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Laura e Angelo: collezionare piano un’inaspettata bellezza

del

Laura e Angelo mi hanno contattata, qualche tempo fa, per ringraziarmi. Dicono che grazie al mio lavoro, proprio questo qui sulle pagine di Collezione da Tiffany che state leggendo tutti voi, hanno trovato una motivazione in più per condividere la loro collezione attraverso un sito web dedicato: www.theplacecollection.org

Loro volevano ringraziarmi, ma sono io che li ringrazio profondamente per avermi restituito a loro volta, insieme a questa testimonianza, un’ulteriore motivazione a non desistere dal diffondere la necessità dell’arte nella vita di tutti i giorni, soprattutto in questi strani giorni di pandemia in cui nuovamente ci scopriamo essere tutti umani.

Perciò grazie a Laura e ad Angelo, e grazie a tutti voi.

Alice Traforti: Erano gli anni ’90 quando Laura, figlia di un collezionista di arte contemporanea e africana, regala ad Angelo, medico oncologo e ricercatore, una serigrafia di Tano Festa che lo seguirà di studio in studio e sancirà l’inizio di una storia anche con l’arte.  Quando di preciso vi siete accorti che le vostre opere stavano prendendo la forma di una collezione d’arte contemporanea, anziché di quadri per arredare le pareti di casa e dello studio?

Angelo: «È difficile individuare una data precisa che possa realmente indicare quando da “arredatori della nostra casa” siamo diventati collezionisti. L’amore per collezionare arte è nato progressivamente.

Direi che è stato fondamentale capire che la scelta di acquisto di un’opera non poteva essere dettata da criteri estetici nè tanto meno da logiche di investimento finanziario».

Laura: »Quando un giorno, dopo cinque anni circa di collezione, abbiamo comunemente deciso di sostituire con un’installazione un bellissimo divano antico presente da anni nel nostro salotto, ho subito capito che avevamo un problema…!!» (grande risata di gruppo)

Momenti di vita, Ford Beckman: (da sx a dx) “Basel painting #1”,1992, “Untitled white painting”, 1990

 

A.T.: Che cosa vi piace collezionare e che cosa cercate in un’opera d’arte?

 

Laura e Angelo: «Amiamo collezionare opere che evocano concetti importanti, quali la vita, con le sue gioie ed i suoi momenti difficili, oppure il mondo di oggi, come si presenta ai nostri occhi e come sta evolvendo.

Ci piace osservare opere che sollevano problematiche sulle quali spesso si riflette poco, per mancanza di tempo, oppure perché molte cose si danno per acquisite senza in realtà capire a fondo il perché.

Ammiriamo opere che evocano il senso di infinito, oppure che rimandano a concetti quale la bellezza assoluta. In sintesi, amiamo essere sorpresi, spiazzati, da un’opera d’arte. Una buona opera d’arte ci fa riflettere e tende ad insegnarci qualcosa».

Momenti di vita, Luigi Ghirri: dalla serie Architetture di Aldo Rossi “Modena 1985”, 1985

 

A.T.: Qual è la vostra idea di bellezza?

 

L. e A.: «A  nostro avviso ci sono tanti criteri, tra loro abbastanza diversi, per definire la bellezza. Noi, nel corso degli anni, ad un concetto di bellezza tipicamente occidentale, in buona parte derivante dalla cultura dell’antica Grecia, abbiamo imparato ad accostare un’altra forma di bellezza, meno eclatante, da scoprire. Ci riferiamo alla bellezza per le cose umili, imperfette, incomplete, che invecchiano; in sintesi… la bellezza del fragile.

È stato persino emozionante imparare a conoscere questo tipo di bellezza, saperla individuare nel lavoro di artisti poi entrati in collezione, e scoprirla nelle cose che magari ci circondano e che non si erano mai osservate nè tanto meno ammirate.

Abbiamo imparato molto in tal senso da interessanti letture, ad esempio sulla cultura Wabi Sabi, di origine giapponese, che ci fornisce punti di vista originali relativi al modo di pensare, di vivere e di osservare ciò che ci circonda.

Ammiriamo gli scritti di Rainer Maria Rilke. Abbiamo letto con emozione “Lettere ad un giovane poeta”. Ci viene immediatamente in mente la frase “se la vostra vita quotidiana vi sembra povera non l’accusate, accusate voi stessi, che non siete assai poeta da evocarne la ricchezza”.

Se impariamo ad essere un po’ poeti, iniziamo a scoprire un’inaspettata bellezza, che magari era intorno a noi senza che noi stessi ce ne accorgessimo».

La bellezza della fragilità, Lawrence Carroll: (da sx a dx) “For those who remember”, 1989-90, “Blue”, 1989

 

A.T.: La fase di ricerca che precede l’acquisto vero e proprio diventa spesso parte integrante dello stesso. Fra le tante possibilità del nuovo millennio, dove e come acquistate un’opera?

