chiamato GANs (Generative Adversarial Networks) notando che queste reti “immaginavano” cose in modo molto simile a come fanno gli esseri umani.

Questa e altre opere correlate sono state esposte in tutto il mondo e hanno vinto il primo premio al Robot Art 2018 e sono state accolte nella collezione permanente del LACMA. Il gruppo di opere in vendita è stimato tra i 180.000 e i 250.000 dollari.

L’opera Machine Hallucinations – ISS Dreams di Refik Anadol trasforma 1,2 milioni di immagini catturate dalla Stazione Spaziale Internazionale, insieme a immagini satellitari della Terra, in una composizione dinamica generata dall’intelligenza artificiale. Utilizzando reti generative avversarie (GAN), l’opera esplora il subconscio dell’intelligenza artificiale, rivelando un nuovo tipo di cartografia guidata dalle macchine.

Si tratta di un lavoro frutto di anni di ricerca sulla capacità dell’IA di elaborare e reimmaginare vasti dataset. Dal 2016, lo studio dell’artista ha collaborato con modelli di apprendimento automatico (come DCGAN, PGAN e StyleGAN) per interpretare memorie visive collettive dello spazio, della natura e degli ambienti urbani. Filtrando e strutturando questi set di dati, l’IA genera paesaggi onirici surreali che creano una connessione tra dati, memoria e immaginazione.

Questo cosmo digitale in continua evoluzione invita gli spettatori a un’esperienza immersiva e in costante mutamento, sfidando i confini tra creatività umana e artificiale. Come afferma l’artista: “Se una macchina può imparare, può anche sognare? Può avere allucinazioni?”

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