Le ricerche espressive costruite sulla luce sono, per loro natura, strettamente connesse al progresso della tecnica e delle tecnologie relative alla produzione di fonti luminose. A nuovi strumenti tecnologici, in grado di dominare le fonti di illuminazione o di cristallizzare la luce su pellicola – realizzando immagini fotografiche -, sono sempre seguite nuove evoluzioni delle forme espressive. E’ nello spirito dell’uomo ricercare la conoscenza delle novità ed è nello spirito dell’artista approcciarvi ‘giocosamente’ ed interagirvi in modo estasiato, libero da condizionamenti formali nella direzione di creare un linguaggio (nel senso più generico del termine).
L’artista ha un ruolo fondamentale nel completare l’aspetto sociale connesso all’introduzione di manufatti prima inesistenti. Tra le tante letture possibili del ruolo dell’Arte e dell’artista, nel secolo passato assunse sempre più importanza un’interpretazione costruttiva, connessa all’uso di materiali e ad un’estetica industriale tendente al porsi come fulcro, a coadiuvare nuove intellettualità.
Luce e colore: la riscoperta di una ricerca
Con oggi iniziamo una serie di articoli (a cadenza settimanale) che pongono l’attenzione su un filone di ricerca artistica che ha caratterizzato buona parte del Novecento, ma che è ancora oggi poco analizzato e che, probabilmente, non ha ricevuto un apprezzamento adeguato dal Sistema dell’Arte Contemporaneo: quello realtivo alle interazioni tra fenomenologia della luce e colore nell’arte contemporanea. Le ragioni di tale inadeguata considerazione sono probabilmente dovute ad una genesi estranea alla tradizione e connessa ad un mondo tecnologico visto troppo spesso come alternativo – in opposizione – e non invece complementare all’Arte, quale in realtà è.
Da qui l’idea di proporvi un percorso cognitivo ed esplorativo che passa da alcuni dei maggiori autori del Novecento e che arriva sino a presentare la ricerca degli anni Settanta e successivi, con la convinzione che la riscoperta ed un’autentica rivalutazione sia non solo possibile, ma anche ricca di sorprese per un prossimo futuro, dove nuove e fresche realtà, introdotte nello stesso filone, già si intravedono nel panorama attuale.
Lo stimolo al Light Painting
Nel 1914 Frank Gilbreth introdusse una tecnica di ripresa fotografica basata su luci e su un otturatore in grado di dominare la fonte luminosa. Anni dopo, questa tecnica permise il concepimento del Light Painting, una forma espressiva basata sulla rappresentazione dell’immagine sotto forma di tracce luminose fermate nel tempo e cristallizzate nella fotografia.
Gli anni ’40 segnarono l’inizio dell’utilizzo di queste tecnologie a scopo espressivo. Il primo artista pioniere del Light Painting fu Man Ray che realizzò la serie Space Writing.
Negli stessi anni Gjon Mili, innovatore dell’illuminazione, sperimentò l’uso del flash elettronico: attaccando delle luci agli stivali di pattinatori sul ghiaccio creò alcune immagini fotografiche molto note nella storia del light painting. Il suo incontro con Picasso nel 1949 generò una collaborazione, entrata nella storia: insieme realizzarono i “light painting”, disegni di luce immortalati dalla macchina fotografica.
Picasso, affascinato dal mezzo tecnico, disegnò 30 opere fra cui centauri, tori, profili greci; disegnò anche la sua firma. La tecnica che usata da Mili prevedeva due telecamere in una stanza buia, una per la vista laterale e l’altra per la vista frontale. Dopo una prima sessione di prova di 15 minuti Picasso posò per ulteriori 5 sessioni.
L’esplosione del Light Painting
Nate come espressione della fantasia di Picasso, i disegni di luce furono possibili dalla collaborazione tra Mili e l’artista, concepiti da Mili e magistralmente resi reali dalla feconda mente di Picasso, essi vissero da subito solo nelle fotografie, svanendo non appena la mano del pittore passava oltre; sono oggi un ricordo significativo della vita e della curiosità dell’artista. Molte di queste foto furono esposte nei primi mesi del 1950 al Museo di Arte Moderna di New York. Successivamente a questa esposizione vi fu un’esplosione di “disegni di luce” con molti artisti che adottarono tecnica simili (Andreas Feininger, Jaques Pugin, Jozef Sedlak, Eric Staller e altri).
Durante gli anni Settanta e Ottanta, Eric Staller ha utilizzato questa tecnica per numerosi progetti fotografici che sono stati chiamati Light Drawings. Termine con cui i Light Painting sono stati classificati fino al 1976. E’ nel 1977, infatti, con l’immagine Polyethylene Bags On Chaise Longue, che Dean Chamberlain dà vita ai Light Painting, utilizzando luci portatili per illuminare in modo selettivo parti di colore del soggetto o della scena. Chamberlain, di fatto, fu il primo artista a dedicare al Light Painting tutta la sua ricerca artistica. Contemporaneamente (1979) anche il fotografo Jacques Pugin realizza diverse serie di immagini con la tecnica Light Drawing.
Verso la Light Art
Negli stessi anni in cui, in fotografia, si sperimenta la tecnica del Light Painting, l’utilizzo della luce artificiale in arte conosce un fondamentale sviluppo grazie a Lucio Fontana. Rientrato in Italia nel 1947, infatti, l’artista italiano è il primo ad impiegare il neon e la luce nera (lampada di Wood) per alcune delle sue Ambientazioni. Una sperimentazione, quella del fondatore dello Spazialismo, che – come vedremo nella prossima puntata (10 luglio) – apre la strada alle ricerca di artisti come Dan Flavin, James Turrel, Robert Irwin, Bruce Nauman o Mario Merz che dell’uso delle fonti luminose come strumento di coinvolgimento dell’osservatore, faranno un elemento chiave del proprio lavoro.