 

Angelo: «Noi amiamo visitare tanto: mostre in musei, studi di artista, esibizioni in gallerie, spazi no-profit e case d’asta. Ancora meglio per noi se queste visite vengono svolte non solo nell’ambito dell’area in cui viviamo, ma anche in un contesto internazionale.

Questo è realizzabile grazie al fatto che il nostro lavoro ci porta a viaggiare molto e quando possibile proviamo a ritagliarci del tempo per una visita in ambito artistico.

Confrontarsi con altre realtà tendenzialmente è molto istruttivo. Infine, innegabile che internet e le buone letture aiutano molto a scoprire, oppure ad approfondire le conoscenze. Non credo esista una regola fissa sul dove e come acquistare.

La bellezza della fragilità, Esther Kläs: “0/4, 2012”, 2012

Se possibile, sempre meglio visionare dal vivo l’opera che interessa. La sensazione che si prova non appena l’opera è visionata non è comparabile ad altro.

Inoltre, io adoro prendere del tempo prima di decidere se acquistare un’opera che mi attrae. Trovo che i giorni seguenti al momento in cui l’opera è stata visionata sono molto importanti per capire cosa quel determinato lavoro ci insegna, se è importante per noi, e come potrà integrarsi nell’ambito della nostra collezione.

Laura ha l’indiscutibile capacità di capire subito la rilevanza per la collezione di un’opera. Nostra figlia, Federica, che adesso ha 21 anni, assomiglia in questo a Laura. In sintesi, io sono il meditativo del gruppo. Le donne di casa sono certamente le più decise, e devo dire che raramente sbagliano….»

La bellezza della fragilità, Giulia Cenci: dalla serie Almost invisible “Almost invisible #8”, 2014

 

A.T.: Il viaggio diventa quindi un aspetto fondante, totalizzante, coinvolgente. Come mantenete un certo equilibrio tra arte, professione e vita di famiglia?

 

Laura: «Il fatto che io ed Angelo svolgiamo la stessa attività professionale ci ha portato a viaggiare ed a visionare assieme opere che prima non conoscevamo. Ovviamente non sempre questo è stato possibile perché talvolta non viaggiamo assieme, oppure perché a volte non c’è stato il tempo necessario da dedicare alla nostra attrazione per l’arte. Tuttavia, è indiscutibile che nel nostro caso è stato possibile riuscire a fare in modo che lo svolgimento della nostra attività lavorativa e la nostra comune passione per l’arte e la collezione andassero d’accordo.

Abbiamo dovuto porre tanta attenzione al fatto che anche nostra figlia, Federica, facesse parte di questa nostra storia. Riteniamo che questo sia stato un aspetto delicato per evitare che la collezione venisse da lei vissuta come un’intrusa. Abbiamo coinvolto Federica sin da quando era una bambina, ovviamente provando a creare un contesto divertente nell’ambito di una visita ad una mostra. Quando Federica è diventata più grande abbiamo iniziato a coinvolgerla attivamente nella scelta delle opere da collezionare. Così facendo la collezione è diventata una di famiglia. Ne parliamo spesso assieme, e talvolta vengono fuori idee o commenti non solo utili, ma anche divertenti».

Il senso di infinito, Luisa Lambri: “Untitled, Strathmore apartments, #20”, 2002

 

A.T.: A un certo punto avete dato una nuova sede e un nome alla collezione: The Place, un luogo sia fisico che mentale.  Come è successo e perché avete scelto di collocare parte della vostra collezione fuori dalle mura domestiche?

 

L. e A.: Crediamo che nella storia di un collezionista prima o poi possa arrivare la necessità di non esporre opere in collezione perché non c’è spazio sufficiente per esporle. È molto difficile accettare il concetto di acquisire un’opera e di non poterla esporre per mancanza di spazio nell’ambito della propria casa, oppure perché quella determinata opera mal si concilia con lo stile della propria abitazione.

Siamo convinti del fatto che se un’opera entra in collezione, è bene poterla apprezzare. Inoltre, è importante che la nuova acquisizione possa integrarsi con i suoi proprietari e con il resto della collezione. Questa criticità è arrivata anche per noi… Abbiamo affrontato il tutto con grande entusiasmo anche se consapevoli del fatto che l’acquisto di uno spazio da consacrare all’esposizione di almeno parte della collezione avrebbe certamente rallentato l’acquisizione di nuove opere, ovviamente per motivi di budget!

Nella ricerca del nostro spazio espositivo abbiamo iniziato a stilare delle priorità: ubicazione idealmente distante circa un’ora dalla nostra abitazione, perché la scelta di visitare la collezione doveva essere sentita e non motivata dalla vicinanza tra spazio espositivo e casa; posto sufficientemente lontano dai grandi centri abitati, alla ricerca di pace, circondati dalla campagna toscana; ambiente con spazio e luce naturale adeguati, capaci di interagire in modo ottimale con la collezione; ed ovviamente budget limitato…!!

Il futuro del mondo, Tomas Saraceno: “Flying Garden/Air-Port-City”, 2008

Dopo una ricerca in verità non particolarmente lunga abbiamo trovato il nostro posto nelle colline a sud di Firenze. Una falegnameria dismessa da un anziano signore che non voleva più proseguire dopo tanti anni di appassionato lavoro. Il posto si presentava neutro e così abbiamo voluto lasciarlo, per fare in modo che ospitasse la collezione con discrezione, senza volere diventare il protagonista, ma allo stesso tempo in grado di evocare pace e sensazioni di calorosa accoglienza.

La scelta del nome, “The Place”, è venuta dopo. “The Place” vuole essere un posto virtuale, dove gli esseri umani  possano vivere in armonia, motivati da buoni sentimenti, dove presente e progettualità verso il futuro possano coesistere. Tutto ciò potrebbe anche essere irrealizzabile, però riteniamo che sia molto positivo il fatto che l’arte contribuisca a far parlare di questo, e che magari un domani sia possibile fare un sostanziale passo in avanti verso quanto oggi appare di difficile realizzazione».

 

A. T.: Le nuove tecnologie e il tempo: come hanno influito questi due fattori sul vostro modo di collezionare, ma anche di relazionarvi all’arte?

 

Laura: «Ovviamente internet, ed in senso più ampio, le nuove tecnologie, hanno sostanzialmente modificato il modo in cui oggi un collezionista viene a conoscenza di nuove opere oppure di artisti non ancora incontrati. Ricordo bene che ad esempio negli anni 70-80, quando mio papà collezionava, molto era incentrato sulla visita di una mostra o di un’esposizione in galleria. All’epoca era già un privilegio quando si riceveva tramite posta il catalogo di un’esibizione che magari avremmo visitato dopo qualche giorno.

Oggi è completamente diverso, per certi versi più frenetico. Il tempo a disposizione del collezionista per decidere se acquisire un’opera può essere più ristretto rispetto a prima in quanto una determinata opera è contemporaneamente visibile, grazie alle nuove tecnologie, da numerosi collezionisti potenzialmente interessati. Quindi, se oggi siamo in un contesto in cui i tempi di riflessione si riducono, è anche vero che il numero di opere alle quali siamo esposti grazie alle nuove tecnologie è certamente aumentato in modo sensibile.

Il futuro del mondo, Ludovica Carbotta: “The original is unfaithful to the translation”, 2015

Detto questo, crediamo comunque che l’essere frenetici a caccia dell’opera d’arte desiderata non sia da consigliare. Meglio sentirsi dire che un’opera d’arte é stata già acquisita da un altro collezionista, piuttosto che agire frettolosamente. Riteniamo che collezionare debba essere un piacere e non fonte di ansia e stress. Preferiamo un pizzico di fatalismo: se acquisiremo un’opera saremo felici, altrimenti nessun problema, magari un domani ne troveremo un’altra più idonea alla nostra collezione!

In sintesi, direi che oggi il collezionista è verosimilmente ben informato di quello che accade non solo nel proprio ambito ma anche in un contesto più ampio, possibilmente internazionale. Allo stesso tempo ha tendenzialmente meno tempo per decidere se acquisire un’opera rispetto a quanto ne avesse prima; tuttavia non viviamo negativamente il fatto che talvolta si possa arrivare tardi nell’acquisto di un’opera».

 

A.T.: C’è, infine, un capitolo molto particolare, negli appunti di Angelo, riguardante il futuro della collezione e le responsabilità del collezionista.  Si tratta delle stesse responsabilità dell’arte verso il futuro?

 

Angelo: «Intanto, dal nostro punto di vista, è molto importante che il futuro della collezione dipenda da coloro che la riceveranno. Crediamo che sia bene, per chi avrà il compito di gestire la collezione quando i collezionisti non ci saranno più, poter esercitare il proprio ruolo con grande serenità.

Se c’è un reale desiderio di continuare a sviluppare la collezione, eventualmente dandole un indirizzo più personalizzato in funzione del proprio modo di collezionare, ben venga. Viceversa, se la passione per l’arte e per la collezione non è presente, oppure non è tale da dedicarvi tempo, meglio pensare di trasferire la collezione ad altri motivati collezionisti che la possano far rivivere, riportarla in vita!

: I colori del mondo, Marcia Hafif: “Late Roman paintings: cobalt blue tint”, 1997

Purtroppo, una collezione non può in alcun modo sostituire una persona che non c’è più; quindi piuttosto che tenerla chiusa in uno spazio, senza più visitarla, è decisamente meglio fare in modo che passi ad altri. A quest’ultimi il compito non solo di mantenere viva la collezione, ma, ancor più importante, di condividerla.

Quindi, per rispondere alla parte finale della domanda, è molto importante che l’arte, la buona arte, possa essere condivisa, perché potrà contribuire in modo significativo a migliorare noi stessi, la nostra interazione con gli altri e con il pianeta in cui viviamo.

Dal nostro punto di vista, collezionare arte è certamente piacevole ed anche divertente, ma crediamo sia importante per il collezionista essere consapevole del ruolo che può potenzialmente assumere attraverso la diffusione della propria collezione e degli insegnamenti ricavati dalla collezione stessa».

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